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Come la Brexit affonda il TTIP e indebolisce l’Occidente

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La Brexit non segna tanto l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, quanto l’attenuazione dei legami transatlantici e l’aggravarsi del disimpegno americano dall’Europa. Potrebbe avere un’importante conseguenza geopolitica su vasta scala, accelerando il declino dell’Occidente: renderà infatti molto più difficile di quanto sia stato sinora, con il Regno Unito nell’UE, la creazione del TTIP, cioè una sorta di “NATO economica” con più intensi scambi transatlantici. La Partnership è stata infatti concepita per essere competitiva nei riguardi delle potenze emergenti. E solo il rafforzamento dei legami transatlantici consentirebbe di prolungare di qualche decennio il predominio della democrazia liberale, del Washington Consensus e quindi dell’Occidente nel mondo.

Non a caso, la Brexit ha generato una grande incertezza non solo nell’economia britannica e in quella europea, ma perfino in quella globale: nella recente riunione del G20 in Cina, tutti i paesi hanno auspicato che i negoziati si concludano rapidamente, con l’obiettivo di ridurre la durata di tale incertezza, e che siano mantenuti quanto più stretti e cooperativi possibile i legami fra le economie continentali europee e quella britannica, almeno con una zona di libero scambio e con il mantenimento del ruolo finanziario globale della City.

Gli impatti economici della Brexit sono stati, almeno per ora, molto più contenuti rispetto alle previsioni catastrofiche formulate dai fautori del “Remain”, ma nessuno è in condizioni di prevedere che cosa accadrà nel medio termine. Anche perché gli effetti economici della Brexit dipenderanno comunque dal risultato dei negoziati che, sulla base dell’art. 50 del trattato di Lisbona, dovranno tenersi fra Londra e Bruxelles.

Il problema più ampio è che la Gran Bretagna rischia di non svolgere più una funzione preziosa: quella di “ponte” transatlantico. Diventa ora molto più probabile la formazione di una Kerneuropa dominata dalla Germania, anche se all’inizio Berlino avrebbe comunque stretti legami con Washington. Non va mai dimenticato che gli Stati Uniti sono stati, a più riprese, i veri integratori dell’Europa, recuperando la Germania negli anni Cinquanta del scorso secolo e favorendo l’unificazione tedesca. Hanno ostacolato, nei limiti delle loro possibilità, la divisione economico-finanziaria dell’Europa fra Nord e Sud, e quella politico-strategica fra l’Est e l’Ovest. In tale contesto, la presenza britannica ha costituito un fattore di equilibrio sia all’interno dell’Europa sia nei rapporti con il resto del mondo, in particolare con gli Stati Uniti. Londra ha di fatto contribuito all’ancoraggio tedesco all’Occidente, rafforzando i legami transatlantici e neutralizzando le ricorrenti tentazioni di Berlino di più stretti legami con la Russia.

La Brexit diminuirà non solo l’hard power economico (e militare) dell’Europa, ma anche il suo soft power. Perderà infatti credibilità il “modello europeo” di superamento degli Stati nazionali e di creazione di sintesi politiche post-moderne, basate sul rispetto dei diritti umani e la riluttanza all’impiego della forza nelle relazioni internazionali, ma anche sul liberalismo economico, il decentramento, la limitazione dell’intervento dello Stato in campo economico e sociale.

A più breve termine, la crisi quasi terminale dei negoziati TTIP impedisce all’Europa di compensare almeno parzialmente la crescente centralità del sistema Asia-Pacifico, accentuata dal Pivot to Asia di Obama e dal TPP (Trans Pacific Partnership) – che peraltro è ancora da ratificare e incontrerà seri ostacoli nel prossimo Congresso. Aumentano così i rischi di marginalizzazione geopolitica dell’Europa nel mondo, come anche l’attrazione dei mercati asiatici per le economie europee, in particolare per quella tedesca.

I fautori della Brexit sono persuasi che il Regno Unito possa trovare un’identità e un ruolo diversi da quelli ricoperti nell’Unione Europea, in particolare ricorrendo al concetto geopolitico della “Anglosfera”. Questa è un’illusione, perché il concetto stesso è superato dalla storia, derivando dalla nostalgia dell’era vittoriana, unita ai ricordi dell’eccezionalismo britannico nel mondo, descritto tanto efficacemente da Rudyard Kipling. La situazione oggi è però profondamente diversa da quella di due secoli fa: pur mantenendo solidi legami con gli Stati Uniti, Londra è sempre più marginale nella vita politica e perfino culturale del Canada, dell’Australia e della Nuova Zelanda, come anche nel Commonwealth. Anche i legami fra Londra e Washington sono destinati ad attenuarsi, in parte proprio per la perdita del ruolo di ponte con l’Europa.

Insomma, da qualunque lato la si valuti, la Brexit è un brutto colpo, che riduce il peso sia della Gran Bretagna sia dell’Europa nel suo complesso.