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La spaccatura nel jihadismo internazionale: ISIS contro Al-Nusra in Siria

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“I nostri cuori e quelli della Umma sono rammaricati per lo scontro fra mujaheddin in Siria. Esortiamo tutti i gruppi jihadisti in Siria a unirsi per far cadere il regime criminale di Al-Assad e porre fine a questa sedizione (fitna)”, dichiarava l’egiziano Ayman al-Zawahiri, attuale leader di Al-Qaeda, in un messaggio audio del 23 gennaio scorso indirizzato ai combattenti in Siria. La presa di posizione giunge a distanza di alcuni mesi dalla grave spaccatura in Siria fra le due principali formazioni jihadiste che combattono, o quantomeno dovrebbero combattere, il regime di Damasco, l’ISIS (Islamic State of Iraq and Sham), da una parte, e il Fronte Al-Nusra (Sostegno), dall’altra. Il leader di Al-Qaeda è intervenuto per definire agli occhi della comunità islamica internazionale, la Umma, e in particolare dell’audience jihadista, la sua visione dello scontro fra i due maggiori gruppi jihadisti sul territorio siriano.

Il primo gruppo, lo Stato Islamico in Iraq, è l’ala irachena di Al-Qaeda, che dopo l’inizio del conflitto in Siria è diventato “Stato Islamico in Iraq e nel Levante”, perseguendo la sua jihad soprattutto nella regione nord-orientale della Siria, a ridosso del confine con l’Iraq. Negli ultimi mesi, questa organizzazione, ben preparata e ben equipaggiata dal punto di vista militare, con diversi anni di esperienza di combattimento, è entrata in conflitto con l’altro gruppo, Al-Nusra, nato dopo la rivoluzione siriana. È uno scontro senza precedenti nella storia della jihad contemporanea, che preoccupa anche i paesi occidentali da cui stanno partendo, e in cui rientrano, alcuni mujaheddin. È ben noto che Al-Qaeda è divenuta una sorta di franchise dopo l’11 settembre 2001, ma non deve sfuggire il fatto decisivo che l’organizzazione non soltanto è stata polverizzata, dando vita a gruppi regionali totalmente indipendenti, ma la sua leadership centrale (la cosiddetta “Qa’idat-al-Jihad – Comando Centrale”, guidata da Al-Zawahiri) non è più in grado di dettare e far rispettare le guidelines, come accadeva invece sotto la reggenza di Osama bin Laden. Non solo: i sanguinosi eventi siriani mettono in evidenza una vera e propria spaccatura in seno alla corrente jihadista globale – una fitna, come la chiamano gli arabofoni di fede islamica – tra coloro che sostengono l’ISIS e coloro che invece sostengono Al-Nusra. Mesi fa lo stesso Al-Zawahiri aveva chiaramente affermato che l’ISIS sarebbe dovuto rientrare in territorio iracheno, e nel caso da qui sostenere con uomini e mezzi la jihad siriana, ma che l’unica organizzazione legittimata a operare in Siria in nome della jihad globale incarnata da Al-Qaeda sarebbe dovuta essere Al-Nusra. Non soltanto il suo ordine è stato disatteso, ma, per la prima volta, i sostenitori dell’ISIS sono arrivati a biasimare il leader di Al-Qaeda, esortandolo a fare marcia indietro sulle sue posizioni. Al-Qaeda sta cercando di adeguarsi al nuovo assetto geopolitico dell’intera regione, legittimando la presenza di organizzazioni locali indipendenti ma fedeli alla sua ideologia. Questa è l’idea di Al-Zawahiri, che mette anche in guardia dagli attacchi contro i musulmani. In questo senso, Al-Nusra incarna l’ideologia zawahiriana, mentre l’ISIS incarna una jihad sul modello di quella irachena, che (in particolare del periodo di Abu Musab al-Zarqawi – fondatore dell’ala irachena di Al-Qaeda) ha condotto numerosi attacchi contro altri musulmani, legittimati secondo l’ideologia del takfir, che consiste nell’accusare d’infedeltà altri fedeli islamici di apostasia o eresia. Al-Zarqawi – fondatore di quello che oggi è l’ISIS – fu tra gli artefici di tale strategia, che non soltanto fece perdere popolarità ad Al-Qaeda, ma portò lo stesso Bin Laden a prenderne le distanze.

In ultima analisi, il fatto più grave per l’immagine dell’ISIS, che ha contribuito ora alla presa di posizione critica da parte di Al-Zawahiri, è l’accusa di collusione con il regime di Damasco. Una serie di documenti ufficiali siriani sono recentemente trapelati e sono stati pubblicati dal panarabo Asharq al-Awsat. Da uno di questi, firmato il 1° settembre 2013 dal colonello Haydar Haydar, capo del comitato di sicurezza di Nabal, Aleppo, e indirizzata al capo dell’Ufficio di Sicurezza nazionale siriana, generale Ali Mamluk, si evince che vi sarebbe un coordinamento fra il regime di Assad e alcuni gruppi islamisti combattenti, in primis appunto l’ISIS. Inoltre, nel documento si legge che il regime ha suoi uomini, alcuni di alto livello, all’interno dell’organizzazione jihadista (una notizia confermata da una fonte siriana dell’opposizione in Italia, che ha preferito mantenere l’anonimato). Secondo gli stessi documenti, l’obiettivo del governo di Damasco sarebbe quello di rafforzare la sua presenza all’interno dell’ISIS e utilizzare la roccaforte dell’organizzazione a Raqqa, nel nord-est del Paese, (dove è stato rapito l’italiano padre Dall’Oglio) come base di retroguardia nella sua campagna di riconquista militare del Paese. Dal punto di vista operativo, e in attesa che tali documenti trovino conferma in ulteriori fonti, analizzando alcuni fatti recenti è difficile non dubitare quantomeno dell’esistenza di un canale aperto fra ISIS e regime di Damasco. “Le postazioni dell’ISIS non hanno mai subito un attacco da parte del regime”, fa notare la fonte siriana, come nelle recenti operazioni a Raqqa e Aleppo, condotte senza mai scontrarsi apertamente con gli uomini dell’ISIS.

Ci sono gravi motivi di preoccupazione anche oltre i confini della regione, in termini di condizionamento sulle masse islamiche radicali, soprattutto in Europa: condizionamento che l’ISIS, più di Al-Nusra, sta esercitando. Basti guardare il video pubblicato lo scorso venerdì 4 aprile su YouTube dal movimento islamista radicale britannico “Need4khilafah”, che, durante una manifestazione a Londra contro il regime siriano e l’esercito libanese, ha esibito il seguente slogan (volutamente impreciso in termini grammaticali): “Islamic State Is Solution”, evidenziando le iniziali di ogni parola e ottenendo l’acronimo “ISIS”.