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La transizione al vertice in Cina e le priorità di Pechino

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“Dobbiamo continuamente impegnarci con volontà indomita e portare avanti la grande causa del socialismo con caratteristiche cinesi, per raggiungere il sogno cinese di grande rinascita della nazione”: con queste parole Xi Jinping ha chiuso in conferenza stampa la prima sessione della 12esima Assemblea nazionale del popolo. Il segretario del Partito comunista cinese, nonché comandante in capo delle Forze armate, come ampiamente previsto è stato eletto anche presidente del paese dal “parlamento” cinese, che si riunisce una volta all’anno e che ratifica le decisioni prese dal Comitato permanente del Politburo. Il numero due del Partito, Li Keqiang, è stato eletto premier. Circa tremila delegati si sono riuniti a Pechino dal 4 al 17 marzo nella Grande sala del popolo, che si affaccia su piazza Tiananmen, per prendere queste e altre decisioni potenzialmente cruciali per il futuro della Cina.

Chi si aspettava richiami alle riforme politiche è rimasto ancora una volta deluso: Xi Jinping ha sottolineato che il “sogno cinese” non può prescindere dal “socialismo con caratteristiche cinesi”, e quindi dal modello del partito unico, mentre un membro del partito di alto rango come Wang Yang ha affermato, con riferimento alla crisi economica che ha investito l’Occidente: “Le cose di cui il mondo occidentale andava fiero, come il libero mercato e la democrazia, non hanno funzionato”.

Per migliorare il “benessere della popolazione” e “riconquistare la fiducia dei cittadini”, obiettivi annunciati dalla nuova leadership, Xi Jinping ha dichiarato che “dobbiamo assolutamente rigettare il formalismo, il burocratismo, l’edonismo e le stravaganze e combattere senza sosta contro la corruzione e altre cattive pratiche in tutte le loro manifestazioni”. Per raggiungere questi obiettivi Li Keqiang, nel suo primo discorso alla stampa in qualità di premier, ha fissato a 7,5% il tasso di crescita del PIL cinese per il 2013, mantenendo l’inflazione al 3,5%, con un incremento del 10% della spesa pubblica e la creazione di almeno nove milioni di posti di lavoro nel campo dell’edilizia popolare. Nei prossimi 10 anni è stato predisposto anche un piano di investimenti che può contare su un fondo di ben cinque mila miliardi di euro.

Il premier ha anche assicurato che lo sviluppo economico dovrà convivere con la tutela dell’ambiente: “Miglioreremo il modello di sviluppo economico per permettere alla gente di respirare aria pulita, garantire acqua potabile e la sicurezza alimentare”. Anche questa volta chi attendeva misure più concrete è rimasto però deluso. L’inquinamento atmosferico in città come Pechino ha raggiunto livelli impensabili: le polveri PM2.5 hanno toccato più volte una concentrazione nell’aria così elevata da non essere neanche contemplata nelle scale di valori dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Per quanto riguarda la situazione delle acque, secondo un rapporto pubblicato il 18 febbraio scorso in prima pagina dal quotidiano Strait Times di Fujian, il 90% delle falde acquifere è inquinato, il 60% gravemente inquinato. Il ministro delle Risorse idriche ha affermato lo scorso mese che il 40% dei fiumi è “gravemente inquinato” e circa 200 milioni di persone che abitano in zone rurali non hanno accesso all’acqua potabile. Per risolvere questi problemi doveva nascere un “super ministero” che si occupasse di politica monetaria, energia e tematiche ambientali. Ma è rimasto sulla carta.

Anche le misure per prevenire la corruzione dei quadri di partito restano per ora poco incisive: non è stato approvato il tanto richiesto obbligo per i dirigenti comunisti di rendere pubblici i loro conti in banca, sebbene il Congresso abbia ribadito l’intenzione di limitare il peso della burocrazia e così facendo anche di minare la corruzione. Lo snellimento dello Stato era stato annunciato come  un’operazione quasi radicale: in realtà, su 27 commissioni e ministri del governo centrale, ne sono stati cancellati solo due (e non sette). Una mossa importante è stata comunque quella per cui il ministero delle Ferrovie, considerato uno Stato dentro lo Stato e capace di accumulare 428 miliardi di dollari di debiti in 10 anni, si è fuso con il ministero dei Trasporti – un intervento che era stato proposto la prima volta già nel 2003, ma l’allora ministro delle Ferrovie Liu Zhijun si era opposto: oggi Liu è condannato a morte, con pena sospesa, per corruzione.

La Commissione per la pianificazione familiare, responsabile dell’applicazione della legge sul figlio unico, è stata assorbita dal ministero della Salute, che ora si chiama Commissione per la salute nazionale e la pianificazione familiare. La Commissione per la pianificazione familiare è stata mandata in pensione proprio subito dopo l’annuncio, seguito da scrosci di applausi, dei suoi risultati: dal 1971 è stata impedita la nascita di 336 milioni di bambini. Molti però si attendono l’abolizione della legge dal momento che la forza lavoro in Cina è in forte calo e il peso sociale di una popolazione che invecchia mal si combina con la volontà del Dragone di diventare la prima economia del mondo.

A fronte dei suoi numerosi problemi sociali, la Cina concentrerà molte risorse sul rafforzamento della proprie capacità militari. La quinta generazione di leader comunisti ha messo a disposizione dell’esercito per il 2013 116 miliardi di dollari, (10,7% in più rispetto al 2012), con una linea che ha naturalmente anche delle ripercussioni internazionali: il forte aumento delle spese preoccupa infatti soprattutto paesi come Giappone, Filippine, Vietnam e Taiwan, che sono in disputa con Pechino per isole contese nel Mar Cinese meridionale e orientale. Bisogna però notare che, dal 1989, la spesa militare cinese è sempre cresciuta in doppia cifra (tranne un anno): l’aumento delle spese non è dunque da considerarsi automaticamente come un segnale di bellicosità. Del resto, il governo spenderà di più anche per la “stabilità interna”, che come annunciato da Xi è un obiettivo prioritario: per polizia, polizia web, spie e altri apparati di sicurezza, Pechino infatti impiegherà 124 miliardi di dollari (8,7% in più rispetto al 2012).

Certamente, una sfida cruciale per la nuova leadership sarà quella di combinare a contemperare le priorità interne con quelle esterne, soprattutto nell’ottica degli interessi e delle responsabilità regionali della Cina – come ha brutalmente ricordato a tutti la Corea del Nord.