“Nonostante la recessione, non dobbiamo dimenticare la difesa del clima” ha esordito la Merkel in un suo discorso a fine marzo. La Cancelliera non è stata l’unica a parlare di clima in queste settimane in Germania. Anche il sottosegretario all’Ambiente, la social democratica Astrid Klug, ha ribadito che in questo momento di crisi così grave per il paese, il tema dell’ambiente non può essere relegato in secondo piano. Anzi, deve essere valorizzato e rafforzato. Non solo e non tanto perchè la Germania ha preso degli impegni in sede europea e internazionale e deve mantenerli come ha sempre fatto, ma anche perchè potenziando il settore delle energie rinnovabili si creano nuovi posti di lavoro. Attualmente il settore garantisce 250 mila posti di lavoro, ma questo numero potrebbe triplicare nel 2020. Inoltre, quasi 2 milioni di persone, ovvero il 4,5 per cento della forza lavoro tedesca, lavorano in ambiti legati alla protezione ambientale. Vale la pena ricordare che molti istituti di ricerca tedeschi concordano nel prevedere per l’anno in corso una contrazione dell’economia dell’ordine del 6-7 per cento del Pil, ben oltre la previsione del governo rimasta ancora al 2,5 per cento. In ogni caso, se la stima governativa si rivelasse esatta, secondo uno studio dell’Ufficio federale del Lavoro il numero di disoccupati in Germania salirebbe a 3,6 milioni nel 2009; un calcolo considerato comunque prudente visto che già nel mese di febbraio ammontavano a 3,3 milioni. Maggiori investimenti nel settore delle energie rinnovabili e maggiore spesa pubblica per la difesa del clima potrebbero creare nuovi posti di lavori, contribuendo a contrastare la recessione. Peraltro, la Germania è leader mondiale in questi settori: “dobbiamo continuare ad esserlo” ha ribadito la Klug.
La questione dell’ambiente sta ritornando al centro dei dibattiti politici in Germania, anche nell’ambito delle sessioni negoziali preparatorie per la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici che si terrà a Copenhagen il prossimo dicembre. L’obiettivo è rafforzare gli impegni presi in campo internazionale e soprattutto ampliare la platea dei paesi coinvolti, includendo anche quelli in via di sviluppo. Ma, naturalmente, i riflettori sono tutti puntati sull’amministrazione Obama.
Il riferimento della Merkel e della Klug al clima avviene dopo un lungo periodo in cui il tema sembrava avesse perso interesse per la politica tedesca. Eppure la Germania è uno dei paesi europei più sensibili all’ecologia. La stessa Merkel aveva messo l’ambiente al centro dell’agenda politica, tanto da aver guadagnato negli anni il titolo di “Cancelliera verde”. Basti ricordare che nel 2007, in veste di presidente del G8, dopo negoziati estenuanti riuscì a far annunciare l’impegno a ridurre le emissioni di anidride carbonica in un’ottica di lungo periodo. Nonostante il documento non fissi l’obiettivo del dimezzamento dei gas serra entro il 2050 come voleva l’Europa, quel vertice è stato comunque considerato un successo.
Appena un anno dopo, tuttavia, con l’aggravarsi della crisi, la posizione della Merkel è profondamente cambiata: al Consiglio europeo del 12 dicembre scorso la Germania ha fatto una vera marcia indietro. Il summit si proponeva di approvare il cosiddetto “piano 20- 20- 20” (riduzione del 20 per cento per le emissioni di gas serra, aumento del 20 per cento di energia prodotta da fonti alternative pulite, entro l’anno 2020). La Merkel, senza troppi giri di parole, aveva dichiarato in un’intervista al quotidiano tedesco Bild di voler porre un freno a queste misure ecologiche data la recessione: “Non darò mai il mio consenso a misure che comportino appesantimenti insopportabili per le imprese e abbiano ricadute negative sull’occupazione”. Per un paese come la Germania, con un sistema economico esposto alla congiuntura internazionale, il piano proposto in sede europea rischiava di essere estremamente costoso, mettendo a dura prova la competitività di un settore industriale già fortemente penalizzato dalla crisi in atto. Ad esempio, si era calcolato che il settore dell’acciaio avrebbe dovuto sopportare costi aggiuntivi pari a 50-100 miliardi di euro entro il 2020. La Merkel, senza stravolgere gli obiettivi di lungo periodo, chiese delle deroghe, ottenendole. Il “piano 20-20-20” fu approvato, ma tenendo conto della sostenibilità economica delle misure ecologiche. La Merkel definì la decisione un “successo”, ma le critiche non mancarono: non solo da parte dei verdi come era ovvio, ma anche da parte di esponenti di spicco all’interno della Cdu che si domandarono dove fosse finita la passione ambientalista della cancelliera.
La Merkel sembrava infatti avere abbandonato la bandiera ambientalista a favore degli interessi delle potenti lobby industriali tedesche. L’atteggiamento ondivago tenuto dalla cancelliera piace però sempre meno. La mancanza di una linea precisa, anche in tema di ambiente, sembra indebolire la sua leadership e di conseguenza anche il partito, che continua infatti a perdere consensi a poco meno da sei mesi dal voto. Dopo il dietrofront sul clima di dicembre, la cancelliera sta tornando sui suoi passi, e ora tenta di rilanciare. Restano molti aspetti poco chiari: non si spiega, ad esempio, quali potrebbero essere gli strumenti pubblici da utilizzare, mentre si continua a ribadire con fermezza la necessità di una politica del rigore. Come noto, la posizione del governo tedesco è che la Germania ha già fatto molto per rilanciare l’economia e che ora bisogna aspettare che le misure diano i loro frutti. In altre parole, la Grosse Koalition non prevede di varare ulteriori aiuti pubblici.
Se il mantenimento della linea del rigore finanziario è sicuramente importante, la Cancelliera sembra però dimenticare che vi è una sostanziale differenza tra spendere danaro pubblico per aiutare settori in crisi che sembrano non avere più prospettive, e investire nel settore dell’ambiente che invece rappresenta il futuro. Distinzione che, al contrario, il presidente Obama sembra tenere a mente: anche per questo ha convocato a Washington i leader della maggiori economie mondiali ad un Forum internazionale sul clima e sull’energia il 27 e 28 aprile.
Per ora, la Germania si deve accontentare degli 81 milioni di euro che il governo ha destinato al settore delle energie rinnovabili e alla difesa dell’ambiente. Chissà se sarà sufficiente a fare del settore verde “il volano dell’economia tedesca” come auspica il ministero dell’Ambiente.