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La competizione strisciante tra Russia e Cina in Asia

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Il recente tour asiatico del presidente russo Vladimir Putin, tra il 18 e il 20 giugno ha destato molte preoccupazioni. Anche la Cina ha seguito con estrema attenzione gli spostamenti di Putin sia in Corea del Nord sia in Vietnam. Oltre a firmare un “trattato di partenariato strategico globale” con Pyongyang, il capo del Cremlino ha siglato diversi documenti con Hanoi.

Kim Jong Un con Vladimir Putin

 

Durante la sua visita, Putin ha annunciato che la Russia è pronta per la prima volta a fornire armi al leader nordcoreano Kim Jong Un. In cambio di munizioni e di missili da utilizzare contro l’Ucraina, il Cremlino potrebbe inviare anche tecnologie sofisticate utili a migliorare i lanci spaziali e i programmi sottomarini, così come l’arsenale nucleare di Kim. L’accordo stipulato con il leader nordcoreano prevede anche una mutua assistenza militare tra Mosca e Pyongyang, in caso di aggressione esterna nei confronti dei due Paesi.

 

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Mentre Kim è uno dei pochi a sostenere la guerra russa in Ucraina, il presidente vietnamita To Lam si considera neutrale. Putin e Lam si sono comunque espressi a favore di un “ulteriore approfondimento del partenariato strategico globale”. Inoltre, sempre a Hanoi, sono stati firmati due memorandum che si focalizzano sul fattore energetico. Al momento, la posizione vietnamita è di non aderire alle sanzioni da parte degli Stati Uniti o dell’UE contro la Russia. E molto presto Hanoi potrebbe essere fondamentale per gli introiti del Cremlino.

Prima della sua visita, il presidente russo ha invitato la comunità imprenditoriale vietnamita ad entrare più attivamente nel mercato russo. Al termine dei negoziati, Putin e Lam hanno concordato di passare per gli scambi commerciali ai pagamenti nelle valute nazionali. Inoltre, Putin ha sottolineato l’impegno di continuare a sviluppare il dialogo con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), dove la Cina ha una posizione dominante. Oltre al tema energetico e agli interessi economici, si ritiene che siano anche stati siglati alcuni accordi (al momento riservati) legati al settore della difesa. Mosca è uno dei più importanti fornitori di armi del Vietnam ed è probabile che durante la visita di Putin siano state discusse ulteriori consegne e operazioni di manutenzione delle attrezzature militari russe già presenti nel Paese.

Da una parte, il riavvicinamento tra Mosca e Pyongyang riduce in qualche misura l’isolamento internazionale del regime di Kim e, dall’altra, tale intesa con la Russia offre al leader nordcoreano la possibilità di ridurre la sua eccessiva dipendenza da Pechino. La Cina rimane il più grande partner economico della Corea del Nord, ma le armi, il cibo e l’energia offerti dai russi potrebbero rafforzare la posizione di Pyongyang nei confronti di Pechino. Intanto, la persistente minaccia posta dal programma nucleare e della capacità missilistiche nordcoreane sta incoraggiando sia una maggiore cooperazione militare tra Tokyo, Seul e Washington, sia lo scenario per la Corea del Sud di lavorare con l’AUKUS, l’alleanza di difesa tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna. Anche se Pechino sostiene qualsiasi iniziativa che possa indebolire le posizioni statunitensi nella regione, il presidente cinese Xi Jinping teme che le attività russe potrebbero aumentare l’imprevedibilità di Kim. Nella misura in cui la Corea del Nord serve come cuscinetto contro l’espansione degli USA, una solida stabilità regionale è importante per il governo cinese.

Anche per quanto riguarda Hanoi, Mosca viene percepita come un partner affidabile per bilanciare le pressioni cinesi: “il Vietnam ha più fiducia strategica nella Russia che nella Cina”, ha dichiarato Carlyle Thayer, professore emerito dell’UNSW di Canberra. Hanoi ha bisogno di aerei e di navi da guerra russe per difendersi dalle rivendicazioni territoriali da parte di Pechino nel Mar Cinese Meridionale: “le armi occidentali sono costose e politicamente sensibili”, secondo Nguyen The Phuong, ricercatore presso l’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia.

Contemporaneamente, il riavvicinamento tra Russia, Vietnam e Corea del Nord potrebbe offrire al Cremlino una leva molto importante contro l’influenza cinese nell’Asia centrale. La “Belt and Road Initiative (BRI)” di Xi ha portato a un deciso incremento degli scambi commerciali fino a raggiungere 89 miliardi di dollari nel 2023, posizionando la Cina come principale partner commerciale in quasi tutte le nazioni centroasiatiche. Anche per quanto riguarda il settore militare, la Cina ha rafforzato la sua presenza nella regione, tanto da stabilire una base in Tagikistan, e ha cercato di consolidare i suoi legami attraverso organismi come, ad esempio, la Shanghai Cooperation Organisation (SCO), fondata insieme alla Russia ma che vede appunto crescere il peso cinese. Oltre agli aspetti commerciali e militari, la Cina ha rafforzato la sua presenza in Asia centrale anche attraverso la promozione della propria cultura e tecnologia digitale.

Pur avendo interessi convergenti con Pechino in chiave di ordine internazionale, Mosca percepisce la crescente presenza cinese come una minaccia alla sua storica sfera di influenza, cercando di contrapporsi mediante alcuni organismi come, ad esempio, la Collective Security Treaty Organization (CSTO), l’Eurasian Customs Union (ECU), l’Eurasian Economic Union (EAEU) e in qualche modo la stessa SCO, alla quale su invito russo, durante il vertice di Astana del 4 luglio, ha aderito anche la Bielorussia. Per limitare ulteriormente l’influenza della Cina, Putin sta rafforzando i legami anche con l’India. Secondo Theresa Fallon, direttrice del Centro per gli studi sulla Russia, l’Europa e l’Asia a Bruxelles, il viaggio dell’8 luglio a Mosca da parte del primo ministro indiano Narendra Modi indica che Putin è ancora in grado di sviluppare relazioni diplomatiche separate da Pechino: “sta dicendo: ‘ho altre opzioni’”, ha affermato l’esperta. Come l’Ucraina, l’Asia centrale è una priorità cruciale per il Cremlino, che spera di ricevere il sostegno diplomatico dei Paesi asiatici non solo contro la supremazia statunitense ma anche per bilanciare l’espansione regionale cinese.

 

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Il viaggio di Putin in Asia evidenzia anche la “svolta verso est” della Russia. Tale riorientamento ha preceduto l’invasione dell’Ucraina nel 2022, ma la guerra, e soprattutto la risposta da parte dell’Occidente, hanno nettamente accelerato la tendenza. Anche se l’Europa continuerà a percepire la minaccia russa ancora per molto tempo, oggi la Cina si trova a competere nel continente asiatico con un Paese ambizioso e nostalgico verso la sua tradizione imperiale, che potrebbe diventare un “amico” sempre più scomodo.

Bruxelles e Washington non sono considerati attori stabilmente presenti in Asia, soprattutto nelle sue porzioni più continentali. La responsabile degli affari esteri del quotidiano tedesco Handelsblatt, Nicole Bastian, sottolinea che ciò che accomuna gli Stati occidentali e quelli dell’Indo-Pacifico è il desiderio di sicurezza, di stabilità e di un sistema commerciale multilaterale funzionante. Per tale motivo, è auspicabile che gli accordi commerciali e di sicurezza accelerino tra Europa, USA e l’intera regione indo-pacifica.

Per quanto riguarda la Corea del Nord, gli USA e l’Europa dovrebbero captare che tra Pyongyang e Pechino c’è diffidenza, e di conseguenza sfruttare tale vantaggio: “molti cinesi guardano dall’alto in basso la vicina Corea del Nord come arretrata e sono infastiditi dal suo comportamento destabilizzante… molti nordcoreani si risentono del successo della Cina e resistono alla sua influenza”, afferma il professore John Delury. Tramite una diplomazia paziente e attenta, l’Occidente potrebbe offrire una limitata apertura a Kim, naturalmente a condizioni piuttosto stringenti. Una prospettiva della revoca delle sanzioni economiche potrebbe convincere il leader della Corea del Nord almeno a diminuire le sue attività militari: “la denuclearizzazione è stata per decenni un principio guida della politica degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. Ma non è realistico pretendere che Pyongyang rinuncerà presto alle sue armi nucleari… il mondo è molto diverso da quando gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, il Giappone e le due Coree si sono riuniti negli anni 2000 per negoziare la denuclearizzazione della Corea del Nord”, precisa Delury.

Sfruttando le circostanze create dalla guerra in Ucraina, gli USA stanno oggi cercando di amplificare e consolidare la loro presenza nell’Asia centrale. Per diversificare le economie delle nazioni centroasiatiche, dipendenti da Pechino e Mosca, Washington ha lanciato le iniziative come il programma USAID, l’Economic Resilience Initiative of Central Asian Countries (ERICEN) e il forum C5+1. Qualora Washington concedesse lo status di relazioni commerciali normali permanenti (PNTR) e integrasse maggiormente la regione nei programmi di partnership della NATO, i Paesi centroasiatici avrebbero effettivamente a disposizione più opzioni negli ambiti securitari ed economici.