Una Bussola da non perdere – e da rivedere

Pochi sembrano essersi accorti che il 24 marzo scorso, in occasione del Consiglio Europeo tenutosi a Bruxelles assieme ai vertici di NATO e G-7, l’UE ha licenziato ufficialmente la propria ‘Bussola strategica’ (Strategic Compass). Il documento era stato annunciato già due anni fa, e poi preparato con una serie di consultazioni interne alle istituzioni e con i 27 paesi membri. L’obiettivo era di rivisitare, se non proprio di aggiornare, la ‘Strategia Globale’ del 2016 e di ricalibrare gli obiettivi comuni in materia di sicurezza e difesa. La scadenza prevista, fine marzo 2022, era legata soprattutto al calendario politico della Francia, presidente di turno dell’Unione: il 10 aprile è previsto infatti a Parigi il primo turno delle elezioni presidenziali, che saranno subito seguite dal rinnovo dell’Assemblea Nazionale, occupando così tutta la seconda parte del semestre.

 

E’ tuttavia legittimo chiedersi se – alla luce di quanto sta accadendo in Ucraina e dintorni – non sarebbe stato più opportuno rinviare di qualche mese la finalizzazione del documento, la cui portata ‘strategica’ e le cui stesse indicazioni operative potrebbero presto rivelarsi inadeguate o superate dagli eventi.

D’altra parte, anche la Global Strategy di sei anni fa fu presentata dall’allora Alto Rappresentante e Vice-Presidente della Commissione, Federica Mogherini, esattamente il giorno dopo il referendum su Brexit: se l’analisi di fondo e molte delle indicazioni che la nuova Strategia conteneva avevano una validità che prescindeva dallo choc di Brexit, non c’è dubbio che l’Unione nella quale sarebbe stata poi messa in opera era già cambiata al momento stesso della pubblicazione.

 

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A sua volta, la Strategia Europea di Sicurezza del 2003 – il primo documento di questo genere elaborato dall’Unione – era stata preparata in reazione a e sull’onda delle divisioni transatlantiche e intra-europee sulla guerra in Iraq; la frase con cui si apriva (“mai l’Europa è stata così prospera, sicura e libera”) aiuta del resto a ricordarci quanto tempo ‘strategico’ sia trascorso da allora.

 

Processo e prodotto

Il testo della nuova ‘Bussola’ risente, ovviamente, del contesto in cui è stato preparato e finalizzato. Ne risente, innanzitutto, dal punto di vista ‘quantitativo’, per così dire: si tratta infatti di un documento molto lungo (oltre quarantacinque pagine), quasi il doppio della bozza che era circolata nel novembre scorso – segno che la guerra in Ucraina ha comportato una comprensibile e auspicabile revisione del testo precedente ma, purtroppo, non un’altrettanto necessaria selezione dei contenuti e delle priorità.

Questo era accaduto solo in minima parte con la Strategia del 2003 (redatta da un team molto ristretto attorno all’Alto Rappresentante di allora, Javier Solana), ma già più visibilmente con quella del 2016, soprattutto dopo che i rappresentanti delle capitali erano stati coinvolti in modo più diretto, attraverso i cosiddetti ‘confessionali’. Esiste insomma una diretta correlazione fra il numero degli attori coinvolti nel processo di stesura e la lunghezza (e dunque anche la comunicabilità) del testo finale: una maggiore inclusività del processo implica, per lo più, una minore incisività del prodotto. Tanto nel 2016 che nel 2022, ad esempio, certe sezioni su minacce e opportunità regione per regione o sulle partnership esterne hanno probabilmente risentito della cosiddetta metodologia dell’”albero di Natale” – per cui si aggiunge, su richiesta dei consultati, ma senza mai togliere, appesantendo i testi con lunghi elenchi che diluiscono i messaggi essenziali – e avrebbero potuto essere ridotte significativamente, magari rinviando a strategie più specifiche e mirate.

La Bussola del 2022 è stata preparata prima attraverso un’analisi delle minacce, affidata all’unità di intelligence del Consiglio e portata a termine già nel novembre 2020, poi da un team basato presso il Servizio Europeo di Azione Esterna (SEAE) e attraverso riunioni regolari del Politico-Military Group (PMG, che riunisce i rappresentanti dei 27), con una revisione conclusiva da parte della leadership del SEAE, compreso l’Alto Rappresentante Josep Borrell. A differenza di quanto accaduto nel 2016, tuttavia, almeno la Bussola è stata “endorsed” dal Consiglio Europeo, diventando così un documento ufficiale e, in qualche misura, vincolante.

 

La mappa

Ma la pressione degli eventi esterni si è riflettuta anche sui contenuti veri e propri del documento, che si apre con la constatazione del “ritorno alla guerra in Europa”, definito “uno spostamento tettonico nella storia europea”. L’analisi che ne segue evidenzia la crescente competizione strategica nelle relazioni internazionali, con un ritorno alla politica di potenza (che si traduce anche nella rivendicazione di presunti diritti ‘storici’ e sfere di influenza) e ad una competizione sistemica (accompagnata da un’autentica “battle of narratives”) che coesistono con un’interdipendenza ancora marcata ma sempre più conflittuale. E se l’osservazione per cui il soft power viene sempre più “weaponized” meriterebbe forse un’articolazione migliore (non è stata, questa, proprio una delle accuse spesso rivolte all’Occidente?), l’analisi e la mappatura delle nuove minacce (ibride, cibernetiche, ambientali e sanitarie), dei nuovi attori (statuali e non) e dei nuovi ‘spazi’ (digitali, marittimi, celesti) che condizionano la sicurezza e la stabilità dell’Europa è del tutto convincente.

La parte dedicata alla Russia è evidentemente centrata sul suo impatto dirompente (e crescente a partire dal 2008) sull’ordine europeo, ma non offre – e non può ancora offrire – risposte al di là di quanto l’Unione sta già facendo nella crisi in corso. La parte dedicata alla Cina riprende la visione, presentata fin dal 2019, della sua triplice dimensione di partner, di concorrente economico e di rivale strategico, ma con una maggiore consapevolezza della crescente assertività politica e militare di Pechino (come del resto dimostrato anche dal teso vertice bilaterale di venerdì scorso a Bruxelles). La Turchia è analizzata a parte, con un approccio molto pragmatico e senza alcun riferimento alla sua prospettiva di adesione all’UE.

Da ultimo, ma non per importanza, la Bussola enfatizza molto di più rispetto al passato (anche recente) la centralità della cooperazione e della “complementarietà” fra UE e NATO, pur ancora catalogata fra le tante partnership multilaterali e regionali dell’Unione. La stessa vexata quaestio della “strategic autonomy” europea viene affrontata in un solo passaggio (dove se ne auspica genericamente un rafforzamento) e in connessione alla capacità dell’Europa di lavorare con altri partner per salvaguardare i propri valori e interessi.

 

La rotta

L’aspetto su cui la Bussola appare forse più condizionata dall’incertezza della crisi in corso, tuttavia, è quello del percorso da tracciare: rispetto alla drammaticità della guerra, e alla stessa complessità dell’analisi che propone, infatti, la Bussola offre indicazioni di lavoro o piuttosto generali e incrementali (più capacità, più reattività, più resilienza, più strategic foresight) o relativamente timide, anche in rapporto ai cambiamenti di politica già in corso in molti dei paesi membri.

Il solo impegno davvero concreto, ad esempio sul versante della difesa, riguarda la creazione di una ‘Rapid Deployment Capacity’ che dovrebbe permettere all’UE di dispiegare una forza di 5000 uomini altamente equipaggiati per operazioni militari in ambienti non permissivi. L’idea era stata formulata da Borrell già all’indomani della confusa ritirata occidentale dall’Afghanistan, alcuni mesi fa, e ha evidentemente meriti; ma va anche ricordato che l’Unione ha creato fin dal 2007 I cosiddetti ‘gruppi tattici’ (battlegroups) – con funzioni analoghe, anche se di taglia più ridotta – e finora non li ha mai utilizzati. Anche l’impegno a verificare l’eventuale ricorso all’articolo 44 del trattato di Lisbona – che prevede la possibilità di affidare missioni specifiche a gruppi di Stati membri – non sembra fare una grande differenza, dato che questo è comunque il modo in cui sono già condotte tutte le missioni e operazioni (civili e militari) a guida UE.

 

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La maggior parte delle altre indicazioni contenute nella Bussola riguarda essenzialmente l’organizzazione interna alle istituzioni europee e l’allestimento di strumenti  o l’elaborazione di approcci piu’ mirati in materia di minacce ibride, disinformazione, spazio, e innovazione tecnologica. Ma gli impegni senz’altro piu’ significativi sono quelli a rivedere e riconfigurare una serie di obiettivi (in termini di capacità, risorse, ripartizione dei costi e incentivi fiscali) gia’ nei prossimi mesi, e ad aggiornare quando e quanto necessario (e comunque almeno ogni tre anni) l’analisi comune delle minacce.

La rapidità e traumaticità dei cambiamenti in atto impone insomma una maggiore agilità ‘strategica’ da parte dell’UE – e non solo dell’UE. In attesa del nuovo Strategic Concept della NATO, che sostituirà il vecchio (che risale addirittura al 2010) e sarà ufficializzato al vertice di Madrid di fine giugno, gli occhi sono ora puntati sulla nuova Dichiarazione Comune fra i vertici delle due organizzazioni (dopo quelle del 2016 e del 2018): già prevista per il mese scorso, verrà probabilmente finalizzata non appena “la nebbia della guerra” in Ucraina comincerà a diradarsi.

 

 

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