La mappa elettorale: Congresso e governatori
Barack Obama si troverà ancora a dover lottare con un Congresso diviso e con la Camera dei rappresentanti saldamente nelle mani dell’opposizione repubblicana: ma la volontà popolare di riconfermare il presidente uscente ha probabilmente aiutato i Democratici nelle sfide per il Congresso e per i governatorati. Al momento, infatti, queste sfide elettorali sembrerebbero essere andate meglio del previsto per i Democratici. In generale, poi, è da registrare la sostanziale conferma delle previsioni della vigilia e quindi il sempre più accurato livello di precisione dei sondaggi elettorali.
Il dato più importante è certamente la conferma della maggioranza democratica al Senato. Nella scorsa legislatura il partito del presidente poteva contare su 53 seggi (due dei quali occupati da indipendenti vicini ai Democratici) mentre i Repubblicani ne occupavano 47. I timori democratici erano dati dal fatto che dei 33 senatori uscenti ben 23 erano Democratici e appena 10 Repubblicani. Ci si attendeva quindi una leggera “risalita” repubblicana, con un possibile esito fissato attorno a una risicata maggioranza 51-49. Invece, con tre seggi ancora da assegnare, il Partito Democratico ha già confermato quota 53. I Repubblicani sono infatti riusciti a strappare soltanto l’open seat del Nebraska mentre i Democratici hanno messo a segno tre conquiste significative in Massachusetts, Indiana e Maine. Elizabeth Warren ha riportato “a casa” quello che per quaranta anni era stato il seggio del “leone” Ted Kennedy. Joe Donnelly ha sconfitto Richard Mourdock in una corsa che è passata agli onori delle cronache mondiali quando il candidato repubblicano si è espresso contro l’aborto in caso di stupro. Si è trattato di una dichiarazione politicamente suicida e che ha consegnato ai Democratici l’inatteso seggio nel Midwest. Infine, l’indipendente filo-democratico Angus King si è imposto nel liberal Maine. Tra le più importanti vittorie democratiche va ricordata quella in Virginia, dove si affrontavano le due star politiche locali Tim Kaine e George Allen, entrambi ex governatori dello Stato e dove i partiti nazionali avevano investito ingenti fondi e gli stessi leader si erano spesi al fianco dei due popolari candidati. Se dovessero confermarsi i vantaggi democratici in Montana e North Dakota e la vittoria repubblicana in Nevada, significherebbe che il partito di Obama non solo sarebbe riuscito a conservare la maggioranza al Senato, ma perfino a incrementarla.
Alla Camera era certa la conferma della maggioranza repubblicana. I dati degli ultimi sondaggi lasciavano addirittura prevedere una leggera espansione del dominio repubblicano. Anche qui, invece, quando una ventina di seggi non sono ancora stati assegnati perché too close to call, ci si dovrebbe assestare su una sostanziale conferma dei rapporti di forza uscenti, con i Repubblicani forti di una maggioranza di circa 45 seggi sui rivali. I leader repubblicani alla camera bassa sono stati tutti confermati: lo speaker John Bohner e il leader di maggioranza Eric Cantor sono stati agevolmente rieletti in Ohio e Virginia. Paul Ryan è riuscito a riconfermare il suo seggio da deputato in Wisconsin, nonostante a livello di Collegio Elettorale lo Stato abbia preferito il ticket Obama-Biden, circostanza che potrebbe danneggiare le future chances presidenziali del giovane deputato conservatore. E anche Michele Bachmann è riuscita a farsi rieleggere nel sesto distretto del Minnesota, superando di un pugno di voti il rivale Jim Graves. Dall’altra parte, Joe Kennedy III, nipote di Bob, ha conquistato il quarto distretto del Massachusetts, riportando un membro della celebre dinastia al Congresso dopo tre anni d’assenza. L’erede Kennedy non ha incontrato difficoltà a essere eletto nel seggio lasciato vacante da Barney Frank, figura prominente dell’ala liberal dei Democratici e leader gay. Ragionando in ottica futura, risultano significative le affermazioni democratiche di Joaquin Castro in Texas-20, fratello del sindaco di San Antonio, l’astro nascente ispanico Julian e quella del veterano di guerra Tammy Duckworth, celebre per il coraggio mostrato in battaglia e per aver perso entrambe le gambe durante la guerra in Iraq, che è riuscita a sconfiggere il beniamino del Tea Party Joe Walsh in Illinois.
Erano 11 le corse per diventare governatore. Nessuno degli Stati più importanti e popolosi andava al voto per rinnovare la propria amministrazione. Otto Stati andavano al voto con un’amministrazione democratica uscente e soltanto tre con un governatore repubblicano. Il partito di Romney è riuscito a strappare l’open seat del North Carolina, dove Pat McCrory non ha avuto difficoltà ad avere la meglio su Walter Dalton. Le conquiste conservatrici dovrebbero però essere finite qui, visto che in Montana e nello Stato di Washington gli open seats democratici sembrerebbero essere appannaggio di Steve Bullock e Jay Insee e quindi confermati dal partito del presidente. In definitiva, anche qui quindi, i Democratici dovrebbero essere riusciti a limitare notevolmente i danni, chiudendo le corse negli Stati con un saldo negativo di appena un seggio. Con una situazione a livello nazionale che vedrebbe i Repubblicani condurre 30 governatori a 20 (prima di ieri la situazione era 29-21).