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Il secondo pacchetto anticrisi e la “Cancelliera dell’armonia”

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Questa crisi deve essere anche un’opportunità”. Con queste parole, pronunciate a margine della riunione in cui ha presentato il più vasto programma di misure mai realizzato nella storia della Germania Federale, la Cancelliera ha chiuso a suo vantaggio una partita politica difficile. Con l’aggravarsi della crisi, il governo tedesco sembrava paralizzato, in ritardo rispetto alla complessità della situazione.

Sarkozy aveva detto a dicembre: “la Francia agisce, la Germania riflette”. La Merkel, però, non si è fatta condizionare e non ha perso le staffe. Sa bene che il processo decisionale tedesco è diverso da quello francese. Ha preso il suo tempo, ha mediato, e  a metà gennaio ha predisposto un secondo pacchetto, questa volta di dimensioni ciclopiche, tale da mettere d’accordo tutti. Un modo per azzittire le critiche esterne ma, soprattutto, per raccogliere consensi all’interno della Grosse Koalition. Infatti, tanto più la gestione della crisi sarà condivisa, tanto più essa si trasformerà in un’opportunità per la Cancelliera: quella di vincere le prossime elezioni.

Il secondo pacchetto anticrisi prevede 50 miliardi di euro da distribuire – in due anni – in tre grandi blocchi di spesa: 17-18 miliardi in investimenti in infrastrutture (strade, scuole, asili nido), 9-10 miliardi a riduzione dei contributi sociali a carico delle imprese e del settore sanitario e 8-9 miliardi a riduzione delle tasse (diminuzione dell’aliquota fiscale dal 15 al 14%  e ampliamento della no tax area che passa da 7.664 a 8.004 euro). Sono previsti anche sussidi per chi decide di rottamare la vecchia auto (2.500 euro) e acquistarne una ecologica, e bonus di 100 euro alle famiglie con bambini. L’Esecutivo ha, inoltre, predisposto un “Fondo Germania” del valore di 100 miliardi per garantire il credito alle imprese in difficoltà e aiutarle a finanziare investimenti ed esportazioni. Le misure dovrebbero entrare in vigore il prossimo 1° luglio, previo passaggio in febbraio al Bundestag.

Il pacchetto di gennaio e quello di novembre ammontano a 81 miliardi e insieme pesano per circa 1,6% del PIL annuo. “L’ampiezza del pacchetto riflette le dimensioni della crisi e la determinazione del Governo” ha commentato la Merkel durante la presentazione delle misure al Parlamento. “Se mi guardo intorno in Europa, non vedo veramente chi fa più di noi e chi lo fa in un modo più adeguato di noi”, ha poi concluso. 

Servirà un pacchetto così vasto a stimolare l’economia di un paese che si aspetta per l’anno in corso una contrazione del PIL del 2%, delle esportazioni dell’8,9% e delle importazioni del 5%? Un paese in cui si prevede un incremento dei disoccupati oltre la soglia dei quattro milioni? L’esperto economico della Cancelliera e giovane economista della Bundesbank, Jens Weidmann, è fiducioso. Secondo i dati forniti dalla Merkel la dimensione del programma dovrebbe sortire un effetto-fiducia tale da generare un incremento di almeno l’1,5% del prodotto interno lordo, con uno stimolo ai consumi interni di circa lo 0,8%. Weidmann stima, inoltre, che circa duecentocinquantamila posti di lavoro saranno salvati e molti altri creati, in particolare nel settore delle infrastrutture. Di questi giorni è la notizia di una ripresa della vendita d’auto di circa duecentomila unità in più e di un leggero incremento dell’Indice Ifo, che riflette la fiducia delle aziende tedesche. Piccoli ma importanti miglioramenti che rafforzano un timido ottimismo.

Tanti, però, sono i delusi. Il pacchetto è stato giudicato tardivo: le misure entreranno in vigore solo a partire dal prossimo luglio; i primi effetti, quindi, sono attesi non prima della fine dell’anno in corso. Le misure relative al calo del carico fiscale sono considerate insufficienti. La Federazione dei contribuenti tedeschi ha, infatti, definito “ridicola” la prevista riduzione di un punto percentuale dell’aliquota fiscale di base. Si calcola che una persona con un reddito annuale di 25.000 euro avrà circa 130 euro in più da spendere durante l’anno: 15 euro al mese che i tedeschi, vista la gravità della crisi, potrebbero decidere di risparmiare, vanificando l’atteso effetto positivo sulla componente interna dei consumi. Anche nel settore delle infrastrutture, le misure sono ritenute inadeguate. I sindacati calcolano che servirebbero almeno il doppio degli investimenti rispetto ai previsti 17-18 miliardi di euro.

La critica più secca arriva dai liberali, forti del loro netto successo elettorale in Assia. Secondo il leader Guido Westerwelle, il pacchetto anticrisi, dopo tre anni di virtuosa austerità, potrebbe portare il rapporto deficit/PIL al 3% nell’anno in corso e oltre il 4% nel 2010. Un forte ostacolo alle riforme, da sempre cavallo di battaglia dei liberali.

Consapevole del rischio denunciato da Westerwelle, la Merkel ha annunciato la creazione di un fondo per ripagare al più presto il debito che si verrà a creare dagli 81 miliardi. Sua intenzione è, inoltre, modificare la Costituzione tedesca per limitare – in tempi normali – il disavanzo allo 0,5% del PIL. “Ogni miliardo di nuovo debito limita ancora di più il nostro margine di manovra futura”, ha recentemente sottolineato la Cancelliera. E così, appellandosi alla Verantwortung (responsabilità) ha rincarato la dose, in un recente discorso, citando il vecchio detto per cui uno pfenning risparmiato è uno pfenning guadagnato. “Non si può vivere al di sopra dei propri mezzi nel lungo periodo”, ha concluso.

Malgrado questa sua rinomata ortodossia finanziaria, dopo tanti “no”, la Merkel ha dunque ceduto. Più che di un cambiamento di rotta, si è trattato di un’attesa necessaria: attesa di avere un largo consenso di tutti gli attori principali, compresi i Länder, perché così funziona il sistema complesso della politica tedesca. Come ha scritto in gennaio il Financial Times, “Il presidente francese è un violinista, la Cancelliera è un direttore d’orchestra”.

Mentre le elezioni si avvicinano, la Merkel non vuole né conflitti, né perdenti. Come sostiene Der Spiegel, non cerca la Leardership ma semplicemente “l’Armonia”. Una soluzione di compromesso che, come commenta il Handesblatt, “non farà grossi danni ma neanche porterà grossi benefici”.

In questo delicato momento, la “Politica dell’Armonia” fa comodo non solo alla Merkel e alla Cdu, ma anche alla Spd. Joachim Poss, capo gruppo dei social democratici, ha dichiarato recentemente “grazie a Dio, abbiamo una Grosse Koalition”. La Coalizione assicura, infatti, stabilità economica e sociale, stemperando i conflitti. E per un partito in crisi di consensi come la Spd, forse, l’unico modo per arginare la litigiosità interna e mantenere un’identità forte è proprio quello di restare al Governo con una Grosse Koalition. Nel caso in cui i social democratici andassero all’opposizione verrebbero, con ogni probabilità, cannibalizzati dalla sinistra radicale. Joschka Fischer, ex-Leader dei Verdi ed ex-Ministro del Governo Schroeder, è stato chiaro a questo proposito. “la Grande Coalizione ritornerà al potere perché la crisi economica non permette a Steinmeier (candidato alla Cancelleria in quota Spd) di occupare una posizione di centro”.

Ma l’esperienza tedesca insegna che le elezioni si vincono nelle ultime 4 settimane. C’è ancora tempo per le sorprese.