La geografia della nuova Europa
L’Europa post-elettorale ha un nuovo equilibrio politico: lo storico “co-dominio” di Popolari e Socialisti deve allargarsi ai Liberali (fattore Macron) ed eventualmente ai Verdi (fattore Greta: il voto giovanile). I partiti del vecchio europeismo sono entrambi in relativo declino, a cominciare dalla CDU di Angela Merkel. Ma esiste un nuovo europeismo: in Germania hanno votato per i Verdi il 34% degli elettori fra i 18 e i 24 anni di età. La contesa già in atto fra Berlino e Parigi sulla scelta del nuovo presidente della Commissione può essere letta anche così; il primo braccio di ferro fra europeismo del XX secolo ed europeismo del XXI.
L’Europa post-elettorale ha anche una nuova geografia politica, che influenzerà largamente il funzionamento del Consiglio europeo: sotto l’impatto delle due ultime crisi – la crisi finanziaria del 2008, la crisi migratoria del 2015 – Consiglio e Parlamento (co-decisori dell’attività legislativa) hanno aumentato entrambi il proprio peso a spese della Commissione (sempre più pallido esecutivo). Il triangolo istituzionale che regge il processo decisionale dell’Unione Europea si è progressivamente spostato verso quello che viene definito, nel gergo di Bruxelles, il metodo “inter-governativo”.
Se incrociamo equilibri politici a Bruxelles e colore dei governi nazionali, la geografia europea del dopo-voto è così caratterizzata (sintetizzando un Rapporto che sta per uscire dello European Council for Foreign Relations). Primo: il gruppo dei popolari ha perso gran parte dei seggi nei Big 5 dell’Unione (Francia e Italia, seguite da Polonia, Spagna e Germania) mentre ne ha guadagnati in Romania, Ungheria, Grecia, Svezia, Austria e Lituania. Di conseguenza, il centro di gravità del PPE appare ormai decisamente più spostato ad est, specie se il Fidesz di Viktor Orban finirà per rientrare nel Gruppo dei popolari; ma è un esito incerto, per ora. Dalla Germania verso est: il PPE dell’allargamento?
Secondo: Socialisti e Democratici hanno perso la maggioranza dei loro seggi in Germania e in Italia (rispetto al famoso 40% del 2014) ma ne hanno avuti più del previsto in Spagna, Portogallo, Olanda, Bulgaria e Malta. Il centro di gravità è spostato verso Sud. Spagna e dintorni: la socialdemocrazia mediterranea?
Terzo: il gruppo Liberale (ALDE) è diventato in qualche modo più occidentale, grazie ai seggi ottenuti in Francia, UK e Danimarca. I liberali hanno progredito anche in parte dell’Europa orientale (Repubblica Ceca, Romania e Polonia). Ma il centro di gravità è naturalmente la Francia e provvisoriamente la Gran Bretagna, visto il successo relativo dei liberaldemocratici e in attesa di Brexit. Francia first: i liberali in un solo paese?
Quarto: occidentale anche il centro di gravità dei Verdi, che può essere largamente spiegato da grossi successi in Germania e Francia, uniti a progressi in Olanda, Belgio, Irlanda. Il perno è la Germania, con una espansione tendenziale verso Ovest e Nord. Fa vistosa eccezione l’Italia. Dalla Germania verso Ovest: il cluster dei Verdi?
Quinto: il fronte composito dei partiti a vario titolo “euro-scettici” – includendovi tutti i gruppi che saranno all’opposizione a Strasburgo: Lega e 5 Stelle, Brexit Party, AfD, Rassemblement National, etc – ha avuto un successo clamoroso in Italia e in Gran Bretagna, seguite da Francia, Germania e Polonia. Il centro di gravità è una cintura che dal Regno Unito lambisce la Francia, passa per l’Italia e arriva in Polonia. La nuova frontiera del “sovranismo”?
Quando cerchiamo di immaginare come funzionerà la nuova Europa, questa geografia politica conterà molto, evidentemente: non solo nella selezione dei ruoli di vertice ma anche nelle politiche. Tenere insieme la maggioranza non sarà affatto facile. Germania, Francia e Spagna avranno alle spalle i tre diversi gruppi principali a Strasburgo. L’agenda verde sarà trasversale; e complicherà scelte decisive sul prossimo bilancio.
Difficili – a giudicare dalla distanza politica e culturale fra vecchio e nuovo europeismo – saranno anche le scelte fiscali, le decisioni da prendere sulla politica della concorrenza o sulla politica estera. La Gran Bretagna sarà ancora mezza paralizzata da Brexit (Boris Johnson, probabile nuovo premier, si occuperà essenzialmente di come lasciare l’Unione). L’Italia sarà uno dei punti di riferimento della nuova “opposizione” parlamentare; ma una opposizione unitaria e coesa non ci sarà comunque. Saranno i governi pro-europei, più che la minoranza sovranista, a dovere dimostrare che l’Europa può rinnovarsi e funzionare per proteggere i suoi cittadini in un’epoca di competizione globale.
Una versione di questo articolo è uscita su La Stampa del 31 maggio 2019.