Quando la guerra commerciale sbarca sui social
“Io, DONALD J. TRUMP, presidente degli USA, trovo che sia necessario intraprendere ulteriori provvedimenti per affrontare l’emergenza nazionale rispetto alle piattaforme digitali d’informazione e comunicazione […]. Al fine di proteggere la nostra nazione, mi sono impegnato a risolvere la minaccia posta dalla piattaforma Tiktok. Inoltre, azioni aggiuntive verranno intraprese per affrontare il problema posto da Wechat[1]”. Questa del 6 agosto 2020, è (in una traduzione non ufficiale ma fedele) la prima pagina del nuovo capitolo della “guerra” geoeconomica tra USA e Cina.
L’”ordine esecutivo” emesso dal presidente americano sancisce il divieto di nuovi download per entrambe le app allo scadere dei 45 giorni. A questo ha fatto seguito un nuovo annuncio: TikTok avrebbe subito un divieto totale se non avesse venduto ad una società americana entro il 14 Novembre. Nei mesi trascorsi la cronaca ci ha dettagliato gli aggiornamenti sulla vicenda, ora sfociata in una situazione di stallo. Tiktok dopo varie contrattazioni sembra aver raggiunto un accordo che, anche se non formalmente concluso, guadagna la “benedizione” del taikun Trump. Dall’altra parte, il divieto di scaricare Wechat è stato bloccato dall’ingiunzione del giudice federale Laurel Beeler. Ma perché queste app sono cadute nel mirino dell’amministrazione Trump?
Molti di noi hanno imparato a conoscere Tiktok, con i suoi video verticali in loop, l’ampio kit per editing e un’enorme libreria musicale per personalizzare al meglio le proprie performance. Ma in pochi ancora sanno che è una società controllata da ByteDance, gigante tecnologico privato cinese dal valore di oltre 75 miliardi di dollari. Per rispondere all’ultimatum della Casa Bianca, ByteDance sembra essere arrivata ad un compromesso con due colossi dell’economia americana, Walmart (grande distribuzione) e Oracle (informatica e software). Si darebbe vita ad una nuova società, Tiktok Global di cui Oracle e Walmart avrebbero il 20%. Oracle diventerebbe il fornitore di tecnologia, responsabile dell’archiviazione dei dati degli utenti così da garantire i criteri di sicurezza nazionale richiesti dagli USA. Questo però non avrà alcun impatto tangibile tra gli utenti, dato che Tiktok già conserva i dati negli USA e a Singapore. Con Walmart invece si sta cercando un accordo commerciale.
Se però il negoziato tra ByteDance e le controparti americane non avesse esito positivo ci sarebbero ulteriori restrizioni: oltre all’impossibilità di scaricare l’app, sarebbero colpite alcune società ancillari, come quelle dell’infrastruttura internet. In questo modo il provvedimento riuscirebbe ad ostacolare il trasferimento dei contenuti di TikTok, rallentandone o interrompendone il servizio. Ciò che TIktok tiene a precisare è che il trasferimento del proprio algoritmo, responsabile del successo della app, non sarà in alcun modo parte dell’accordo.
Diversa è la situazione per Wechat, l’app di messaggistica che appartiene alla società cinese di tecnologia Tencent (TCEHY), di proprietà del magnate Ma Huateng. Dal gennaio 2014 è stata scaricata ben 22 milioni di volte solo negli USA (dati di Sensor Tower). Date le restrizioni di navigazione esistenti in Cina, Tencent ha più volte sottolineato che la versione cinese di Wechat (微信 wēi xìn) è differente da quella utilizzata negli altri paesi del mondo. La minaccia del divieto sull’app negli USA preoccupa i suoi utenti, in maggioranza di origine cinese. L’unicità di questa app consiste nella varietà dei servizi offerti: fare shopping, ordinare cibo, pagare i conti/le bollette e trasferire denaro. Questo l’ha resa praticamente un must-have su cui gli utenti fanno affidamento. L’ingiunzione di bloccare il divieto è stata contestata dall’amministrazione Trump. L’ordine è quindi in attesa di appello e la Beeler affronterà l’udienza il 15 ottobre. Le sue preoccupazioni ruotano attorno al Primo Emendamento, che sancisce la libertà di espressione. Inoltre, la decisione dell’amministrazione Trump sarebbe discriminatoria verso la comunità cinese. Infatti, scrive la giudice Beeler “è risaputo che per chi non è proficient-in-english, Wechat è una delle poche piattaforme social utilizzabili”.
Perché allora vietare queste app? L’obiettivo dichiarato è garantire la sicurezza nazionale. Infatti, l’amministrazione Trump ha più volte accusato le app di essere strumenti “pericolosi” nelle mani del Partito comunista cinese. Da una parte, la Legge Nazionale sull’Informazione dà la possibilità al governo cinese di accedere ai dati personali degli utenti ed archiviarli. Dal punto di vista del governo degli Stati Uniti, questo aumenterebbe la facilità per la Cina di individuare gli impiegati federali americani che diventerebbero oggetto di ricatto, o spionaggio. Non bisogna però dimenticare che lo stesso trattamento è riservato a qualsiasi azienda americana grazie al Clarifying Lawful Overseas Use of Data (“CLOUD”) Act[2]. Due pesi e due misure che mettono in luce la parzialità della decisione di bandire Tiktok e Wechat. Senza contare che questo divieto pone gli USA nello stesso gruppo di poco democratici paesi che vietano l’utilizzo di piattaforme social: Egitto, Hong Kong, Turchia, Turkmenistan, Corea del Nord, Iran, Bielorussia, Russia e la stessa Cina.
Dall’altra parte, Wechat e Tiktok costituirebbero piattaforme privilegiate per le campagne di propaganda che presumibilmente il governo cinese conduce negli USA. E’ difficile, comunque, separare le motivazioni genuine di sicurezza nazionale dalle considerazioni rispetto alle imminenti elezioni, soprattutto dato il precedente tentativo di infiltrazione russa nel 2016.
Gli esperti di cybersecurity affermano che non ci sono prove che Tiktok e Wechat siano usate dal governo cinese in maniera deleteria per la sicurezza nazionale americana. Una reale preoccupazione è data invece dai rischi che causerebbe il divieto delle app. Infatti, oltre ai nuovi download sarebbe impossibile per gli utenti effettuare gli aggiornamenti necessari facendo aumentare disservizi e anomalie all’interno degli stessi software, rendendoli più vulnerabili e meno performanti.
Da parte sua, Pechino ha controbattuto con una linea argomentativa basata sul tema della legalità e delle regole di libero mercato. Il portavoce del ministro degli Esteri afferma “speriamo che gli USA rispetteranno onestamente i principi dell’economia di mercato e della concorrenza leale, […] garantendo un ambiente giusto e aperto in cui le società straniere possano fare business”. In un’altra occasione lo stesso ministro ha suggerito “E’ importante sviluppare un set di regole internazionali sulla sicurezza dati che rispetti gli interessi di tutti i paesi[3]”.
Ma passiamo dalle parole ai fatti. Innanzitutto, il governo cinese ha aggiornato la lista delle apparecchiature tecnologiche di cui l’esportazione è limitata, aggiungendo le tecnologie per “servizi di informazione personalizzata basati sull’analisi dei dati”. In questo modo l’algoritmo di Tik Tok è compreso nella nuova lista, e non potrà essere “spostato” negli Stati Uniti. Inoltre, l’8 settembre il governo cinese ha presentato una nuova iniziativa sulla sicurezza dati: proibire ai governi di altri paesi di accedere ai dati ottenuti dalle attività delle proprie aziende che operano sul territorio cinese. In altre parole, quello che accade in Cina rimane in Cina e non viene condiviso con le autorità americane. Da ultimo, il 19 settembre il ministro del Commercio cinese ha comunicato che sta per essere ultimata una lista di società a cui sarà proibito operare e investire in Cina. Non si conoscono ancora i nomi, ma se la Cina avesse intenzioni serie di rappresaglia, Apple e Google sarebbero le prime due società ad apparire. Questo potrebbe danneggiare fortemente l’economia statunitense: la sola Apple ha ricavato dal mercato cinese ben 13 miliardi e mezzo di dollari nel 2020[4].
Date le conseguenze importanti di un possibile braccio di ferro tra Usa e Cina, è lecito domandarsi se la scelta del divieto possa essere considerata una scelta di politica protezionistica: favorire società americane operanti nello stesso settore. Affermazione difficile da sostenere dato il rovescio della medaglia: oltre una dozzina di società americane hanno chiesto alla Casa Bianca di fermare l’ordine esecutivo perché questo avrebbe sicure ripercussioni negative sui loro affari in Cina.
Alcuni vantaggi per il mercato americano comunque esistono. Walmart, per esempio, potrebbe costruire un “recinto” attorno agli utenti di Tiktok. Infatti, questo accordo sarebbe un altro pezzo del puzzle per il rebranding della società e ne ripagherebbe gli sforzi. Walmart potrebbe così competere meglio con Amazon, grazie ai dai dei milioni di utenti di TikTok, dato che la pandemia gli ha permesso di invadere alcune quote di mercato del colosso dell’e-commerce.
Qualcuno potrebbe pensare che con l’impossibilità di utilizzare Tiktok e Wechat si aprirebbe l’opportunità per altre piattaforme social, nuove o già esistenti. Ma è difficile da credere. Infatti, l’unicità di Wechat è la ricca offerta di servizi e la possibilità della lingua cinese, che la rende più attraente per una determinata comunità, decisamente numerosa.
Una possibile alternativa a Tiktok è Reels, recentemente lanciato da Instagram. La differenza però è ancora troppa: Tiktok suscita nell’utente la voglia di continuare a vedere nuovi video. Reels, invece, richiede all’utente di effettuare una ricerca per usufruire di nuovi contenuti. Più che ad un suo emulatore, gli utenti di Tiktok ripiegheranno su altre app come Facebook e Snapchat.
Concludendo, è necessario fare un ragionamento più ampio. Da un punto di vista del diritto internazionale dell’economia, l’iniziativa dell’amministrazione Trump crea un precedente, e dei contorni sempre meno chiari attorno a ciò che costituisce una minaccia alla sicurezza nazionale. Il risultato dei negoziati sull’accordo Tiktok e l’imminente appello sul divieto di Wechat avranno importanti conseguenze anche dal punto di vista geopolitico: aumenteranno la distanza tra Cina e USA aggiungendo altra carne al fuoco nella ormai nota guerra commerciale, che sempre di più si sta concentrando su tecnologia e comunicazione.
Note:
[1] Ordine Esecutivo https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/executive-order-addressing-threat-posed-wechat/
[2] Testo della legge USA “CLOUD Act” https://www.justice.gov/dag/cloudact#:~:text=The%20United%20States%20enacted%20the%20Clarifying%20Lawful%20Overseas,crime%20to%20sexual%20exploitation%20of%20children%20and%20cybercrime.
[3] https://www.fmprc.gov.cn/web/wjbzhd/t1812948.shtml
[4] https://www.apple.com/newsroom/pdfs/FY20-Q3_Consolidated_Financial_Statements.pdf