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Nord e Sud Corea: la storia di due traiettorie divergenti

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Nel 1966, a Pyongyang si iniziava a progettare la metropolitana, aperta poi nel 1973. Perché Seoul fosse dotata della stessa infrastruttura sarebbe stato necessario attendere l’anno successivo, ma da allora le due reti di trasporti hanno vissuto vicende ben distinte: nella capitale del Nord è oggi di soli 24 chilometri, mentre in quella del Sud arriva a 317. Questo aneddoto va tenuto presente per analizzare un paese, la Repubblica Democratica Popolare di Corea, di cui si sa veramente poco.

Alla nascita, il 9 settembre 1948, il Nord ereditò la maggior parte delle industrie e delle risorse minerarie, e in agricoltura l’utilizzo di fertilizzanti e concimi era più intenso che nelle provincie cinesi limitrofe. La ricostruzione dell’economia e l’industrializzazione negli anni ’60 furono pertanto un relativo successo, favorito dallo sviluppo del commercio con il blocco sovietico e dal trasferimento di tecnologia dai paesi socialisti.

Quanto vero c’è nella retorica del miracolo coreano – del Nord – che dominò a lungo in Europa? Anche se ufficialmente i tassi di crescita annuali erano regolarmente superiori al 10%, la realtà era meno impressionante. Da 50 anni la Corea del Nord non pubblica dati di contabilità nazionale e pertanto pressoché tutto ciò che si legge e si sente sulla sua economia è necessariamente impreciso. La stima più accreditata è comunque che nel periodo dal 1954 al 1989 la crescita media annua del PIL sia stata 4,4% e quella del prodotto pro capite 1,9%: si tratta di cifre simili all’Unione Sovietica per il PIL, ma decisamente inferiori a quelli pro capite nella maggior parte delle economie socialiste.

Se il gap rispetto al Sud aumentò con gli anni, è probabile che agli inizi degli anni ’80 esso non fosse ancora vastissimo. Nel settembre 1984, addirittura, il Nord versò 12 milioni di dollari per aiutare le vittime di inondazioni nel Sud. Il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 fu un colpo durissimo, anche perché  Mosca e Seoul allacciarono relazioni diplomatiche. Questo primo shock fu seguito dalla morte di Kim Il-sung, nel 1994, e da una serie di eventi metereologici estremi che provocarono nel Nord una terribile carestia dalle conseguenze drammatiche. Le stime del numero delle vittime variano da 220 mila a più di tre milioni. All’epoca le immagini satellitari mostravano un grande buco nero notturno sulla parte settentrionale della penisola coreana, come se ogni forma di attività umana fosse scomparsa. A distanza di 15 anni, l’inchiesta nazionale sulla nutrizione condotta nel 2012 mostra i segni inequivocabili dell’eredità della carestia: un bambino su tre soffre di rachitismo e uno su sette di malnutrizione. Più della metà della popolazione è tuttora alle prese con l’insicurezza alimentare.

Le due Coree non hanno mai concluso un accordo di pace e mantengono aperti contenziosi sulla delimitazione delle frontiere terrestri e marittime. In più, secondo la Corea del Sud, sarebbero 542 i soldati catturati durante la guerra nel Nord e ancora in vita. Ciascuna Corea rivendica la legittimità esclusiva legittima per esercitare sovranità politica sull’intera penisola e pertanto considera l’unificazione come uno degli elementi fondatori della propria identità e della propria azione internazionale.

Negli ultimi due decenni, al diapason dell’andamento ondivago delle relazioni politiche, Nord e Sud hanno registrato progressi e regressi nelle loro interazioni economiche. Come altrove, queste si sostanziano in quattro modalità principali – commercio, investimenti, aiuti e turismo – cui vanno aggiunti i flussi migratori, che sono però illegali.

Il commercio inter-coreano è aumentato quasi costantemente negli ultimi vent’anni, da appena 13 milioni di dollari nel 1991 a 1,9 miliardi nel 2010, prima di diminuire nel 2011. Fino alla fine degli anni ’90 il saldo è stato favorevole al Nord (che vende soprattutto minerali), , per poi volgere a favore del Sud e invertire nuovamente la tendenza negli ultimi anni. Il grosso dell’intercambio corrisponde a due programmi specifici di cooperazione economica, nel turismo e nell’industria leggera, e soprattutto al complesso industriale di Kaeseong (KIC). Si tratta di un progetto della Korea Land Corporation (un’agenzia pubblica) e della Hyundai Asan per erigere un parco industriale a pochi chilometri dalla zona demilitarizzata. Il numero delle imprese è passato da 18 nel 2005 a 123, i lavoratori nord-coreani da 6 mila a quasi 50 mila, il valore del prodotto (soprattutto abbigliamento, giocattoli e piccoli elettrodomestici, assemblati in esenzione d’imposta a partire da componenti importati dal Sud) è stato di 400 milioni nel 2011. Nel 2012, terminata l’esenzione quinquennale, i primi investitori sud-coreani hanno iniziato a pagare imposte al Nord, che ha unilateralmente alterato 117 delle 120 clausole dell’accordo sulla tassazione. Risultati a prima vista molto incoraggianti, anche se nel 2006 le previsioni erano ben altre: si parlava addirittura di 730mila lavoratori entro il 2012.

Il KIC permette alle piccole e medie imprese sud-coreane di utilizzare mano d’opera a basso costo e al regime di accumulare valuta. I salari (meno di 100 euro al mese) vengono pagati al governo, che ne trattiene circa il 70-90%, il che consente a Pyongyang di incassare una ventina di milioni di dollari all’anno; agli operai arriva ben poco, ma lavorare nel KIC rimane un privilegio, perché il cibo è abbondante e di migliore qualità che nel resto del paese. Difficile dire se il KIC serva anche per aprire una finestra all’economia di mercato. La Corea del Nord è uno dei pochissimi paesi al mondo a non essere membro dell’Organizzazione mondiale del Lavoro, e Human Rights Watch ha espresso gravi riserve sulle condizioni di lavoro nel KIC.

Quanto al turismo, due milioni di turisti sud-coreani si sono recati sul Monte Kumgang, con un picco nel 2007 quando furono quasi mille al giorno. Il progetto, a una cinquantina chilometri dalla frontiera, è sviluppato da Hyundai Asan, e la maggior parte dei lavoratori impegnati in questa attività sono coreani del sud d’origine cinese. A luglio 2008 una turista che passeggiando sulla spiaggia era sconfinata in territorio vietato fu uccisa da guardie del Nord, e le autorità del Sud sospesero immediatamente tutti i tour.

L’aiuto allo sviluppo è stato di 900 milioni di euro durante l’amministrazione Roh (per due terzi pubblico) prima di cadere a 150 milioni con Lee Myung-bak (con il contributo pubblico sceso a un terzo del totale). In ogni caso, solo una parte molto modesta viene affettivamente sborsata, cioè meno del 7% nel 2012, il quarto anno consecutivo in cui la cifra è rimasta  sotto il 10%.

I cittadini del Nord non possono uscire liberamente dal proprio paese e pertanto l’unica maniera per migrare nel Sud è fuggire in Cina e cercare poi di raggiungere il Laos o, ancora meglio, la Tailandia per chiedere asilo politico. I rifugiati sono quasi 26mila, con un flusso annuale che da poche unità è arrivato a quasi 3 mila nel 2009, prima di diminuire drasticamente nel 2012. La maggioranza fugge per cercare migliori opportunità economiche, ma per molti la vita nel Sud è tutt’altro che facile. Disoccupazione, criminalità, difficoltà d’integrazione, patologie psicologiche acute sono il quotidiano dei rifugiati – anche se ci sono le eccezioni come Cho Myung-chul, il primo a diventare parlamentare. Proprio Cho Myung-chul ha però dichiarato, nel 2012,  che “se la Corea (del Sud) non riesce a integrare 23 mila rifugiati, l’unificazione con 23 milioni di persone nel Nord sarà molto più difficile”. Non si deve poi dimenticare che una serie di sondaggi condotti nel Nord della RDPC dai servizi segreti sud-coreani e giapponesi ha mostrato che per tre quarti dei nord-coreani la Cina è il paese straniero preferito, mentre solo un quarto menziona la Corea del Sud.