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L’effetto destabilizzante del voto europeo sulla politica tedesca

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Il voto in Germania per il parlamento UE è stato poco europeo e molto tedesco. Il risultato ha scosso più Berlino che Bruxelles. Le crisi di governo non sono un fenomeno usuale in Germania, ma la disastrosa sconfitta della coalizione Semaforo (SPD + Verdi + FDP) agita ancora di più le acque in cui naviga il governo di Olaf Scholz.

Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz

 

Dalle urne è emersa una particolare tensione della società tedesca di fronte alle difficoltà economiche, alle politiche sull’immigrazione, al tema della sicurezza interna e internazionale. I risultati per i 96 seggi tedeschi al Parlamento Europeo offrono uno scenario molto frammentato, in cui traballa la stabilità tanto cara alla Berliner Republik. L’opposizione CDU-CSU vince con il 30%, ma non è riemerso alcun bipolarismo. SPD, Verdi e FDP hanno raccolto insieme appena il 31%. Le forze estreme si rafforzano. L’ultra-destra AfD – Alternative für Deutschland si afferma come secondo partito, con il 15,9%. C’è poi l’exploit, al 6,2%, del partito social-patriottico BSW della ex Linke Sahra Wagenknecht.

La Germania era già arrivata al voto del 9 giugno in un’atmosfera di crescente esacerbazione della conflittualità politica, come hanno dimostrato le aggressioni contro candidati e rappresentanti di vari partiti. Il 31 maggio si è poi aggiunto il caso dell’attacco a Mannheim contro un attivista anti-islamico da parte di un islamista afgano. L’assalitore ha ferito diverse persone e assassinato un poliziotto 29enne, causando un’ondata di indignazione nel Paese.

 

Semaforo spento

Di fronte al risultato del 9 giugno, per la compagine di governo non c’è nemmeno la scusa di un voto poco rappresentativo: con il 64,8% dei votanti, si è trattato delle elezioni europee più partecipate in Germania dalla Riunificazione in poi. La SPD del Cancelliere ha raccolto il peggior risultato a livello nazionale dal dopoguerra: 13,9% (-1,9 punti percentuali rispetto alle europee del 2019, ma quasi 12 punti in meno rispetto alle elezioni nazionali del 2021). Una sconfitta anche direttamente personale, visto che in campagna elettorale Scholz era ben visibile sui manifesti dei socialdemocratici, insieme alla capolista Katarina Barley.

Con il solo l’11,8% dei voti, è stata drammatica la caduta dei Verdi, che hanno retto solo in alcune città come Berlino, Amburgo o Colonia. Si tratta di 8,6 punti in meno del 2019, l’anno in cui i liberal-ambientalisti tedeschi avevano invece iniziato a cavalcare un hype internazionale, convinti di poter puntare alla stessa cancelleria di Berlino. Ma il 2019, si sa, appartiene ormai a un’altra era del contemporaneo: non c’erano ancora stati la pandemia e i suoi effetti, la guerra in Ucraina, il ritorno dell’inflazione. Eventi complessi per un partito come quello dei Verdi, che ha sempre bisogno di un certo benessere sociale di base per far accettare la propria agenda di accelerata svolta ecologica. La capolista verde per le elezioni UE del 2024, Terry Reintke, è rimasta un volto senza particolare rilevanza nella campagna elettorale, mentre la leadership di Ricarda Lang e Omid Nouripour ha mostrato tutti i propri limiti, anche in un confronto con i due ex Segretari, i ministri Robert Habeck e Annalena Baerbock.

Emblematico è come i Verdi abbiano raccolto uno scarso risultato tra i giovanissimi, proprio nella prima elezione che permetteva di votare dai 16 anni in su. Nella fascia d’età 16-24 i due partiti più votati sono stati l’Unione CDU-CSU e l’ultra-destra AfD (17% e 16%), mentre ai Verdi è andato solo l’11%. I giovanissimi hanno votato anche molti partiti minori, ad esempio l’europeista riformatore Volt. Nelle elezioni nazionali del 2021, i Verdi e la FDP erano stati invece i primi partiti tra i più giovani. Il nuovo risultato suggerisce che, se mai è davvero esistita una “generazione Greta” in Germania, non è più egemone o si è dissolta.

Diversa la reazione della FDP ai risultati del 9 giugno. Con un magro 5,2% (-0,2 punti rispetto al 2019 e -6,3 rispetto alle nazionali del 2021), i liberali hanno in realtà tirato un sospiro di sollievo. Da mesi i sondaggi li davano ben al di sotto del 5% e nel partito strisciava il terrore di finire nell’irrilevanza più completa. La campagna della candidata di punta, Marie-Agnes Strack-Zimmermann, è stata impostata molto sui temi della liberalizzazione economica e della de-burocratizzazione in UE. Al grande pubblico tedesco, tuttavia, Strack-Zimmermann è soprattutto nota come una delle più fervide sostenitrici dell’Ucraina e degli aiuti militari a Kiev. Aspetto che può aver alienato alcuni elettori, ma che ha al tempo stesso compattato un nucleo di sostenitori.

 

La vittoria dell’Union CDU-CSU

Con una somma del 30%, CDU e CSU esultano (+1,1 punti percentuali rispetto alle europee del 2019, +5,9 rispetto alle nazionali 2021). L’Union approfitta oggi chiaramente del ruolo di forza di opposizione e, anche, dell’essere riuscita simbolicamente a sganciarsi dal ricordo di Angela Merkel (dai cui sono state ereditate tante delle questioni tedesche irrisolte). Il leader CDU Friedrich Merz si vede già come prossimo Cancelliere. Nei sondaggi, tuttavia, il suo gradimento personale non sembra molto maggiore di quello di Olaf Scholz.

 

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Il capitale dei voti conquistati va intanto alla capolista CDU Ursula von der Leyen. Tra i cristiano-democratici e cristiano-sociali più conservatori, tuttavia, c’è chi ritiene che l’Union abbia vinto nonostante Von der Leyen, piuttosto che grazie a lei. Il partito segue in Germania una linea più di destra di quella di Von der Leyen in Europa. Intanto, a Bruxelles sarà il presidente PPE Manfred Weber, capolista della CSU in queste elezioni, a essere cruciale nel ricreare o meno una nuova maggioranza “Ursula”.

Come evolve il voto in Germania dalle Europee 2019 a quelle 2024 (Fonte: Die Zeit)

 

Il nuovo exploit dell’ultra-destra AfD

L’entusiasmo dei cristiano-democratici tedeschi è certamente frenato dall’affermazione dell’ultra-destra AfD, che con il 15,9% ha raccolto il suo miglior risultato di sempre (+4,9 punti rispetto alle europee del 2019, +5,6 rispetto alle nazionali del 2021). La vittoria di AfD assume un significato particolare proprio perché SPD e Verdi avevano impostato fortemente la propria campagna sulla difesa della liberal-democrazia di fronte alla crescita di AfD e sulla tenuta della Brandmauer, il “muro antincendio” contro la destra.

A inizio 2024, comunque, l’ultra-destra tedesca era stimata persino oltre il 20% nei sondaggi. Una serie di scandali – da quello dell’incontro di Potsdam sulla “remigrazione”, un piano di deportazione di immigrati e cittadini tedeschi di origine straniera “non assimilati”, alle accuse di contatti e finanziamenti da Russia e Cina – hanno poi probabilmente eroso il potenziale consenso per Alternative für Deutschland. Significativi possono essere stati anche le polemiche suscitate dal capolista europeo di AfD, Maximilian Krah, che hanno causato l’allontanamento del partito tedesco dal gruppo ID e la presa di distanze di Marine Le Pen dagli alleati tedeschi. Poche ore dopo le elezioni di domenica 9 giugno, Krah è stato estromesso dalla delegazione di AfD, con l’obiettivo di riavvicinarsi proprio a ID. Esattamente quello che Krah non voleva, visto che le sue dichiarazioni e posizioni rappresentano consapevolmente una corrente di AfD che – più o meno direttamente ispirata da visioni geopolitiche extra-europee – punta ancora alla totale dissoluzione dell’Unione Europea e non a una sua rimodulazione in senso sovranista-identitario.

Complessivamente, il successo di AfD resta comunque innegabile, proprio perché arrivato nonostante gli scandali e la mobilitazione generale degli altri partiti contro l’ultra-destra. La vera posta in gioco nello scontro aperto con la SPD e i Verdi era il secondo posto, e AfD lo ha conquistato. Il voto alle europee mostra come si stia formando uno zoccolo duro di elettori di AfD, vecchi o nuovi, che non sembra interessarsi alla categorizzazione del partito come potenzialmente o ufficialmente “estremista di destra” e nemico dell’ordine costituzionale. Questo vale anche se queste valutazioni – com’è avvenuto sempre più spesso nell’ultimo biennio – arrivano da parte degli Uffici per la protezione della Costituzione di vari Land e dal BfV, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (l’intelligence interna nazionale tedesca). Ci sono temi decisivi per il consenso del partito, a partire da quello dell’immigrazione, su cui gli elettori restano impermeabili alle stigmatizzazioni politico-morali.

AfD resta un fenomeno socialmente trasversale, con un sostegno che va dagli strati sociali più deboli a pezzi di élite economica. Nuovamente significativo è stato però l’affermarsi dell’ultra-destra tra chi ha meno reddito, così come tra operai e lavoratori manuali. Gruppi in cui AfD ha raccolto circa il 30% delle preferenze e dove, invece, l’SPD continua a perdere consenso. Proverbiale è stata infine la conferma del radicamento territoriale di AfD nei Land dell’Est, dove è diventata primo partito, raggiungendo complessivamente oltre il 27% dei voti (ancora di più se non si conta la capitale Berlino). Elemento cruciale, considerando che a settembre si voterà per i parlamenti di Sassonia, Turingia e Brandeburgo. Alle europee AfD si è ora affermata come primo partito in tutti e tre gli Stati, mentre nei primi due ha già superato la soglia del 30%.

 

La sinistra filorussa di Wagenknecht

Nei Land orientali è anche evidente il successo di BSW, partito della ex-esponente  della Linke Sahra Wagenknecht, che ha raggiunto il 6,2% su scala nazionale. Risultato di peso per una formazione nata solo nel gennaio 2024. Da anni Wagenknecht era espressione di una sinistra post-comunista socialmente più conservatrice e critica della linea della Linke, soprattutto sul tema dell’immigrazione. Una delle cause finali della scissione da parte di BSW era stata la candidatura UE per la Linke di Carola Rackete. Negli ultimi mesi, tuttavia, la cifra sbandierata con sempre più evidenza da BSW sono state le campagne per una “soluzione diplomatica” del conflitto in Ucraina e la fine del sostegno militare tedesco a Kiev. Wagenknecht si aggancia da tempo a una tradizione filo-russa e anti-atlantista di parte della sinistra tedesca.

Se restano ancora ipotetiche future collaborazioni su base regionale-locale, soprattutto a Est, tra BSW e AfD c’è già un legame strutturale sulla vicinanza geopolitica a Mosca. Emblematica e plateale è stata, questo 11 giugno al Bundestag, la scelta di entrambi i partiti di abbandonare l’aula durante il discorso del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

 

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Alla nascita di BSW, diverse analisi avevano ipotizzato che il partito avrebbe potuto togliere voti direttamente ad AfD. Questo fenomeno non sembra essere avvenuto, perlomeno se si considerano i flussi di voto. BSW ha infatti sottratto preferenze soprattutto a SPD e Linke. Più difficile, tuttavia, è capire quanto BSW sia ugualmente riuscita a deviare il voto di chi avrebbe scelto AfD per la prima volta. Proprio la Linke è finita ormai nell’irrilevanza, soffrendo moltissimo il distacco di BSW: a queste europee è crollata al 2,7% (-2,8 punti rispetto alle europee del 2019).

Le articolazioni della sinistra tedesca (grafica: ZDF)

 

Un futuro contraddittorio

Dopo le elezioni del 9 giugno la politica tedesca si trova ora ufficialmente in uno stato di krisis. Dall’opposizione CDU-CSU aumentano gli appelli a Scholz perché si rimetta alla fiducia del parlamento – tenendo conto che il sistema tedesco prevede la “sfiducia costruttiva”, cioè la verifica di una maggioranza alternativa per aprire formalmente una crisi di governo. Il Cancelliere ha risposto stizzito e riga dritto, scommettendo sulla solidità interna della sua maggioranza. CDU e CSU possono insistere nel chiedere un passo indietro di Scholz, per un cambio di esecutivo o verso elezioni anticipate. Ma con il loro attuale 30%, i cristiano-democratici sanno anche che, al più tardi nel 2025, dovranno eventualmente trovare almeno un alleato di governo (se non due) proprio tra SPD, Verdi o FDP. In tempi così incerti, i rapporti non possono essere esacerbati in modo eccessivo. Un avvicinamento tra cristiano-democratici e AfD, infatti, continua a essere categoricamente escluso dalla dirigenza della CDU (anche se su base locale e comunale, a Est, emergono tendenze in questo senso).

I prossimi passaggi del governo Scholz, a partire dalla finanziaria di luglio, potranno intanto portare ancora più scompiglio in una coalizione di partiti che cercheranno nervosamente di ritrovare i voti persi. La SPD potrebbe tentare di ripartire dai messaggi vincenti del 2021, basati sul tema della giustizia sociale. Al contrario, la FDP cercherà di ripristinare il proprio profilo liberal-liberista e in supporto della competitività economica. I Verdi proveranno forse a recuperare in qualche modo il tema dell’ambientalismo, pur consapevoli che il loro intero costrutto ideologico, anche ben oltre i temi ecologici, incontra crescente ostilità. Nel complesso, l’esecutivo Scholz si aggrappa a un equilibrio potenzialmente contraddittorio e la tenuta del governo sarà d’ora in poi costantemente a rischio.