La questione moldava: contagio ucraino, Transnistria, e sostegno occidentale
La Repubblica di Moldova, il Paese più povero d’Europa, con una popolazione di circa tre milioni di persone, si trova in condizioni critiche: il rischio di un danno economico e umanitario enorme per i suoi cittadini è molto concreto. Sin dall’inizio della guerra in Ucraina, Moldova ha accolto più di 400.000 rifugiati di cui circa 80.000 sono rimasti nel Paese (il più alto numero di rifugiati ucraini pro capite di qualsiasi altro Paese). Le risorse finanziarie si stanno esaurendo, le catene di approvvigionamento sono quasi tutte interrotte e si registra un fortissimo incremento dell’inflazione (29%) dovuto soprattutto all’aumento dei prezzi dell’energia. Inoltre, a ciò si aggiunge un’altra sfida che Chişinău deve affrontare: la regione separatista transnistriana.
Con il sostegno delle truppe di Mosca, dopo un breve conflitto militare nel 1992, la Transnistria, con la capitale Tiraspol, si è distaccata dalla Repubblica di Moldova e ad oggi vi sono stanziati circa 1500 soldati russi che svolgono regolarmente esercitazioni militari. Alcune esplosioni avvenute nel mese di aprile hanno alzato il livello di allarme: russi e ucraini si accusano a vicenda, ma per il governo moldavo questi attacchi sono stati causati, in ogni caso, da parti interessate all’interno della regione a creare panico e trascinare Moldova in una guerra indesiderata. Sebbene il controllo dell’Ucraina meridionale aprirebbe alla Russia una via diretta alla Transnistria, per Chişinău il rischio che il conflitto si intensifichi anche sul suolo moldavo rimane basso. Certo, è motivo di seria preoccupazione il fatto che il comandante russo Rustam Minnekayev il 22 aprile abbia dichiarato che uno degli obiettivi “dell’operazione speciale” è quello di apire un corridoio tra la penisola di Crimea e i confini transnistriani, dove ci sono “casi di oppressione della popolazione russofona”. Il quadro militare è insomma molto incerto, come anche quello politico più ampio.
Benché il 23 giungo la Moldova abbia ottenuto l’approvazione da parte del Consiglio europeo dello status di candidato all’adesione all’Unione Europea senza condizioni speciali (lo stesso vale anche per l’Ucraina), il governo moldavo continua a sottolineare la neutralità del Paese, la quale è sancita dalla costituzione e fortemente sostenuta dalla maggior parte della popolazione. Non possono escludersi del resto mutamenti futuri anche in tal senso, visto che Maia Sandu, il Presidente pro-europeo della Moldova, ha suggerito ai suoi cittadini di riflettere sulla condizione securitaria del Paese affermando che loro stessi potrebbero cambiare la situazione attraverso una modifica costituzionale.
Tuttavia, come molti analisti affermano, la neutralità dovrebbe comportare anche una buona capacità di difesa autonoma. L’esercito moldavo conta circa 5.000 militari, di cui 3.200 forze di terra, 600 forze aeree e 1,300 soldati all’interno delle strutture logistiche. Dal punto di vista degli armamenti terrestri, l’esercito moldavo detiene 163 auto blindate, 50 obici, 11 lanciamissili Uragan da 220 mm, un numero alto di mortai e zero carri armati. Per quello che concerne le forze aeree, la Moldova possiede 6 aerei da lotta MiG-29 (malgrado non operativi), il trasporto aereo è composto da 3 aeromobili e 6 elicotteri mentre la difesa aerea è garantita da un sistema antiaereo S-125 obsoleto con 3 batterie.
In presenza di una forza militare di questo genere, piuttosto fragile, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dichiarato che l’UE aumenterà anche il sostegno militare alla Moldova. In aggiunta, funzionari dell’amministrazione americana hanno reso noto che Washington è pronta a inviare armi e attrezzature militari (oltre che un cospicuo aiuto economico) nel caso in cui Chişinău sollecitasse tale richiesta; mentre quelli britannici hanno affermato che Londra vorrebbe portare l’esercito moldavo allo standard dei Paesi dell’Alleanza Atlantica. Il contesto principale in cui inserire un possibile rafforzamento delle capacità difensive moldave è in effetti quello della NATO.
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Sebbene (instaurata molto prima del conflitto russo-ucraino) rientrerebbe nel quadro della Partnership for Peace, il quale rispetta a tutti gli effetti il principio della neutralità, non si sono fatte attendere le dichiarazioni del partito filorusso moldavo. Il Partito Socialista (PSRM) sostiene che tale assistenza militare peggiorerà il contesto regionale aggiungendo che qualsiasi decisione presa “all’insaputa dei cittadini” sarà condannata con fermezza dai suoi esponenti – anche se appare paradossale che nel 2006 a rafforzare il legame con l’Alleanza Atlantica sia stata l’ex Primo Ministro Zinaida Greceanîi, attuale leader del Partito Socialista. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri della Repubblica di Transnistria, Vitali Ignatiev, ha dichiarato che le armi della NATO potrebbero portare verso un conflitto imprevedibile perché queste forniture potrebbero essere rivolte anche contro Tiraspol (il che risulta poco credibile, senza tener conto che ad oggi non ci sono state consegne da parte di Paesi NATO).
Intanto, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova in un briefing ha riportato che le recenti azioni della Moldova (compresa l’interruzione della trasmissione dei canali di informazione russi) stanno mettendo in dubbio il suo status neutrale e che Mosca non rimarrà indifferente e potrebbero esserci delle “conseguenze negative”.
Data la sua condizione di forte dipendenza dal gas proveniente dalla Federazione Russa e anche dall’elettricità, originata in gran parte dalle centrali elettriche collocate in Transnisntria, oggigiorno una delle più grandi preoccupazioni per Chişinău è relativa alle risorse energetiche del Paese. Bruxelles ha deciso di sovvenzionare con 10 milioni di euro (oltre ai 60 offerti a dicembre del 2021) la sicurezza energetica della Moldova e di garantire quest’ultima assieme ad alcuni Paesi europei affiancati dagli Stati Uniti (tramite USAID). Mentre la Romania fornirà gratuitamente aiuti umanitari di emergenza per garantire il corretto funzionamento del sistema energetico con circa 130.000 litri di diesel, 113.000 litri di benzina e altri 5 milioni di litri di olio combustibile (per un valore di circa 19 milioni di lei, equivalenti a circa 4 milioni di euro), la Francia ha promesso la creazione dell’Agenzia francese per lo sviluppo nella Repubblica di Moldova. L’istituzione sarà presto inaugurata a Chişinău e sosterrà importanti progetti nei settori dell’energia e dell’irrigazione, dell’approvvigionamento idrico e dei servizi igienici, nonché dell’imboschimento. Un altro progetto che verrà sostenuto dall’Eliseo sarà l’ammodernamento della ferrovia sulla tratta Chişinău-Ungheni, che consentirà il collegamento alla rete ferroviaria europea (il primo forum dedicato al settore del trasporto ferroviario organizzato in Moldova).
In questa situazione fortemente incerta, il 24 giugno le autorità moldave hanno prolungato lo stato d’emergenza per altri 45 giorni (quello precedente è stato dichiarato con l’inizio della guerra in Ucraina) a causa dei rischi persistenti per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, l’impatto sui trasporti, la sicurezza energetica del Paese, oltre che la sicurezza delle frontiere e la gestione dei flussi di rifugiati. Un simile episodio è accaduto con lo stato d’emergenza emanato dal 22 ottobre al 20 novembre dell’anno scorso, che può vedersi come un’anticipazione della più ampia crisi attuale: vi fu allora un tentativo di cercare un’alternativa al gas russo in quanto Gazprom non coprì pienamente il volume del fabbisogno alla Moldova, e la questione fu superata in quel caso grazie a un accordo raggiunto tra Chişinău e la multinazionale russa.
Nonostante la guerra in Ucraina abbia accelerato a Bruxelles il processo per conferire alla Moldova lo status di candidato all’adesione UE, con una corruzione ancora molto diffusa e i problemi economici attuali ci vorranno anni prima che le riforme richieste per adeguarsi al modello degli Stati membri vengano implementate nel Paese; non si deve poi dimenticare l’influenza dei partiti euroscettici e la presenza di altri Paesi candidati che aspettano una risposta da Bruxelles (soprattutto nei Balcani occidentali).
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Tuttavia, se tutte le forze europeiste producessero una mobilitazione interna a favore dell’ingresso nell’UE, l’integrazione della Repubblica di Moldova sarebbe in termini strettamente economici soltanto una questione di tempo, viste le ridotte dimensioni del Paese, sebbene non sarà facile trovare un compromesso con la regione della Transnistria. Quest’ultima sembra rendere difficile l’adesione all’UE prima di una soluzione politica almeno de facto della questione separatista. Tiraspol riceve gas dalla Russia quasi gratis, ma allo stesso tempo utilizza l’accordo di libero scambio tra Moldova e UE, entrato in vigore qualche anno fa, per esportare verso i mercati occidentali.
Il dato positivo è che, nonostante le tensioni, Chişinău e Tiraspol hanno intensificato il loro dialogo nel tentativo di stabilizzare la situazione e risolvere insieme le difficoltà economiche. In questo momento i colloqui avvengono nel formato 1+1, ma quando verrà posta fine alla guerra in Ucraina, sarà molto importante che il formato 5+2 (Repubblica di Moldova, Federazione Russa, Ucraina, Transnistria, OSCE e due osservatori – USA e UE) sulla risoluzione del conflitto transnistriano venga ripreso sotto la guida dell’OSCE. Probabilmente una delle soluzioni per convincere le controparti potrebbe essere quella proposta dall’ambasciatore degli Stati Uniti a Chişinău, Kent D. Logsdon: uno status speciale alla Transnistria all’interno della Repubblica di Moldova.