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Il Libano e la minaccia jihadista nel Levante arabo: un contagio inevitabile

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Il progetto espansionistico dello Stato Islamico e del suo auto-proclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi rappresenta una minaccia concreta per il Libano.

Attualmente alcune cellule legate allo Stato Islamico sono penetrate nella zona di cerniera tra la regione montuosa di Qalamun in Siria e la regione di Arsal in Libano. Proprio ad Arsal, all’inizio del mese di agosto, si è consumata un’intensa battaglia tra le Lebanese Armed Forces (LAF) e i combattenti dello Stato Islamico, sostenuti da altre milizie islamiste, tra cui la Jabhat al-Nusra. Per quanto le due parti abbiano raggiunto una tregua precaria, la crisi della zona di Arsal è tutt’altro che risolta: gli scontri continuano e sono in corso negoziati per la liberazione di alcuni membri delle LAF e delle Internal Security Forces (ISF) libanesi. Uno di essi è stato giustiziato con la decapitazione dalle forze di Al-Nusra.

Questi scontri recenti sono in realtĂ  il prodotto di un lungo e complesso processo. Grazie alla sua posizione frontaliera, sin dall’inizio della guerra in Siria, Arsal è diventato il naturale bacino di accoglienza di molti rifugiati siriani. Le cifre ufficiali dell’ONU (giugno 2014) parlano di circa 40.000 siriani presenti nella zona, mentre dati ufficiosi suggeriscono che questo numero potrebbe crescere addirittura fino a 100.000.

Villaggio della valle della Biqaa a maggioranza sunnita, circondato da villaggi a maggioranza sciita, Arsal ha vissuto in pieno la dinamica di “confessionalizzazione” del conflitto siriano – trasformatosi gradualmente da una lotta tra i ribelli e il regime di Bashar al-Assad in uno scontro tra gruppi di appartenenza confessionale differente, in primis tra sunniti e sciiti. Questo processo è stato ovviamente esacerbato dall’ingresso nel conflitto delle milizie jihadiste.

Ma l’interdipendenza di Arsal con la contigua regione siriana di Qalamun si inscrive anche nella storia. La sostanziale assenza dello Stato libanese nelle periferie del suo territorio, tra cui la valle della Biqaa, ha fatto sì che l’economia di Arsal trovasse uno dei suoi principali perni nel commercio e nel contrabbando con la Siria. La permeabilità del confine nominale è legata al fatto che una frontiera vera e propria tra la Siria e il Libano in molte fasce (non solo Arsal) non è mai esistita.

Inoltre, fin dall’inizio della guerra siriana nel 2011 la popolazione di Arsal ha simpatizzato per i ribelli anti-Assad, e proprio qui alcune unità di combattenti libanesi si sono organizzate per unirsi alla lotta siriana di liberazione dal regime di Damasco, con appoggi finanziari di alcune influenti famiglie sunnite del villaggio. Questo fattore ha rafforzato il valore strategico di Arsal per i ribelli, ma anche per le milizie jihadiste che hanno potuto dunque instaurare qui una base.

Questa dinamica è stata esacerbata nel maggio-giugno 2013 dalla sconfitta dei ribelli e delle milizie jihadiste nella battaglia di Qusayr, una localitĂ  poco piĂą a nord di Arsal. In quell’occasione, a sostenere militarmente l’esercito pro-Assad c’erano, infatti, le milizie di Hezbollah, il partito sciita libanese. Anzi, proprio a partire da quel momento Hezbollah rese ufficiale la sua presenza nello scacchiere bellico siriano in difesa del potere damasceno. Da quel momento la penetrazione del Libano da parte dei jihadisti è stata ulteriormente motivata dall’aver individuato in Hezbollah uno dei nemici dichiarati sul campo di battaglia.

Dal suo canto, Hezbollah ha fatto della difesa del confine libanese il cavallo di battaglia per giustificare la propria presenza in Siria (in particolare nella cerniera Qusayr-Arsal) agli occhi di quelle frange dell’apparato politico e della società che hanno pesantemente criticato la sua campagna militare al fianco di Damasco. Inoltre, Hezbollah ha guadagnato il consenso di buona parte dei cristiani in Libano, sfruttando la sua alleanza politica con il partito cristiano di Michel Aoun, e facendo propria la narrativa di Assad del conflitto siriano come di “una battaglia contro i takfir (musulmani apostati) in difesa della pluralità confessionale nel Levante arabo”. Non a sorpresa, questo tipo di sostegno si è intensificato man mano che ad Arsal la minaccia jhadista, rappresentata prevalentemente da Al-Nusra e dallo Stato Islamico, è diventata concreta, minacciando l’intero Libano.

In questo frangente due principali fattori di novità si possono riscontrare sul campo e nella dimensione squisitamente politica. Negli ultimi due anni, lo scollamento della popolazione di Arsal dallo Stato ha fatto sì che l’esercito, per di più percepito come alleato di Hezbollah, non potesse neppure entrare nel villaggio, ma si fermasse alle frontiere del territorio; tuttavia, la presa di controllo delle milizie jihadiste ha cominciato a creare malumori presso la popolazione, e alcuni vedono adesso di buon occhio la massiccia presenza delle LAF in difesa del villaggio.

Intanto, anche gli assetti internazionali potrebbero cambiare: alcuni stati del Golfo – e in particolare l’Arabia Saudita, molto influente su alcuni attori politici in Libano – hanno sostenuto a lungo l’azione delle milizie islamiste in Libano e Siria, ma l’ascesa dello Stato Islamico ha cominciato a rappresentare una minaccia persino per quelle monarchie che piĂą o meno direttamente l’avevano finanziato e sostenuto. In questa chiave va letto anche lo sblocco rapido nelle ultime settimane di uno dei tre miliardi di dollari promessi dal re saudita all’esercito libanese lo scorso gennaio. Parallelamente, il pacato riavvicinamento tra l’Arabia Saudita e il suo eterno sfidante regionale, l’Iran, in funzione della comune minaccia rappresentata dal califfato di Al-Baghdadi e le sue milizie potrebbe alterare l’equilibrio sul terreno a vantaggio delle LAF. Questo nuovo scenario diplomatico e strategico sta giĂ  producendo una ricaduta positiva sull’immagine dell’esercito libanese all’interno del Libano: da sempre screditate presso la popolazione come uno strumento in mano ai gruppi confessionali, le LAF stanno riacquistando la loro funzione di garanti della sicurezza dello Stato Libanese.