A nove mesi dall’insediamento della Presidenza Lula è già possibile fare un primo bilancio della situazione politico-economica del Brasile. Ricordavamo il Brasile (e questo anche al di là di semplici valutazioni politiche o di parte) durante la Presidenza Bolsonaro (2019-23) come di fatto un Paese chiuso e abbastanza isolato a livello internazionale. Nella dinamica dei mercati globali questo era per il Brasile non solo un danno geopolitico, ma senz’altro una criticità per il sistema produttivo: in un mondo interconnesso le relazioni economiche internazionali sono fondamentali anche per sviluppare il mercato interno.
Come già notato dopo le elezioni dello scorso anno, la Presidenza Lula ha deciso di distinguersi invece subito per la caratteristica di riaprirsi al mondo – e lo ha fatto anche con i frequenti e mediaticamente accorti viaggi del Presidente all’estero, allo scopo di far valere la presenza e l’interesse del Brasile nello scacchiere internazionale, ma anche in una prospettiva di sviluppo economico di cui il Paese ha sicuramente bisogno.
In termini di dati economici vediamo che, secondo Schorders, il 2023 del Brasile sta sorprendendo in maniera positiva tutti gli osservatori: la crescita del PIL del primo trimestre è al di sopra delle aspettative, pari all’1,9%, sostenuta principalmente dalla crescita del settore agricolo, ma anche da quello dei servizi. Per l’anno in corso, dunque, le previsioni sono rosee, mentre la disoccupazione è scesa ai minimi degli ultimi otto anni e l’inflazione è sotto il 4%. L’MSCI Brazil – uno dei maggiori indici di borsa – ha registrato un rendimento del 15% da inizio anno.
Il governo punta al pareggio di bilancio nel 2024, passando a un avanzo primario dello 0,5% nel 2025 e a un avanzo dell’1% nel 2026. Quest’anno è previsto un deficit primario dell’1,1%, ma potrebbe avvicinarsi al 2% se si tiene conto della possibile spesa pubblica aggiuntiva. Il debito pubblico rimane un fattore cruciale: oggi ammonta all’88% del PIL, in un trend di aumento nell’ultimo decennio. Inoltre, il ritorno a una crescita sostanziosa consente al Brasile una performance nettamente superiore a quella di altri mercati emergenti.
Dal punto di vista interno è da sottolineare soprattutto un’iniziativa lanciata dal governo brasiliano l’11 agosto scorso: il Nuovo PAC (Programma di accelerazione della crescita) in cui gli investimenti in infrastrutture vengono triplicati. Il PAC vuole promuovere infrastrutture sostenibili, e dovrebbe prevedere investimenti pubblici federali per circa 75 miliardi di dollari per i prossimi quattro anni, in settori quali trasporti, energia, infrastrutture urbane, inclusione digitale, infrastrutture sociali inclusive e acqua per tutti.
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Nel nuovo programma dovrebbero essere inclusi anche altri settori come la difesa, l’istruzione, la scienza e la tecnologia, trasformandolo in un fondo permanente che orienti la politica economica del Paese. Oltre alle risorse del bilancio federali, il nuovo PAC si avvarrà di stanziamenti da imprese statali, di finanziamenti da banche pubbliche e dal settore privato, attraverso concessioni e partenariati pubblico-privato (PPP). La previsione è che il totale investito raggiungerà 3,4 miliardi di dollari USA in quattro anni, inclusi gli investimenti di Petrobras (società energetica quotata in borsa, il cui azionista di maggioranza è il governo del Brasile).
Sul versante green è partita la costruzione, avviata lo scorso luglio, del primo impianto per la produzione di idrogeno verde in Brasile che dovrebbe entrare in funzione entro la fine del 2023. Il ministro dell’Ambiente, Joaquim Leite, ha dichiarato che l’idrogeno verde «è l’energia del futuro, mentre il mondo è evidentemente di fronte a una sfida su come produrre più energia pulita, che proviene dal solare e dall’eolico. Inoltre, puntare sull’idrogeno rafforza l’economia fertile non solo attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra ma anche per la sua spinta innovatrice. Inizialmente si raggiungeranno diecimila tonnellate annue di idrogeno verde e sessantamila tonnellate annue di ammoniaca verde, per poi quadruplicare la produzione a partire dal 2025.
Un quadro nel complesso positivo e promettente, quindi, che va inserito nel contesto globale, molto competitivo e in molti quadranti apertamente conflittuale. Qui vi sono certamente grandi opportunità, nella stessa percezione brasiliana, come testimonia appunto l’attivismo diplomatico di Lula. Vi sono anche dei rischi, soprattutto in chiave di “Sud Globale” se questo fosse inteso sostanzialmente come un raggruppamento che si oppone in modo sistematico ai Paesi OCSE, alla rete di alleanze a guida USA e alla coalizione euro-americana.
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In ogni caso, compatibilmente con le criticità dello scenario internazionale, le scelte compiute o impostate da Lula contribuiscono senz’altro a riportare il Brasile nello scacchiere politico ed economico internazionale, e al quale dall’Italia e dall’Europa non si può che guardare con grandi interesse e attenzione.