Neanche due anni dopo le dimissioni di Horst Köhler la Germania è tornata a dover eleggere un nuovo Presidente della Repubblica: una carica istituzionale dalle funzioni circoscritte, ma dall’alto valore simbolico per garantire l’unità dello Stato. Oggi come allora, a cadere è un uomo della signora Merkel. Ma mentre nel 2010 l’uscita di scena del Bundespräsident fu repentina e risulta ancora oggi avvolta dal mistero, il passo indietro di Christian Wulff, cristianodemocratico ex Ministropresidente della Bassa Sassonia, giunge tutto fuorché inaspettato. Dalla metà di dicembre lo si accusa di aver avuto rapporti non trasparenti con diversi imprenditori, sia per trarne vantaggi personali sia per finanziare la propria campagna elettorale. Non solo: al fine di evitare che queste rivelazioni fossero divulgate dalla stampa, Wulff avrebbe cercato di fare pressioni sul direttore della Bild Zeitung e sul suo editore. Senza contare che, dopo lo scoppio dello scandalo, anche il suo segretario personale, Olaf Glaeseker, è stato coinvolto in un’inchiesta per aver elargito favori a diversi imprenditori. Due mesi di schermaglie politiche e di attacchi della stampa hanno costretto il pur combattivo Wulff alle dimissioni.
Appoggiato dalla maggioranza cristiano-liberale, Wulff era stato eletto nel giugno del 2010 soltanto dopo la terza chiama e senza ricevere alcun sostegno da parte dell’opposizione. Un anno e mezzo più tardi socialdemocratici e verdi sono così tornati a proporre il loro candidato di allora, Joachim Gauck, pastore protestante ed ex-attivista per i diritti e le libertà civili nella DDR; un candidato di chiare tendenze liberalconservatrici, scelto apposta per poter riscuotere consensi anche nelle file avversarie e contrastare la candidatura di Wulff.
“Il presidente dei cuori”, come è stato ribattezzato Gauck per via della popolarità dei suoi appassionati discorsi, torna quindi sulla scena. E per la Cancelliera si tratta di uno schiaffo senza precedenti. Dopo le dimissioni di Wulff, la signora Merkel aveva infatti subito tentato di trovare un accordo con l’opposizione per nominare una personalità di spicco che potesse essere gradita a tutti. Scartate le due ipotesi più accreditate, ossia quella dell’attuale presidente del Bundestag Norbert Lammert (CDU) e del teologo Wolfgang Huber, la Cancelliera è stata messa con le spalle al muro dagli alleati liberali, finora mai riusciti ad imporsi davvero su nessuno dei temi a loro più cari. Il nome di Gauck ha trovato alla fine consenso anche negli ambienti parlamentari della maggioranza, benché tra i cristianodemocratici si sia registrato molto malumore per quello che naturalmente sarebbe stato valutato come un appiattimento sulle scelte dell’opposizione. La stessa signora Merkel è rimasta sino all’ultimo contraria al nome di Gauck, dal momento che accettarlo sarebbe stato come ammettere di aver fatto male i conti due anni fa. Stando al Vicecancelliere e Ministro dell’Economia Philipp Rösler (FDP), la Cancelliera avrebbe addirittura minacciato di far saltare il “patto di coalizione”, se i liberali avessero fatto ulteriore pressione per nominare Gauck. Anche nella conferenza stampa di presentazione del presidente designato, la signora Merkel è parsa molto irritata e, al di là dei convenevoli di rito, ha incidentalmente rimarcato di avere posizioni differenti rispetto a quelle di Gauck, pur senza specificare su quali temi.
Queste forti esitazioni si spiegano non solo e tanto alla luce del rischio che una marcia indietro sul nome di Gauck da parte della Cancelliera potesse sembrare poco credibile agli occhi degli elettori, ma più che altro con un’incompatibilità tra i due nello stile e nei comportamenti. L’afflato quasi religioso dell’ex pastore protestante stride con la forma dimessa delle parole della signora Merkel. La decisione e lo spirito combattivo di un protagonista della Friedliche Revolution del 1989 mal si sposa con lo stile di una donna che ha fatto del compromesso e dei piccoli passi il suo credo politico fin dai tempi in cui aderì al Demokratischer Aufbruch (Risveglio Democratico).
Il 18 marzo prossimo tocca dunque alla Bundesversammlung dare il via libera alla nomina dei partiti. Data la convergenza delle quattro principali formazioni politiche, Gauck non dovrebbe avere particolari problemi a diventare Bundespräsident. La sinistra radicale (Die Linke) possiede infatti sulla carta soltanto il 10% dei suffragi nell’assemblea e ad oggi non ha ancora scelto su quale personalità far convergere i propri voti. D’altro canto, anche diversi delegati appartenenti al gruppo ecologista hanno manifestato diversi dubbi sulla sua candidatura. Sotto accusa vi sarebbero alcune frasi di Gauck sul dibattito circa la fine del capitalismo (bollato come “incredilmente sciocco”) e sul libro dell’ex membro del board della Bundesbank Thilo Sarrazin sull’immigrazione in Germania (definito “coraggioso”). Anche in rete, dopo l’iniziale consenso per Gauck, incominciano a moltiplicarsi le voci fuori dal coro. Per ora, tuttavia, l’alto tasso di popolarità di cui gode Gauck presso la popolazione tedesca rimane immutato.