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Iran: il cambio di regime può essere solo interno – conversazione con Shirin Ebadi

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Nel suo ultimo libro, “Finché non saremo liberi”, Shirin Ebadi, avvocato e prima donna musulmana a ricevere il premio Nobel per la pace, scrive che l’odio per l’America è la base su cui è stata costruita la rivoluzione islamica. I giovani iraniani non sono affatto anti-americani. Ma la gerarchia religiosa e politica utilizza il nemico esterno per reprimere il dissenso interno. Per questo una pacificazione è quasi impossibile.

 

Shirin Ebadi

 

Incontro l’avvocato Ebadi a Milano. il rischio di un conflitto fra Iran e Stati Uniti sembra più vicino di quanto sia mai stato da decenni: “Certo – mi dice – la possibilità di un conflitto esiste. Ma nessuna delle due parti lo vuole veramente. E il popolo è fra due fuochi, il regime iraniano e il presidente americano. Se ci fosse una guerra sarebbe una tragedia, anche perché si allargherebbe alla regione. E in fondo il punto è proprio questo, la possibilità di un conflitto regionale su larga scala. Il nucleare è un falso problema. Il problema vero, dal punto di vista americano, è il ruolo dell’Iran nella regione, con l’appoggio a Hezbollah, la rivalità con l’Arabia Saudita e i rischi per la sicurezza di Israele. La religione, nel conflitto fra sciiti e sunniti, c’entra pochissimo. Conta il potere, contano gli interessi geopolitici”.

 

L’avvocato Ebadi ha una linea di ragionamento molto chiara: tentare di rovesciare la Repubblica Islamica con pressioni dall’estero serve a poco, anzi, fa il gioco dei falchi iraniani: “Un cambiamento del regime, cui i giovani iraniani sarebbero quanto mai favorevoli, può venire solo dall’interno. L’embargo economico non serve, sono sempre stata contraria. Sta riducendo il mio paese in estrema povertà, mentre il potere clericale e militare iraniano vive in modo corrotto su una sorta di economia di guerra. La spinta politica interna potrebbe avvenire con un referendum, che ho chiesto più volte ma senza alcun risultato. La società iraniana non è pronta a una fase di scontri violenti. Vorrebbe una evoluzione pacifica, un po’ come è avvenuto in Sud Africa. Ma per ora non è stato ottenuto niente, neanche dai presidenti che credevamo moderati. La verità, infatti, è che il potere resta concentrato nelle mani della Guida suprema”.

 

Questa donna minuta, di grande carattere, ha la forza di guardare in faccia la realtà: ”Se le cose non cambieranno, entro un paio d’anni l’Iran sarà in una situazione peggiore del Venezuela. Se mi guardo indietro, se ripenso agli anni della mia giovinezza in una famiglia della borghesia islamica che credeva nella modernità, mi sembra impossibile. E poi tutto è stato veloce: hanno confiscato la mia casa, sono stata in prigione, il mio matrimonio è stato distrutto, mentre la condizione delle donne peggiorava e la repressione interna aumentava. Dopo il 2009, speravamo in qualche progresso. Ma ci illudevamo. L’errore drammatico è stato fatto nel 1979. Sono 40 anni che mi batto per rimediare a una scelta fatale”.