La democrazia tunisina nuovamente alla prova delle urne
La giovane democrazia tunisina ha vissuto domenica 15 settembre 2019 il suo secondo appuntamento con elezioni presidenziali libere e competitive: come non era mai accaduto nella regione nordafricana, si sono svolte a seguito di un dibattito televisivo tra una lunga lista di candidati (ventisei) alla più alta carica dello stato.
Il primo turno, anticipato rispetto a quanto previsto dalla costituzione a causa della scomparsa di Beji Caid Essebsi, eletto nel 2014 e deceduto prima della fine del suo mandato lo scorso 25 luglio 2019, ha portato con sé non poche sorprese. Si è registrata l’affermazione di due candidati, entrambi con caratteristiche per certi versi peculiari: da una parte con il 15,6% dei voti Nabil Karoui, il patron di Nessma Tv (uno dei più importanti network di informazione del paese e della regione) attualmente in detenzione preventiva per l’accusa di riciclaggio di fondi neri ed evasione fiscale; dall’altra Kaïs Saïed che è stato da molti considerato un vero outsider e che ha riportato il 18,4% di voti. La candidatura di Saïed non è stata espressa da nessuna formazione politica e non ha ricevuto alcun sostegno finanziario per la campagna elettorale, reggendosi sull’impegno di volontari e sulla sua notorietà come docente universitario e commentatore televisivo.
Si possono evidenziare almeno due cause che hanno portato a questa situazione. In primo luogo c’è la contingenza politica che ha modificato le scadenze elettorali fissate dalla Costituzione tunisina che ha visto un’inversione di calendario tra le elezioni legislative (fissate per il 6 ottobre) e quelle presidenziali (che avrebbero dovuto svolgersi dopo il rinnovo dell’assemblea parlamentare); in secondo luogo si registra il malcontento per l’attuale classe politica, accusata di aver badato solo ai propri interessi di partito e meno al benessere dei cittadini, duramente colpiti dalla crisi economica.
Nonostante i sondaggi già da giugno vedessero in testa i due candidati che poi sono andati al secondo turno (anche qui con un’inversione tra Karoui il favorito dell’estate, e il professor Saïed) il sentimento più diffuso nel paese su questo primo verdetto elettorale è stato generalmente di stupore.
Ma, a ben guardare, questa situazione è figlia dell’attuale situazione economico-sociale della Tunisia e del modo in cui i partiti politici usciti vincitori dalla rivoluzione – che ha messo fine al dominio ventennale del dittatore Zine Abidine Ben Ali – hanno gestito la propria avventura democratica.
Quegli stessi partiti politici sono stati assorbiti da giochi interni di potere e riposizionamenti vari, scaldldo i motori per le legislative di ottobre, si sono trovati catapultati a gestire l’inedita data delle elezioni presidenziali. E questa è stata colta come un’occasione d’oro per raccogliere il testimone del malcontento dell’opinione pubblica nei confronti dell’establishment al potere e una rinnovata voglia di protagonismo, visto il vuoto di potere presidenziale.
Basti pensare che ben 96 candidature sono state presentate per la corsa al palazzo di Cartagine, di cui 26 convalidate dall’ISIE (Instance Supérieure Indépendante pour les Élections). Ben 14 candidati non hanno superato la soglia dell’1% dei voti, tra questi anche i candidati del cosiddetto “fronte modernista” che si è presentato al voto diviso, dissipando i propri consensi tra più di un candidato.
Il partito islamista moderato di Ennhada, contrario all’assetto di repubblica presidenziale e che, infatti, non aveva partecipato alla consultazione del 2014, si è visto costretto questa volta a presentare un proprio candidato. Abdelfattah Mourou, personalità poco conosciuta dal grande pubblico, ha comunque ottenuto un dignitoso terzo posto e sarebbe potuto arrivare al secondo turno in caso l’ISIE non avesse convalidato la partecipazione di Nabil Karoui (nonostante la sua situazione giudiziaria).
Non è una sorpresa che Ennhada abbia già dichiarato il proprio appoggio per l’outsider Kaïs Saïed, che sta incassando la maggioranza delle indicazioni di voto degli sconfitti. Un outsider peraltro sui generis. Molto conosciuto nella fascia di elettorato giovane tra i 18 e i 35 anni (la fascia sociale maggiormente rappresentata negli oltre 1.4 milioni di nuovi elettori registratisi al voto nel solo 2019) su cui ha concentrato la propria campagna elettorale, in maniera sicuramente innovativa per la sua generazione: pagine facebook, whatsapp, instagram, assolutamente in sintonia con il proprio elettorato. Molti analisti hanno altresì evidenziato il sostegno raccolto dal professore (preso in giro per il suo tono monocorde e lo stile démodé dei suoi numerosi interventi televisivi in arabo classico, che gli erano valsi il soprannome di Robocop) tra le frange salafite di Ennhada, in contrapposizione ai propri leader, nonché il sostegno ricevuto da altri movimenti ritenuti di stampo islamista radicale a livello locale.
Le stesse posizioni di Kaïs Saïed sono largamente conservatrici: fiero oppositore della legge tra la parità tra uomini e donne nel diritto di successione, dei diritti dei gay e della depenalizzazione della pena di morte. Saïed si è detto più volte contrario alle elezioni legislative nell’attuale formato, preferendo un sistema di elezioni locali con l’elezione indiretta dei parlamentari su base regionale.
Infine, la controversa figura di Nabil Karoui è emanazione diretta dello stato di smarrimento in cui si trova il partito fondato dallo scomparso presidente Essebsi, Nidaa Tounes, il quale ha disperso i propri consensi tra almeno 3 candidati: l’attuale primo ministro Youssef Chahed, che si era staccato dal partito madre già da un anno; l’ex ministro della Difesa Abdekarim Zbidi e Nabil Karoui, tra i fondatori e sostenitori di Nidaa Tounes attraverso Nessma Tv. Karoui si allontana dalla formazione che ha contribuito a creare a causa delle forti divisioni interne al partito, acuitesi con la lotta di potere tra il figlio del presidente Essebsi e l’attuale primo ministro Youssef Chahed.
Karoui, che ha iniziato la propria carriera nel marketing e nella comunicazione pubblicitaria insieme al fratello, già deputato con Nidaa Tounes, è una figura politica molto nota anche nelle comunità più remote grazie ai numerosi doni portati in giro per il paese, per onorare la memoria del figlio morto prematuramente in un incidente stradale.
Rimane incerto quale potrebbe essere il suo destino se fosse eletto presidente al secondo turno di votazioni. L’ISIE ha confermato la validità della sua candidatura; tuttavia, resta dubbia la sua possibile investitura a capo dello Stato in caso di condanna, dato che l’immunità presidenziale è prevista solo per i presidenti in carica. La sua candidatura era stata messa in discussione già durante la breve campagna presidenziale (due settimane) per la mancata presentazione all’ISIE dei documenti sulla trasparenza patrimoniale, richiesti a tutti i candidati. È impossibile non notare, però, che il regime di carcerazione preventiva a cui è sottoposto vedrebbe un secondo turno elettorale svolgersi con uno dei due candidati privato della libertà personale. Una singolarità rilevata anche dalla delegazione di osservatori del Parlamento europeo capitanata da Fabio Castaldo, che si è detta, in un rapporto preliminare, generalmente soddisfatta delle condizioni in cui si è svolto il processo elettorale tunisino.
In caso di vittoria di Karoui al secondo turno l’ISIE ha dichiarato che rimetterà la questione all’ARP (l’assemblea dei rappresentanti del popolo) che vedrebbe la vicenda spostarsi tra le mani di quest’ultimo organismo e il sistema giudiziario.
In ogni caso, la comunità internazionale guarda con molta attenzione al risultato elettorale del prossimo turno, poiché il presidente della Repubblica ha in mano il dossier della politica estera. La possibile elezione di Kaïs Saïed potrebbe preoccupare a causa del sostegno di cui gode nella base islamista. I suoi sostenitori, tuttora molto attivi sui social media, hanno recentemente animato il boicottaggio degli account social dell’emittente privata Elhiwar Ettounssi, colpevole, a loro giudizio, di aver ridicolizzato il loro candidato durante le trasmissioni.
Per la Tunisia questa è una fase politica molto delicata. La cattiva congiuntura economica che vive attualmente il Paese (con una costante svalutazione nell’ultimo anno della moneta locale nei confronti delle valute straniere, soprattutto con l’euro) ha avuto un impatto negativo anche nel settore manifatturiero, tradizionalmente sorretto dalle esportazioni. Di conseguenza, vasti settori della società sono rimasti insoddisfatti dagli scarsi frutti raccolti in questa fase democratica scaturita dalla rivoluzione del 2011, e in molti vedono il risultato delle urne come un pericoloso mix tra populismo e pulsioni conservatrici.
Il tasso di disoccupazione in Tunisia è ancora molto alto così come il tasso di inflazione e l’indebitamento delle famiglie, condizione che colpisce soprattutto i giovani dotati di istruzione secondaria o superiore, specie nell’interno del paese. Proprio i giovani nuovi elettori sono stati i protagonisti di questa prima tornata elettorale: in particolare, quelli con istruzione universitaria hanno espresso la maggioranza dei propri consensi per Saied, gli altri (insieme a un 22% delle donne) per Karoui.
Ancora una volta sono dunque i giovani tunisini, colpiti dalla crisi economica, a rigettare lo status quo creato dai partiti usciti protagonisti dalla rivoluzione.
Infatti, va sicuramente segnalata come un dato positivo la partecipazione elettorale: sebbene il tasso di partecipazione sia inferiore alla precedente consultazione del 2014, va evidenziato come quest’ultimo sia calcolato su un numero maggiore di aventi diritto rispetto alle precedenti elezioni. Il dibattito politico nel Paese resta molto vivo. Nonostante il malcontento espresso nei confronti dell’establishment, la competizione elettorale è stata ed è tuttora molto seguita e discussa anche sui maggiori mezzi di comunicazione.
L’elezione del presidente della Repubblica potrebbe anche essere condizionata dalla data per il ballottaggio, che si terrà una settimana dopo le elezioni legislative del 6 ottobre.
L’auspicio è che la Tunisia, un partner importante dell’Europa sulla sponda sud del Mediterraneo, non perda la spinta democratica e riformatrice che ha dato il via alla cosiddette primavere arabe; un Paese giunto ora alla prova della maturità attraverso due importanti appuntamenti elettorali.