La netta affermazione di SYRIZA, un movimento di sinistra radicale, nelle recenti elezioni, rappresenta un cambiamento per nulla scontato nella politica greca. Le ragioni storiche dell’“esclusione” della sinistra radicale dalla politica risalgono alla guerra civile che vide scontrarsi con le armi, tra il 1946 e il 1949, forze moderate e comuniste. La sconfitta di queste ultime decretò una marginalizzazione dell’estrema sinistra a cui solo l’affermazione di SYRIZA ha posto fine.
Dopo la sconfitta nella guerra civile, infatti, molti aderenti al partito furono costretti addirittura all’esilio. Tale status durò per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, decenni di instabilità che si chiusero con il colpo di Stato dei colonnelli nel 1967. Nonostante oltre sette anni di dittatura militare, il ritorno alla democrazia nel 1974 segnò una netta vittoria elettorale dei conservatori di Nuova Democrazia, a riprova di come la sinistra, soprattutto quella comunista, fosse ancora minoritaria. Ci vollero ancora sette anni per vedere la nascita, nel 1981, di un esecutivo di sinistra moderata, quello guidato dai socialisti del PASOK e dal loro carismatico leader Andreas Papandreou – che li portò a pieno titolo nella famiglia del socialismo europeo.
Da allora, per quasi 40 anni, Nuova Democrazia e PASOK si sono alternati al potere sino al 2011, governando addirittura insieme dal 2011 al 2015. Nel frattempo le forze della sinistra radicale – se si eccettua una breve e anomala esperienza nel 1989 che vide il KKE (Partito Comunista della Grecia) e la Sinistra Greca (gli eurocomunisti) governare assieme a Nuova Democrazia – sono restate fuori dal governo e poco rilevanti sul piano elettorale.
Come ha potuto dunque SYRIZA raccogliere il consenso di più di un terzo dell’elettorato (36,3%) nel gennaio del 2015? La crisi economica esplosa nel 2009 è stata senza dubbio la condizione necessaria, sebbene non sufficiente, avendo creato uno spazio politico nuovo per chi volesse contestare i vecchi equilibri. Ma perché il partito di Alexis Tsipras si dotasse della credibilità necessaria a riempire quello spazio è stato necessario un lungo percorso. Il primo passo è stato, all’inizio degli anni Novanta, la fusione di diverse anime della sinistra radicale in una nuova formazione chiamata Synaspismos (Coalizione).
L’arrivo alla guida della Coalizione del giovane Alexis Tsipras è stata la vera svolta. Proveniente dal KKE, giunto nel Synaspismos a fine anni Novanta e abile nel costruire alleanze all’interno del Forum sociale greco – di cui è stato uno dei fondatori – Tsipras ne diventava infine il capo nel 2008 a soli 33 anni: il più giovane leader di un partito politico greco. La nuova SYRIZA – nata come cartello elettorale a inizio anni Duemila dall’alleanza tra Synaspismos, gruppi aderenti al Forum e movimenti di estrema sinistra – sotto la guida di Tsipras dimostrava da subito la capacità di rivolgersi oltre il suo elettorato di riferimento, e allo stesso tempo un pragmatismo politico insolito per la sinistra radicale. Rinunciando al rigorismo ideologico si distanziava dal Partito Comunista, sempre orgogliosamente isolato da tutto e tutti. Tsipras poteva presentarsi ai cittadini greci come un politico nuovo, fresco, in grado di offrire risposte anche “radicali” ai gravi problemi del Paese, senza tuttavia spaventare l’elettorato.
Dopo una serie di buone affermazioni nell’area metropolitana di Atene, il primo grande successo elettorale è arrivato nel 2012. Alle elezioni politiche del maggio di quell’anno SYRIZA è balzata al 16,8% dei voti (rispetto al 4,6% del 2009), attestandosi al secondo posto, appena dietro Nuova Democrazia. Il successo è stato ancora più deciso nel voto del mese successivo – necessario perché nessuna maggioranza si formava in parlamento – quando SYRIZA è salita addirittura al 26,9%.
Quel risultato convinse SYRIZA del fatto che andare al governo era ormai una possibilità concreta, benché la sinistra radicale greca fosse abituata a concepire se stessa eternamente all’opposizione. Fu poi chiaro all’interno del partito che l’idea di elaborare un serio programma di governo, come Tsipras volle fare qualche anno prima benché SYRIZA fosse ancora molto debole, non era poi così strampalata. Per arrivare al successo definitivo occorreva però trasformare SYRIZA in una forza politica che la maggioranza degli elettori potesse considerare affidabile e responsabile.
A partire dal 2012 l’obiettivo di Alexis Tsipras è stato dunque quello di presentare SYRIZA come radicale ma non anti-sistema. Lo stesso giovane leader si è preparato a un futuro ruolo di capo del governo compiendo diversi viaggi all’estero, per rassicurare quanti dubitavano non solo del suo europeismo, ma anche della sua fedeltà all’euro. La sua partecipazione al Forum di Cernobbio e il suo incontro privato con Papa Francesco ne sono forse le tappe più significative, dovute anche all’incombente voto europeo (maggio 2014) – conclusosi in Grecia con l’affermazione come primo partito.
Un risultato del genere ha portato Tsipras a fare i conti con una base elettorale molto più ampia ed eterogenea rispetto al recente passato. Gli slogan usati durante la campagna elettorale nazionale del 2015, in questo senso, ci indicano in modo chiaro come SYRIZA abbia modulato in tal senso il suo messaggio. La parola chiave è stata senza dubbio “dignità” – concetto richiamato con forza anche nel primo discorso tenuto dopo la vittoria. Uno slogan rivolto a un elettorato di sinistra, quando declinato in chiave sociale (dignità per i cittadini, dignità sociale, dignità del lavoro), ma anche a chi si è sentito ferito nel proprio orgoglio nazionale (dignità di fronte alla Troika e alle istituzioni internazionali) negli anni di commissariamento della Grecia da parte di UE, BCE e FMI.
SYRIZA si è dunque presentata come il partito in grado di ridare dignità ai cittadini greci, ma anche di riaffermare la “democrazia” e la “giustizia” (sociale e politica), altri due termini spesso richiamati negli slogan elettorali del partito. Al tempo stesso ha cercato di infondere, attraverso le sue promesse, un senso di fiducia e di ottimismo. Il tema del cambiamento politico è stato accompagnato dall’uso di parole come “speranza” e “futuro”: “La speranza arriva”, “Il futuro è iniziato”, “Votiamo per il futuro dei nostri figli”.
Particolarmente interessante è tuttavia l’uso molto frequente, e positivo, della parola “Europa” (“La Grecia avanza. L’Europa cambia” o “Cambia la Grecia. Cambia l’Europa”), e ciò al contrario di molte delle forze nate dalle ceneri dei bipartitismi europei. È una riprova della ferma volontà di SYRIZA di apparire come una forza europeista, sebbene portatrice di una proposta alternativa rispetto a quelle delle tradizionali famiglie politiche continentali. In tal senso, il tentativo della nuova sinistra greca è rilevante per la UE nel suo complesso, almeno potenzialmente, vista la dubbia stabilità e sostenibilità degli equilibri attualmente rappresentati nelle istituzioni di Bruxelles.
Alexis Tsipras è dunque riuscito a ottenere un ampio successo perché è stato capace di parlare a un elettorato molto ampio che va dalla sinistra radicale, ai delusi del PASOK, fino ai moderati. Lo stesso pragmatismo gli ha permesso di cercare e ottenere il sostegno parlamentare del partito di destra dei Greci Indipendenti, che garantisce sostegno nella battaglia per la revisione delle politiche di austerità, e lo ha portato a compiere la sua prima visita all’estero a Cipro – andando così a toccare corde molto sensibili dell’orgoglio nazionale greco. Nella difficile trattativa che lo vede impegnato con i creditori internazionali il nuovo Premier è riuscito inoltre a presentarsi come il difensore degli interessi, della dignità e dell’orgoglio nazionale del popolo greco, cosa che gli ha permesso di avere in patria un sostegno ben più ampio della maggioranza elettorale ricevuta con il voto di gennaio. Naturalmente, il contesto europeo consente margini di manovra molto ristretti a chiunque guidi il governo di Atene, rendendo fondamentali una notevole dose di creatività negoziale e un forte pragmatismo.
Il suo pragmatismo è tuttavia anche la causa del dissenso che inizia a manifestarsi nella “sinistra” del suo partito, contraria a ogni ipotesi di mediazione nei negoziati. Sino ad oggi Tsipras è riuscito a contenerlo. Saranno però i risultati che il suo esecutivo riuscirà ad ottenere nei prossimi mesi, in termini di crescita economica e di lotta alla disoccupazione, a stabilire se riuscirà a fare ciò anche in futuro.