Ucraina: il fronte interno di Biden
Watch the mid-term, attenzione ai risultati delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti l’8 novembre prossimo. Le previsioni indicano che i Repubblicani potranno conquistare il controllo della Camera: le implicazioni saranno rilevanti non solo per la Casa Bianca, con Joe Biden più debole, ma anche per l’approccio americano alla guerra in Ucraina.
Fino ad oggi, maggioranza ed opposizione hanno votato insieme (con la riserva di cinquanta deputati repubblicani sul pacchetto da 40 miliardi della primavera scorsa) gli aiuti finanziari e le forniture militari di Washington a Kyiv. Le cifre sono consistenti: secondo lo “Ukraine support tracker” curato dall’Institute for The World Economy di Kiel, fra agosto ed ottobre gli Stati Uniti hanno impegnato altri 12 miliardi di euro, arrivando a un totale di 52 miliardi dall’inizio della guerra. Sommati insieme, gli stanziamenti di tutti i paesi europei e delle istituzioni di Bruxelles producono una cifra assai inferiore, 29 miliardi di euro circa. Come si vedrà, è un gap che potrà pesare sui rapporti fra Stati Uniti ed Europa.
La settimana scorsa, il leader della minoranza repubblicana, il deputato californiano Kevin McCarthy – che potrà diventare il nuovo speaker della Camera – ha sostenuto che il sostegno finanziario degli Stati Uniti all’Ucraina dovrà essere ridimensionato o condizionato: nessun “assegno in bianco” ulteriore. In realtà, il partito repubblicano è diviso su questo punto. Per l’ala a favore di un impegno continuativo, guidata al Senato da MitchMcConnell, l’America dovrà sostenere la resistenza dell’Ucraina fino al ritiro di Mosca. L’interesse degli Stati Uniti, secondo una linea condivisa dalla Casa Bianca, non è solo di indebolire Vladimir Putin e la Russia ma anche di segnalare alla Cina, il vero competitore strategico, che Washington non starebbe a guardare in caso di crisi su Taiwan.
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Per l’ala che si potrebbe definire “isolazionista”, vicina a Donald Trump, i soldi dei contribuenti vanno invece spesi anzitutto a favore degli americani stessi. America first, viene prima l’America. Le linee di divisione nel campo repubblicano sono forse più complicate di così. Anche per una parte dei deputati repubblicani schierati con Trump – che ha criticato i due ultimi pacchetti di aiuti all’Ucraina per il loro costo eccessivo – l’interesse nazionale degli Stati Uniti resta quello di evitare una vittoria di Mosca. Per ora questa tesi generale prevale; ma l’atteggiamento verso l’Ucraina sta diventando parte della battaglia per definire gli equilibri interni al Partito repubblicano in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Mentre emergono dubbi su un aiuto incondizionato a Kyiv anche fra una minoranza di deputati democratici, che in una lettera pubblicata dal Washington Post – poi ritrattata – invitano la Casa Bianca ad aprire negoziati diretti con Mosca.
L’incertezza sulle scelte del nuovo Congresso, che si insedierà nel gennaio del 2023, spinge intanto Joe Biden a forzare i tempi: la Casa Bianca prevede altri aiuti all’Ucraina entro la fine di quest’anno, prima che l’appoggio a Zelesnky diventi ostaggio della politica domestica. Considerate le dinamiche nel Grand Old Party, lo scenario più probabile – in caso di conquista della House, la Camera – è che i legislatori repubblicani propongano di ridurre gli aiuti a Kyiv, pur continuando a sostenerla. Anche perché l’opinione pubblica americana non dà segni di cedimento: gli ultimi sondaggi del Pew Research Center indicano a sorpresa un’adesione in crescita alla resistenza dell’Ucraina, a differenza di quanto sta accadendo in buona parte dell’opinione europea.
Se una House a guida repubblicana deciderà di tirare i cordoni della borsa, è probabile che verrà utilizzato un argomento che ci riguarda direttamente: sono gli europei, si dirà, a dovere sostenere una parte crescente dei costi di una guerra che si combatte nel Vecchio Continente. L’Ucraina diventerà così l’innesco di una ennesima variazione sul tema del “burden sharing”: la divisione dei costi della sicurezza europea, troppo sbilanciati – per Trump ma non solo – a sfavore degli Stati Uniti.
Per l’Europa in realtà le conseguenze economiche della guerra in Ucraina – fra costi delle sanzioni, prezzi dell’energia, accoglienza dei rifugiati – sono più gravose che per gli Stati Uniti. E’ probabile che i governi europei risponderanno con un argomento del genere alle sollecitazioni del nuovo Congresso americano. Resta che gli equilibri politici del dopo mid-term potranno mettere alla prova il consenso transatlantico sull’Ucraina. E se la guerra continuerà a lungo, la prova diventerà più difficile. Sul lato europeo, recessione economica e crisi energetica si rafforzeranno a vicenda: l’inverno difficile non sarà tanto il prossimo ma quello del 2023/2024. Sul lato americano, l’avvio della campagna elettorale per le presidenziali del 2024 e l’andamento a rischio dell’economia accentueranno ulteriormente la polarizzazione interna. A Washington circola già questa previsione: Donald Trump, sia o meno candidato alla Casa Bianca, comincerà a sottolineare, più di quanto non faccia già oggi, che la guerra in Ucraina è un prodotto della debolezza di Biden, prima che della forza brutale di Putin. E si proporrà come il leader di una pace possibile, contro “la guerra dei democratici”.
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In sintesi: mentre fino ad oggi le priorità di Kiyv e Washington coincidono, il consenso bipartisan sul sostegno incondizionato all’Ucraina tenderà a incrinarsi nei prossimi mesi, con l’avvio di fatto della campagna per le elezioni presidenziali 2024 e con polemiche crescenti sui costi della guerra. La politica verso l’Ucraina diventerà ostaggio dello scontro domestico, mettendo in discussione anche la divisione degli oneri con l’Europa.
Tutto questo contribuisce a spiegare perché lo Zar del Cremlino pensi che il tempo giochi ancora a suo favore, nonostante le difficoltà militari sul terreno e l’impatto progressivo delle sanzioni. La coesione occidentale è stata rafforzata dai primi mesi di conflitto; ma non può essere data per scontata in uno scenario di guerra lunga. E’ bene che i governi europei, incluso il nuovo governo italiano, abbiano chiaro questo punto critico e si preparino a gestirlo: sul futuro dell’Ucraina si gioca anche il futuro del rapporto fra Europa e Stati Uniti.
*Una versione di questo articolo è stata pubblicata su Repubblica il 24 ottobre 2022.