La crisi politica del Ciad: instabilità regionale e crisi ambientale
Il presidente Idriss Déby, che ha governato con piglio autoritario il Ciad per trent’anni ininterrotti, è morto improvvisamente lo scorso 20 aprile dopo essere stato ferito mortalmente da combattenti ribelli. La sua scomparsa ha preoccupato gli alleati internazionali e i paesi confinanti, timorosi che il paese possa precipitare in una spirale di anarchia. La stessa che ha già disgregato altri due paesi della fascia saheliana, la vicina Repubblica Centroafricana e il Mali. Un vuoto di potere che minerebbe ulteriormente la scarsa stabilità regionale residua e in cui troverebbero terreno fertile per espandersi milizie jihadiste legate ad Al-Qaida e allo Stato Islamico.
Il defunto capo di stato aveva peraltro fornito un consistente contributo militare alla lotta all’islamismo armato nell’ultimo decennio, in cambio della benevolenza dei paesi occidentali e specialmente dell’antica potenza coloniale francese, disposti a chiudere un occhio sulla gestione autocratica del potere e sulle violazioni dei diritti umani. Il figlio Mahamat Déby, nominato in fretta presidente ad interim dai militari, deve ora sia fronteggiare l’opposizione interna, civile e armata, che mal digerisce la successione in stile monarchico, sia convincere alleati e vicini a rinnovare la fiducia nella “dinastia”. Al netto della politica interna del momento, i problemi del Ciad sono però strutturali e profondi e derivano dal circolo vizioso, e autoalimentante, di instabilità regionale e crisi ambientale.
Il gruppo armato responsabile dell’uccisione di Déby padre è il Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT). È stato fondato nel 2016 da Mahdi Ali Mahamat, che aveva già preso parte a due fallite ribellioni contro il presidente, compresa la guerra civile combattuta tra il 2005 e il 2010, servendo però anche nel governo nel periodo di intermezzo con la carica di ispettore generale del Ministero delle Infrastrutture[1]. Lui e i suoi combattenti sono di etnia tebu, presente su entrambi i versanti del confine tra Ciad e Libia. Proprio nel paese nordafricano Mahamat ha stabilito la sua base arretrata, stringendo accordi con Khalifa Haftar da cui ha ricevuto armi e veicoli[2] e, secondo l’ambasciatore americano in Libia Richard Norland, anche l’aiuto dei mercenari russi del Wagner Group già al servizio dell’uomo forte di Tobruk[3].
Mahamat ha lanciato l’attuale offensiva il 13 aprile scorso, giorno in cui si sono tenute le elezioni in Ciad – naturalmente vinte dal presidente uscente – ed è riuscito a spiazzare l’esercito ciadiano spingendosi a sud per centinaia di chilometri fino alla provincia di Kanem, dove è avvenuto lo scontro fatale. È cupa ironia della storia che la fine di Déby sia partita proprio dal suolo libico: cominciò infatti la sua scalata al potere come ufficiale militare durante il conflitto intermittente che oppose il Ciad alla Libia tra il 1978 e il 1987, conclusosi con la sconfitta dell’esercito di Gheddafi. Salvo poi rifugiarsi proprio a Tripoli nel 1989 per sfuggire alle purghe dell’allora presidente Hissène Habré, prima di rovesciarlo l’anno seguente e prenderne il posto.
Di maggior durata, e dalle conseguenze assai più gravi, è la crisi ambientale causata dalla desertificazione del bacino del lago Ciad e dal prosciugamento dello specchio d’acqua stesso. Condiviso dal paese omonimo con Nigeria, Niger e Camerun, il lago Ciad è andato incontro a un rapido declino che ha comportato la perdita del 90% dei 25.000 km2 della sua superficie storica[4]. Sia l’agricoltura sia la pastorizia sono corresponsabili del disastro ecologico: la prima per il prelievo smodato di acqua ad uso agricolo, la seconda per il pascolamento eccessivo nelle terre circostanti che le ha spogliate del manto vegetale riducendo così la capacità del suolo di trattenere le precipitazioni, peraltro in diminuzione a causa dell’emergenza climatica. La crisi del lago Ciad ha reso sempre più frequenti nel paese i conflitti comunitari, diffusi in tutti stati africani situati lungo la fascia saheliana, tra gli allevatori nomadi e agricoltori stanziali che lottano per accaparrarsi acqua e suolo fertile. Lo scorso febbraio scontri particolarmente violenti tra le due parti hanno provocato dozzine di vittime nella provincia ciadiana di Salamat[5].
Sebbene la divisione tra allevatori e contadini si rifletta nel caso del Ciad anche sotto il profilo religioso, con i primi musulmani e i secondi cristiani, a fronte delle evidenze storiche il peso di questa componente ideologica non deve essere sopravvalutato. I conflitti comunitari sono infatti presenti anche in paesi interamente musulmani, come il Mali o il Sudan. In Ciad, inoltre, i musulmani del nord dominano da decenni la vita politica nazionale e sono quindi alla testa sia del governo sia dei gruppi ribelli: Déby e Mahamat erano correligionari. La stessa laica spregiudicatezza ha caratterizzato anche la politica estera del defunto presidente, contrappostosi a lungo al regime islamista sudanese di al-Bashir e sostenitore invece di François Bozizé, presidente centrafricano dal 2003 al 2013 e di religione cristiana.
Sono invece rilevanti i contrasti etnici: gli oltre 17 milioni di abitanti del Ciad sono suddivisi in un mosaico di oltre 120 gruppi etnico-linguistici differenti. Diversi di questi sono parte di popolazioni stanziate a cavallo con gli stati vicini e separate dai confini tracciati in epoca coloniale, come nel caso dei tebu di Mahamat. I destini delle diverse etnie sono inoltre legati a quelli degli uomini forti usciti dalle loro fila: Déby era di etnia zaghawa e il suo gruppo etnico fu perseguitato durante la rivalità con Habré, salvo poi arrivare a dominare la vita politica nazionale sotto la sua presidenza, nonostante costituiscano appena l’1,1% della popolazione ciadiana[6].
Per Mahamat Déby le prospettive militari sono cautamente ottimistiche. I combattenti ribelli, nonostante si oppongano alla sua nomina, si sono già detti disponibili a un cessate il fuoco per avviare delle trattative politiche[7] e sono adesso sulla difensiva a causa dei bombardamenti dell’aviazione[8]. Le prospettive politiche sono invece complesse. Sul fronte internazionale, l’alleato francese, che non era voluto intervenire con i suoi aerei militari contro la colonna in marcia dei guerriglieri, dopo un’iniziale dichiarazione di supporto al nuovo governo ha chiesto invece la formazione di un esecutivo civile d’unità nazionale[9]. Un cambio netto di rotta dopo che Emmanuel Macron in persona era volato a N’Djamena il 22 aprile per mostrare il suo sostegno al governo ciadiano e presenziare alle esequie di stato di Déby senior. A cui la Francia resta comunque debitrice per aver fornito un nutrito contingente di truppe, comandato sul campo proprio dal suo rampollo, a sostegno dell’intervento francese contro i jihadisti in Mali nel 2013[10]. Un impegno contro i miliziani islamisti reiterato negli anni successivi con ulteriori operazioni, tra cui l’invio di un migliaio di soldati ciadiani al confine tra Niger, Burkina Faso e Mali lo scorso febbraio[11].
In patria, l’opinione pubblica non crede alla promessa di Déby junior di sciogliere il consiglio di transizione militare, da lui stesso presieduto, tra un anno e mezzo. Le proteste per il ritorno al governo civile crescono d’intensità e il nuovo presidente ha rispolverato il guanto di ferro del padre: sono almeno cinque i manifestati già morti per mano dalla polizia[12]. Sia che il giovane delfino riesca a restare al potere sia che venga sostituito, chiunque governerà il Ciad nei prossimi anni dovrà in ogni caso fare i conti con i problemi più profondi del paese se vorrà provare a costruirsi un consenso popolare.
Note:
[1] “Focus Tchad. Qui est Mahamat Mahdi Ali, l’énigmatique chef du FACT”, Lespanafricaines.com, 21 aprile 2021, https://lespanafricaines.com/lng/fr/2021/04/21/focus-tchad-qui-est-mahamat-mahdi-ali-lenigmatique-chef-du-fact/
[2] “Who benefits from the death of Chad’s President Deby?”, V. Tampa, Trtworld.com, 22 aprile 2021, https://www.trtworld.com/opinion/who-benefits-from-the-death-of-chad-s-president-deby-46087
[3] “Norland: My mission was to end Tripoli attack, but Haftar ignored all opportunities”, Libyaobserver.ly, A- Assad, 24 aprile 2021, https://www.libyaobserver.ly/news/norland-my-mission-was-end-tripoli-attack-haftar-ignored-all-opportunities
[4] “Drying Lake Chad Basin gives rise to crisis”, L. Usigbe, Africa Renewal, 24 dicembre 2019
[5] “Chad: At least 35 killed in herder-farmer clashes” Aljazeera.com, 17 febbraio 2021, https://www.aljazeera.com/news/2021/2/17/at-least-35-killed-in-chad-herder-farmer-clashes
[6] “Chad” The World Factbook, Central Intelligence Agency, 21 April 2021, https://www.cia.gov/the-world-factbook/countries/chad/
[7] “Chad rebels ready for ceasefire; opposition presses for civilian rule”, Reuters.com, E. Mcallister e M. Ramadane, 25 aprile 2021, https://www.reuters.com/article/us-chad-deby-idUSKBN2CC057
[8] “Chad rebels ready for ceasefire; opposition presses for civilian rule”, News.trust.org, 25 aprile 2021, https://news.trust.org/item/20210425115659-xbgqm/
[9] “France changes stance on Chad, calls for civilian government”, Reuters.com, https://www.reuters.com/article/us-chad-security-france-congo/france-shifts-stance-on-chad-transition-calling-for-civilian-government-idUKKBN2CE1IA
[10] “Chad’s new leader – Mahamat Idriss Déby Itno” bbc.com, 22 aprile 2021, https://www.bbc.com/news/world-africa-56836109”
[11] “Chad reinforces troops against militants in Sahel as France mulls changes”, M. Nako e J. Irish, Reuters.com, 12 febbraio 2021, https://www.reuters.com/article/us-sahel-security-idUSKBN2AC12V
[12] “Chad protests turn deadly as demonstrators demand civilian rule”, Aljazeera.com, 27 aprile 2021, https://www.aljazeera.com/news/2021/4/27/protests-erupt-in-chads-capital-protesters-demand-civilian-rule