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Incroci europei

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Barroso e l’incarico a Monti
Grandi movimenti in corso da parte di Manuel Barroso, che secondo Le Monde approfitta di questo periodo di interregno – fino alla nomina della nuova Commissione – per marcare il proprio territorio. Il primo atto politico del Presidente riconfermato è stato infatti di affidare a Mario Monti il compito di studiare misure di rilancio del mercato unico. La preoccupazione di Barroso è che il principale acquis dell’integrazione europea non regga al “nazionalismo” economico scatenato dalla crisi finanziaria. In particolare in Germania: Angela Merkel è sotto osservazione per le implicazioni del caso Opel (la distorsione delle regole della concorrenza).

Ma i dubbi di “nazionalismo” riguardano anche la Francia. Non solo per gli aiuti di Stato; anche per la proposta, avanzata da Xavier Bertrand, segretario generale dell’UMP, di definire un “criterio nazionale” del deficit pubblico. Se nel caso tedesco prevale un’aspirazione al rigore (la Germania ha deciso di iscrivere nella propria Costituzione l’obbligo di un bilancio in pareggio entro il 2020), nel caso francese l’idea di un “criterio nazionale” sul deficit sembra invece preludere alla volontà di liberarsi dai criteri di Maastricht. Naturalmente, l’aumento dei deficit è una della conseguenze generali della gestione della crisi: quando venti su ventisette paesi sono sotto procedura di infrazione, è legittimo chiedersi – questa la logica di Bertrand – se i numeri di Maastricht non siano ormai superati nei fatti.

Per Mario Monti, concorrenza e fiscalità sono due facce della stessa medaglia: di un tentativo, indispensabile, di combinare mercato e coesione sociale. Il mercato interno potrà essere salvato, questo il ragionamento, solo sulla base di un “patto” fra le economie continentali e quelle anglo-sassoni. Le prime dovranno impegnarsi di nuovo nel rispetto delle regole della concorrenza; le seconde dovranno accettare un certo grado di coordinamento fiscale. Cosa estremamente difficile, visto che la fiscalità, in Europa, resta soggetta a decisioni all’unanimità. Ma necessaria, secondo Monti, per mantenere sufficiente consenso, in Europa, attorno al mercato interno.

La nomina di Monti ha colto di sorpresa Michel Barnier, euro-deputato francese che aspira al portafoglio del mercato interno nella prossima Commissione europea; e che potrebbe sentirsi depotenziato in anticipo. Affidando una riflessione strategica a Monti, Barroso – considerato debole per definizione – ha voluto segnalare un desiderio di autonomia di Bruxelles dalle capitali nazionali: in particolare sul punto decisivo di forza della Commissione, il suo ruolo di “guardiano” delle regole del mercato unico.

Il progetto di Pierre Lellouche
Un certo grado di coordinamento fiscale fa anche parte del piano promosso da Pierre Lellouche, il Ministro francese per l’Europa. In un articolo di qualche giorno fa, Lellouche ha scritto che Parigi e Berlino dovranno formare il “cuore” di quella che può essere definita la terza fase della storia europea del dopoguerra.

L’idea francese non è di formare una “avanguardia istituzionale”. E’ di partire dalle politiche. Nella proposta di Lellouche, Francia e Germania dovrebbero promuovere: una politica industriale volta alla costruzione di campioni europei; investimenti congiunti nelle tecnologie pulite; un piano europeo per l’indipendenza energetica; progressi verso il coordinamento fiscale e sviluppi ulteriori nel campo della difesa. In sostanza, si tratta di un’agenda franco-tedesca per l’Europa, che dovrebbe essere discussa a una riunione congiunta dei due governi entro la fine dell’anno.

Come nota l’Economist, una delle premesse da cui muove Parigi, nella sua iniziativa verso Berlino, è che la Gran Bretagna scivolerà ai margini dell’Europa, nel caso – probabile – di vittoria di David Cameron alle elezioni politiche della primavera 2010.

In teoria, si chiude così la seconda fase non della storia europea (come direbbe Lellouche) ma della politica europea di Nicolas Sarkozy. La prima fase era stata segnata da una notevole diffidenza verso Angela Merkel e da un tentativo di avvicinamento a Londra. La seconda, prevalente nella gestione della crisi finanziaria, è stata caratterizzata dal “core” dei grandi paesi europei, con ai vertici Londra, Parigi, Berlino, e in larga parte anche Roma. La terza vede invece il rilancio francese su un asse – quello carolingio – che si ritiene consolidato dai risultati delle elezioni tedesche.

Ma è proprio così? Come ha scritto per noi Riccardo Perissich, persistono differenze importanti fra le due capitali: differenze di politica economica, differenze di concezione sull’Europa (per esempio in materia di indipendenza della Banca centrale), differenze nella politica energetica. Molto difficile, quindi, che il piano Lellouche si realizzi. Ma è un reminder utile delle poste in gioco per Roma, nel dopo-Lisbona.