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Russia: le sfide del petrostato

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È il gigante dell’energia per eccellenza, così ricco di risorse naturali, petrolio, carbone e gas, da riuscire a utilizzarle anche come strumento di influenza nella sfera geopolitica. Ma la Russia sembra aver capito che gli equilibri globali stanno cambiando e si sta buttando sulle rinnovabili. In ritardo rispetto ad altri paesi che hanno già fatto delle energie alternative ai combustibili fossili un asset importante del proprio sviluppo. Mosca, però, negli ultimi cinque anni ha impresso un’accelerazione significativa all’utilizzo delle rinnovabili, soprattutto del solare e dell’eolico, dando anche vita a un’industria locale dalle prospettive promettenti.

La grande scommessa di addetti ai lavori e investitori è capire se la Russia vorrà continuare nello sviluppo delle energie alternative, dove, nonostante gli sforzi profusi, ha sfruttato solo una minima parte del suo potenziale, sterminato anche in questo campo. Rimane poi, secondo alcuni, la grande incognita, che potrebbe mettere Mosca in difficoltà: ossia se la corsa alle rinnovabili a livello globale rischi di farle perdere o meno il suo ruolo di leader sulla scena globale energetica. Senza contare, dall’altra parte, la volontà di Mosca di continuare ad avvalersi, in modo consistente, di energia nucleare, nonostante la tragedia di Chernobyl e l’esplosione della scorsa estate vicino a Severodvinsk, sul Mar Bianco, su cui non è ancora stata fatta chiarezza e che ha fatto sorgere nuovi, pesanti timori sulle politiche del Cremlino in materia e sui livelli di contaminazione di alcune zone del territorio nazionale.

 

MOSCA, LAVORI IN CORSO SUL FRONTE DELLE RINNOVABILI. Fin dall’epoca sovietica, la Russia ha investito molto nello sviluppo dell’idroelettrico e delle biomasse. La motivazione è facilmente intuibile. Il paese ha la più grande riserva di acqua del mondo: oltre ottomila fiumi, molti dei quali con una lunghezza superiore ai 100 chilometri. Le sue foreste rappresentano oltre un quinto della superficie globale, con quasi 1200 milioni di ettari di alberi sul territorio. Un dato importante, al quale, purtroppo, vanno aggiunti i tre milioni di ettari, oltre quattro, secondo Greenpeace Russia, bruciati durante gli incendi che hanno devastato la Siberia la scorsa estate. Anche al netto di questo dato, con un’abbondanza simile, è comprensibile che le attenzioni governative si siano focalizzate per lungo tempo solo su questi due settori.

Soprattutto negli ultimi cinque anni, Mosca sembra essersi progressivamente resa conto dell’importanza di differenziare le forme di approvvigionamento energetico il più possibile e ha iniziato a puntare sul solare e sull’eolico. L’anno chiave è il 2013 quando, con il decreto 449 sulle Energie rinnovabili, si è inaugurato un nuovo corso. La legge è stata pensata apposta per incoraggiare gli investimenti e lo sviluppo dell’eolico e del fotovoltaico e, in misura minore, dell’idroelettrico, inteso però come piccoli impianti.

Stando alla normativa, chi vuole entrare nel mercato delle rinnovabili russe deve garantire la produzione costante di almeno 5mw. Chi vince la gara di appalto ha tariffe fisse garantite per 15 anni, viene pagato sia per la capacità che aggiunge al sistema energetico, sia per l’energia che fornisce. Un calcolo dai coefficienti molto complessi, ma che fino a questo momento ha avuto un grande successo, con investitori stranieri entrati sul mercato e un vantaggio in più per Mosca. La legge, infatti, prevede che la maggior parte delle componenti necessarie per costruire gli impianti sia di fabbricazione russa. Nel 2020 queste raggiungeranno il 65% per gli impianti eolici e quelli idroelettrici di piccole dimensioni e il 70% per i fotovoltaici. Nel 2025 questa percentuale arriverà fino all’80%. Nonostante il metodo non sia stato esente da critiche, il risultato di questa politica è stata la nascita di numerose collaborazioni fra investitori stranieri e aziende nazionali, che ha consentito il miglioramento dell’expertise locale.

“Penso che il mercato delle rinnovabili russe abbia iniziato a svilupparsi in maniera sostenibile e positiva”, spiega ad Aspenia Alexey Zhikharev, coordinatore dei progetti energetici di vygon Consulting e in precedenza program manager all’interno del Russia Renewable Energy Program. “Il piano di sostegno adottato dal governo prevede l’installazione di 5,9gw fra energia solare, eolica e idroelettrica di piccole dimensioni entro il 2024. In particolare, 1,8gw saranno assegnati a progetti sul solare, mettendolo al secondo posto rispetto all’eolico”. In questo momento, gli impianti eolici in funzione nel paese sono una dozzina, concentrati soprattutto nella Russia europea dove si concentra anche la maggiore domanda di energia, data dalla presenza delle città più popolose e sviluppate.

 

GRANDI POTENZIALITA’. Quello che molti, fino a questo momento, non hanno tenuto in sufficiente considerazione è che la Russia è una vera e propria terra dell’abbondanza energetica. Oltre ai combustibili fossili e ai già citati idroelettrico e biomasse, le potenzialità negli altri settori sono enormi e ancora ampiamente inesplorate. Secondo l’IRENA, l’Agenzia internazionale per le agenzie rinnovabili, investire su fonti alternative e sostenibili rischia di diventare una necessità per la Russia. A causa dei cambiamenti climatici, infatti, il paese ha visto la sua temperatura media aumentare di 1,6°c in quattro anni, con tutte le conseguenze sui diversi ecosistemi presenti sul suo sconfinato territorio. Lo stesso presidente Vladimir Putin ha dichiarato il 2017 Anno dell’Ecologia, avviando anche una campagna di sensibilizzazione generale sui temi ambientali e della preservazione della biodiversità. Mosca si è impegnata a ratificare l’Accordo sul Clima di Parigi entro la fine dell’anno. Il premier russo Alexei Gordeev ha chiesto al ministro dell’Ambiente e a quello degli Affari esteri di presentare in parlamento una proposta in modo tale che possa essere discussa già a settembre.

Le fonti non mancano di sicuro. Per quanto riguarda il solare, il potenziale è molto alto e le aree idonee all’impianto dei pannelli sono parecchie. IRENA ha calcolato che, nel corso dell’anno, l’irradiazione solare in alcune zone può arrivare a 3,54,5 kwh/m². Questo corrisponde a circa 1200-1500 kwh all’anno, il 50% in più del potenziale della Germania, uno dei paesi che sulle rinnovabili sta investendo in modo più consistente. Nonostante la Russia sia nota per il suo clima gelido, alcune regioni del sud – come Astrakhan, Krasnodar, Stavropol e gli Urali meridionali – sono particolarmente idonei all’installazione di pannelli fotovoltaici. La situazione è ancora più rosea nell’eolico, dove, secondo gli esperti, la Russia ha virtualmente la capacità più ampia del mondo. A differenza del solare, l’eolico è sfruttabile in diverse parti dell’immenso territorio nazionale.

Ci sono poi altri due settori promettenti ma che, per il momento rimangono fuori dai piani governativi e di conseguenza dagli investimenti per sfruttarli al meglio. Il primo è quello geotermico, di cui molte regioni sono particolarmente ricche. Le riserve hanno una temperatura compresa fra i 50 e i 200°c, la profondità dei giacimenti varia da 200 a 3 chilometri. Esperti russi hanno calcolato che solo questa risorsa potrebbe arrivare a un potenziale di 2gw di energia e 3gw di capacità di riscaldamento. Il nord del paese, inoltre, ha risorse significative per quanto riguarda l’energia sviluppata dalle maree. Il Mar Bianco e il Mare di Okhotsk hanno intervalli di marea fra i più elevati del mondo, oltre 10 metri. Una fonte energetica che, se sfruttata nel modo appropriato potrebbe garantire fino a 90gw.

 

TRA IL DIRE E IL FARE. Fin qui lo stato dell’arte e quello che potrebbe diventare nella migliore delle ipotesi. Ma sono tanti e di diversa natura gli ostacoli al pieno sviluppo delle energie rinnovabili in Russia. Per prima cosa, ci sono limiti tecnici. Molti sistemi di approvvigionamento descritti si trovano lontani dalle reti di distribuzione e dai centri maggiormente abitati. Ne deriva quindi che il loro utilizzo può essere più oneroso di quello immediato dato dai combustibili fossili. irena, nei suoi report, sottolinea come l’impiego di rinnovabili nei settori di utilizzo finale, come edifici, industrie e trasporti, sia praticamente monopolizzato dalle biomasse. Rimane poi il fatto che, nonostante i provvedimenti presi fino a questo momento, l’impiego di alcune fonti è ancora troppo scarso.

Nel solare e nell’eolico si sono fatti progressi. Ma troppo pochi, viste anche le potenzialità del territorio. “Al momento – spiega Tatiana Mitrova, direttore dello Skolkovo Energy Centre e senior research fellow dell’Oxford Institute for Energies Studies – la percentuale di rinnovabili è solo il 3,2% del totale, con l’idroelettrico che ne produce la stragrande maggioranza. Stando alla bozza del Piano strategico per l’Energia, questa percentuale dovrebbe raggiungere il 4,9% nel 2035. Il problema è che l’attuale meccanismo di sussidio governativo scadrà nel 2024. Per creare nuovi incentivi il governo deve formulare un piano di lungo termine, che è abbastanza difficile da fare senza un programma che miri alla rinuncia agli idrocarburi. La Russia al momento non sembra vedere i vantaggi della transizione da un approvvigionamento energetico fondato sulle fonti tradizionali a uno basato su fonti rinnovabili”.

Insomma, per quanto si sia cercato di migliorare, si è fatto comunque troppo poco; inoltre, se il processo non dovesse essere sostenuto dalle decisioni dell’autorità politica, anche quel poco si rivelerebbe assolutamente inutile. L’incertezza sui piani del governo è una delle incognite maggiori anche per Alexei Zhikharev: “La prima parte degli incentivi disponibili è stata distribuita molto bene e i risultati si sono visti. Adesso però le compagnie russe e straniere non sanno se ci sarà una continuazione dopo il 2024 e questo genera un senso di frustrazione. Abbiamo molti potenziali investitori interessati, ma che difficilmente decideranno di muoversi senza un piano di lungo termine”. IRENA ha calcolato che con investimenti corposi – si parla di 15 miliardi di dollari in vent’anni – nel 2030 si potrebbe arrivare ad avere non il 4,9%, ma l’11,3% di energia prodotta dalle rinnovabili.

Ma qui siamo nel migliore dei mondi possibili. È vero che il Cremlino, a parole, è determinato nel proseguire la sua politica di incentivi. Ma nel fare questo, deve anche stare attento alle dinamiche interne al potere. Alcune compagnie nazionali leader nel campo degli idrocarburi, come Gazprom o Rosneft, hanno un’influenza rilevante negli equilibri interni, tale che è ampiamente sconsigliabile agire in modo da infastidirle. Soprattutto se si considera che l’export di petrolio e gas rappresenta il 40% delle entrate complessive del paese, dato che rende di fatto l’economia russa un’economia in buona dose petrolifera.

IRENA, nella sua “Road Map per le Rinnovabili”, è stata molto chiara sulle linee guida che deve seguire il paese e che passano per l’accelerazione del passaggio da un sistema di approvvigionamento energetico legato agli idrocarburi a uno il più possibile misto, con a margine la creazione di attività economiche e figure professionali sempre più specializzate. L’Agenzia internazionale per le Energie rinnovabili ha fortemente consigliato anche uno sviluppo tecnologico costante, l’utilizzo di fonti alternative anche nelle aree più remote del paese e infine una maggiore attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. Mosca ha accettato queste raccomandazioni e, almeno a parole, sembra determinata a metterle in atto.

 

IL COSTO POLITICO DI RINUNCIARE AGLI IDROCARBURI. Rimane, a margine, la madre di tutte le domande: la corsa all’indipendenza energetica attraverso le rinnovabili può rischiare di fare perdere alla Russia il suo ruolo di leader nello scenario globale, togliendole di fatto un’arma politica, data dalle immense riserve di idrocarburi?

Su questo punto gli esperti si dividono. “Le energie rinnovabili – spiega ancora Tatiana Mitrova – hanno di fatto già cambiato la geopolitica. Una necessità di importazione minore del mercato europeo e cinese avrà come conseguenza una eccedenza dell’offerta e si sarà costretti a diminuire il prezzo degli idrocarburi e con loro anche il peso politico dei paesi leader nella produzione di energia derivante da fonti fossili”. Più ottimista Alexei Zhikharev: “C’è sicuramente un trend globale che incentiva l’utilizzo di energie rinnovabili. Ma se guardiamo per esempio all’Europa, lo sganciamento dall’energia derivante dal carbone e dal nucleare è una grande opportunità per impianti a ciclo combinato in cui utilizzare gas. Questo significa che la domanda di idrocarburi russi rimarrà elevata. Si deve poi considerare che allo stesso tempo si sta accelerando l’ingresso nei mercati asiatici e africani e che la domanda di energia è in aumento. Per i prossimi 15 anni, quindi, non vedo grossi problemi per le esportazioni di gas russo”.

Insomma, la buona volontà, da parte del governo di Mosca, c’è tutta. Lo stesso presidente Putin ha definito le rinnovabili il sentiero corretto per lo sviluppo energetico. Ma la Russia è in ritardo rispetto ad altre nazioni e, nonostante l’imprimatur degli ultimi cinque anni, difficilmente potrà arrivare ai livelli della Germania o della Spagna. Mai come in questo caso, le probabilità di successo dipendono dalla politica. La natura ha fatto abbondantemente la sua parte, mettendo a disposizione di questi sterminati territori tutte le fonti energetiche che uno Stato possa desiderare. Il vero punto, ora, è come si deciderà di utilizzarle.