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La via accidentata del Partito Repubblicano verso le elezioni di novembre

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La sfida sta ormai per iniziare. Il 15 gennaio si terrà il caucus dell’Iowa: l’evento con cui si apriranno ufficialmente le primarie presidenziali del Partito Repubblicano. Per il momento, l’esito della sfida sembra quasi scontato: Donald Trump è saldamente in testa e con un vantaggio difficilmente ribaltabile. Secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics dedicata alle primarie repubblicane, a livello nazionale l’ex Presidente è al 63% dei consensi, sopravanzando i rivali di oltre 50 punti. Seguono Nikki Haley all’11% e Ron DeSantis al 10,9%. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Trump vinse le primarie del 2016 col 44,9% dei voti complessivi, mentre Mitt Romney e John McCain si aggiudicarono quelle del 2012 e del 2008 rispettivamente con il 52,1% e con il 46,7%: oggi il consenso del favorito sembra molto più ampio.

Le primarie repubblicane in Iowa si terranno il 15 gennaio.

 

Il vantaggio dell’ex Presidente è al momento saldo anche nei primi Stati in cui si voterà, che spesso indirizzano il resto delle consultazioni: è avanti di 33 punti in Iowa, di 14 punti in New Hampshire, di 52 punti in Nevada e di 30 punti in South Carolina. Se questi numeri dovessero essere confermati nelle urne, Trump potrebbe blindare matematicamente la nomination già poco dopo il Super Tuesday del 5 marzo (quando voteranno  ben 17 Stati nello stesso momento, attribuendo parte consistente dei delegati in palio).

Al di là dell’ex Presidente, quella di Nikki Haley appare la candidatura più solida. Non solo ha recentemente scalzato dal secondo posto DeSantis a livello nazionale ma sta anche guadagnando terreno in New Hampshire. L’ex ambasciatrice all’ONU può inoltre contare su un significativo network di finanziatori ed è probabilmente ben vista da parte consistente degli apparati governativi (in particolare, la burocrazia del Pentagono sembra guardare con simpatia alle sue idee proattive in politica estera). Infine, la Haley ha buone chance di intercettare voti nelle aree suburbane, dove risiedono tendenzialmente elettori ben disposti verso i repubblicani di tendenza centrista.

Tuttavia l’ex ambasciatrice ha i suoi problemi. Innanzitutto il divario di consensi che la separa da Trump resta significativo e difficilmente colmabile nell’arco di poche settimane. In secondo luogo, la sua candidatura non sembra per il momento aver molto da dire ai colletti blu della Rust Belt, la “cintura della ruggine” degli stati oggi in crisi industriale: una quota elettorale fondamentale per conquistare la Casa Bianca, che l’ex presidente sta invece corteggiando da mesi. Infine sconta l’antipatia di settori consistenti della base repubblicana di area trumpista, che non le perdonano di essersi candidata contro lo stesso Trump. La Haley punta comunque molto sulle primarie del New Hampshire, che si terranno il 23 gennaio: il suo obiettivo è quello di ottenere un buon risultato in questo Stato che le permetta così di far decollare la propria campagna elettorale. Sulla carta può riuscirci, anche perché un recentissimo sondaggio della CNN la pone dietro Trump di appena sette punti – anche se per ora si tratta dell’unica rilevazione per lei così favorevole in questo Stato. Come che sia, se vuole realmente dare una spinta alla propria candidatura, l’ex ambasciatrice ha assoluta necessità, se non di vincere in New Hampshire, almeno di arrivare in una buona seconda posizione, accorciando il più possibile la distanza che la separa dall’ex Presidente.

Nikki Haley e Donald Trump alla Casa Bianca nel 2018

 

Assai peggiore appare invece la situazione di DeSantis. Partito come l’astro nascente del Grand Old Party – aveva incassato persino il sostegno di Elon Musk – il Governatore della Florida è piombato in una situazione di notevole difficoltà. Da fine marzo, ha perso ben 20 punti a livello nazionale: sarà un caso ma, proprio da fine marzo, Trump ne ha guadagnati altrettanti. Probabilmente il principale problema per DeSantis sono state le quattro incriminazioni piovute sul capo dell’ex Presidente nel corso del 2023. Mentre Trump si è politicamente rafforzato grazie a esse – per quanto paradossale ciò possa apparire – il Governatore della Florida è rimasto in mezzo al guado, assumendo una posizione ondivaga su tali questioni giudiziarie.

DeSantis ha anche tentato di sorpassare Trump a destra, guardando ai conservatori duri e puri: una strategia che non sembra tuttavia essersi rivelata efficace. Gran parte di quel mondo è rimasto più o meno fedele all’ex Presidente, mentre il Governatore è man mano diventato un candidato di nicchia. Per lui il campanello d’allarme è duplice. Per prima cosa, come abbiamo visto, è sceso al terzo posto nelle intenzioni di voto a livello nazionale, finendo dietro alla Haley. In secondo luogo, sta incontrando difficoltà anche in Iowa, stato su cui ha scommesso molto. Sebbene qui mantenga attualmente il secondo posto nei sondaggi, al 18,6%, è sempre più tallonato dalla Haley che è al 16,1%. Inizia non a caso a circolare la voce che, in caso di risultato deludente in Iowa, il Governatore possa addirittura ritirarsi dalla competizione delle primarie.

DeSantis è svantaggiato anche nella battaglia per la candidatura alla vicepresidenza. Se Trump dovesse vincere la nomination, è infatti più probabile che scelga la Haley come propria running mate. Un ticket con l’ex ambasciatrice permetterebbe infatti al candidato di riunire le varie anime del Partito Repubblicano, anche perché la Haley sta – almeno in parte – raccogliendo i voti di alcuni settori antitrumpisti del Grand Old Party. Di contro, è altamente probabile che l’elettore medio di DeSantis virerebbe automaticamente sull’ex Presidente, qualora il Governatore della Florida dovesse uscire di scena. Nonostante i trumpisti duri e puri siano contrari all’idea, Trump non ha finora escluso l’ipotesi di un ticket con l’ex ambasciatrice, la quale – a sua volta – si è mostrata possibilista rispetto a una simile ipotesi. Ovviamente ciò non toglie che, alla fine, Trump possa puntare su figure che non si sono candidate alle attuali primarie: un nome particolarmente gettonato è, per esempio, quello della Governatrice del South Dakota, Kristi Noem.

Se questa è la fotografia del momento, all’orizzonte si stagliano però varie incognite. Innanzitutto, rinvii permettendo, il 4 marzo (cioè il giorno prima del  Super Tuesday) dovrebbe cominciare il processo sul presunto tentativo di ribaltamento delle elezioni del 2020 da parte di Trump. In secondo luogo, la Corte Suprema degli Stati Uniti dovrà pronunciarsi sulla sentenza della Corte Suprema del Colorado che, con una maggioranza di quattro a tre, ha recentemente interdetto l’ex presidente dalla partecipazione alle primarie di questo Stato, invocando la clausola costituzionale del Quattordicesimo emendamento che vieta di ricoprire incarichi pubblici a chi sia stato coinvolto in attività sediziose. Se la maggioranza dei supremi giudici del Colorado ha infatti accusato l’ex Presidente di condotta insurrezionale in occasione dell’irruzione in Campidoglio del 6 gennaio 2021, la minoranza ha ribattuto sostenendo che la clausola non può essere applicata in assenza di una precedente condanna in via definitiva per reati legati al golpismo.

La Corte Suprema degli Stati Uniti dovrà quindi decidere se Trump sia candidabile. Inoltre, in caso di risposta affermativa, si aprono due possibilità: o viene stabilita la sua piena candidabilità oppure potrebbe essere adottata la linea espressa dalle due recenti sentenze emesse dalla Corte Suprema del Michigan e da quella del Minnesota. Questi due tribunali hanno infatti decretato che l’ex Presidente sia candidabile alle primarie ma hanno comunque lasciato aperta la porta a eventuali ricorsi in sede di General Election. Il grosso rischio per Trump è quindi che possa ritrovarsi incandidabile pur dopo aver blindato matematicamente la nomination.

Un simile scenario provocherebbe il caos e, con ogni probabilità, renderebbe centrale la Convention nazionale del Partito Repubblicano che si terrà in luglio a Milwaukee. A quel punto i giochi si riaprirebbero. Ma fare previsioni su eventuali scenari di questo tipo è al momento davvero prematuro.