international analysis and commentary

La diversificazione energetica nel Maghreb: il caso Desertec

415

Il Nord Africa e il Medio Oriente svolgono da decenni un fondamentale ruolo di fornitore energetico per l’Europa. Da alcuni anni, diversi Paesi della regione stanno perseguendo progetti di diversificazione economica basati, principalmente, sullo sviluppo di fonti rinnovabili non fossili: alla base di queste scelta c’è soprattutto la crescente domanda mondiale di energia

La “Desertec Industrial Initiative” è tra i più notevoli progetti in itinere nella regione nordafricana: è un caso di cooperazione euro-mediterranea con l’obiettivo di creare una rete di interconnessione energetica da fonti rinnovabili. Il progetto prevede la costruzione di una serie di reti di centrali solari ed eoliche in Marocco, Algeria e Tunisia; a partire dal 2020 è programmata poi la posa di nuovi cavi attraverso il Mediterraneo e la Turchia verso l’Europa e l’allargamento delle connessioni ad altri paesi quali Egitto, Siria, Libia e Arabia Saudita. Creato alla fine del 2009, il consorzio diverrà pienamente operativo solo dal 2015, con un costo complessivo intorno ai 400 miliardi di euro.

“Desertec” sarà una joint venture che coinvolgerà numerosi soggetti istituzionali e privati, tra i quali spiccano le imprese di settore europee e nordafricane. I paesi dell’Unione Europea puntano così ad assicurarsi, entro il 2050, il 15% del proprio fabbisogno energetico. La scelta di Marocco e Algeria quali sedi principali per ospitare i primi impianti del consorzio risponde a due considerazioni: si tratta di due paesi non direttamente interessati dalla recente stagione di proteste politico-sociali, e comunque già orientati a sviluppare progetti di green energy con i partner europei.

Il Marocco dipende attualmente dalle importazioni di idrocarburi, e il consumo elettrico nazionale dal 2002 è aumentato del 7% annuo. Il governo è impegnato in una strategia di diversificazione degli approvvigionamenti energetici: il Ministero dell’Energia e delle Miniere ha stanziato circa 9 miliardi di dollari per progetti di clean technology puntando a utilizzare un terzo dell’energia per la produzione interna ed esportandone due terzi verso l’Europa.

Politiche simili sono state avviate in Algeria, con la realizzazione di un  Programma Nazionale di Sviluppo delle Energie Rinnovabili (PNER):  l’obiettivo è di coprire, entro il 2013, il 40% del proprio fabbisogno elettrico con fonti non fossili. Il paese nordafricano diventerebbe così anche il principale fornitore di energia pulita verso i mercati europei, essendo già per l’Europa uno dei suoi principali fornitori di idrocarburi. Grazie al programma nazionale e al consorzio “Desertec” verranno individuati 67 impianti nel deserto, per un costo complessivo di circa 15 miliardi di euro nel prossimo decennio. Si punta, dal 2030, a produrre il 40% dell’energia elettrica per il consumo nazionale e il resto per il mercato europeo.

Va detto che “Desertec” sta incontrando alcuni seri ostacoli, a cominciare dalla crescita dei costi; vi sono anche questioni tecniche legate al trasporto dell’elettricità – data l’esiguità delle infrastrutture oggi presenti – e ai soggetti che finanzieranno effettivamente un’impresa di grandi dimensioni. Infatti, a parte il collegamento tra Marocco e Spagna attraverso Gibilterra, le altre reti hanno un termine temporale non ancora definito, e non è ben chiaro in che misura saranno i privati a contribuire alla realizzazione del progetto e quanto, invece, i soggetti istituzionali (quali la Banca Mondiale,) saranno chiamati a fornire una parte cospicua dei finanziamenti.

Nonostante le indubbie difficoltà economiche, politiche e tecniche, “Desertec” potrebbe rivelarsi una grande occasione di sviluppo per i paesi nordafricani, soprattutto come strumento di vera integrazione regionale – che è sempre stata carente in termini “orizzontali” sulla sponda Sud del Mediterraneo. In una fase di delicata transizione in molti paesi dell’area, una prospettiva di crescita economica complessiva sarebbe di cruciale importante. Infine, il progetto ha anche un potenziale politico nella misura in cui facilitasse una distensione dei rapporti bilaterali tra Algeria e Marocco, che tuttora sono complicati dalla questione del Sahara occidentale.