international analysis and commentary

Obama cambia il Pentagono

357

Il Senatore repubblicano John McCain – che a suo tempo è stato fiero oppositore della nomina del collega ed ex compagno di partito Chuck Hagel alla guida del Pentagono – contraddice gli spifferi che arrivano dalla Casa Bianca e conferma che Hagel era “adatto al ruolo”. Significa che la versione ufficiale data dall’amministrazione quanto alle sue dimissioni scricchiola, e parecchio.

Barack Obama ha parlato, in sostanza, di una scelta liberamente fatta alla fine di un ciclo politico; Hagel era stato messo alla guida del Pentagono per occuparsi della delicata fase di ritiro delle truppe dall’Afghanistan e per razionalizzare i conti della Difesa, ma durante la sua guida la crisi in Siria si è intensificata, si è affacciata la minaccia dello Stato Islamico ed è scoppiata la crisi politica e militare in Ucraina. Dossier troppo ponderosi per un Segretario nominato per compiti circostanziati. La versione ufficiosa, però, quella che si legge in tutti gli indizi sparsi nei palazzi di Washington, è che Hagel sia stato licenziato per via di profonde divergenze strategiche con Obama e la sua ristretta cerchia di consiglieri.

Hagel invocava una strategia decisa per contrastare il regime di Bashar al-Assad, visione in contrasto con quella, decisamente più attendista, espressa dalla maggioranza del team della sicurezza nazionale. Lo stesso McCain ha spiegato che la settimana scorsa ha accolto nel suo ufficio un Hagel profondamente frustrato per l’assenza di un piano di azione chiaro nei dossier più delicati della politica estera. Il capo del Pentagono si sentiva a tal punto marginalizzato che durante i briefing raramente esprimeva la sua opinione davanti ai colleghi, aspettando di essere a tu per tu con il Presidente nello Studio Ovale per parlare liberamente.

Lo scontro, a colpi di voci di corridoio selettivamente passate ai media, è affiorato alcune settimane fa in un documento scritto da Hagel durante un viaggio in America Latina: il Segretario alla Difesa esprimeva la propria “grave preoccupazione per la strategia americana in Siria”, secondo la formulazione di un anonima fonte governativa. I dettagli del memo non sono noti, ma certamente il capo del Pentagono pronunciava senza giri di parole il suo disappunto per la mancanza di una linea politica su Assad. La guerra all’ISIS rischia di attribuire legittimità al regime siriano, il quale può rivendersi presso la comunità internazionale come alleato di fatto della coalizione che combatte il gruppo terroristico di Abu Bakr al-Baghdadi. Un’idea inaccettabile per Hagel, che su questo punto si è scontrato a più riprese con il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Susan Rice, la quale gode dell’incondizionata protezione del Presidente, del suo consigliere più fidato, Valerie Jarrett, e dell’onnipresente capo di gabinetto, Denis McDonough.

Negli ultimi mesi, raccontano fonti della Casa Bianca, gli attriti interni si sono fatti sempre più frequenti e profondi, e con il montare delle minacce globali sono andate crescendo anche le divergenze strategiche fra Hagel e Obama. In un contesto del genere, la storia delle dimissioni libere e volontarie diventa difficile da credere.

Inoltre, un secondo elemento importante di questo divorzio non amichevole va cercato nella clamorosa sconfitta dei Democratici alle elezioni di midterm, dettata anche dai bassissimi indici di gradimento della politica estera del Presidente. In questi casi, un capro espiatorio torna sempre comodo, e così le pagine dei maggiori giornali americani si sono riempite di fonti anonime secondo cui Hagel non era all’altezza della situazione. Con il risultato paradossale che quelli che un tempo erano i suoi avversari, come ad esempio McCain, ora testimoniano le sue indiscusse capacità di leadership.

La scelta del successore dirà qualcosa in più sulla logica adottata dalla Casa Bianca. Per il momento circolano tre nomi: Michèle Flournoy, già Sottosegretario al Pentagono e fedele consigliere del Presidente; Ash Carter, navigatissimo esperto di sicurezza nazionale che conosce bene la complicata burocrazia del Pentagono; e il Senatore democratico Jack Reed, veterano ed ex professore di West Point che si è costruito una credibilità in materia nella Commissione sulle forze armate. Si tratta di tre candidati fra loro molto diversi ma accomunati da una sostanziale convergenza con l’approccio di Obama: scelte sicure per evitare sorprese.