Nel mondo moderno, l’intelligenza artificiale e il marketing si intrecciano in una sinergia affascinante, rivoluzionando il modo in cui le aziende interagiscono con i consumatori. No, non è convincente. Vediamo così: Nel vasto universo del marketing moderno, l’intelligenza artificiale emerge come un alleato inaspettato e potente. Meglio.
Per scrivere il paragrafo sopra, e rompere la sindrome da pagina bianca, ci siamo ispirati al Woody Allen del magnifico Manhattan del 1979. Non abbiamo usato il tappeto musicale di Gershwin, come fece lui, ma dialogato con ChatGpt4, proponendogli qualche prompt e selezionando la risposta che sembrava suonasse meglio. Questo gesto – cioè, usare l’intelligenza artificiale come nuova risorsa strumentale a sostegno del processo creativo, appartiene al repertorio delle capacità di questa forma di digitalizzazione.
IL REPERTORIO IA. “Repertorio” è la prima parola che, istintivamente, ci è venuta in mente, ragionando su come rendere al meglio, e in modo sintetico, l’idea delle cose che l’IA, oggi, appare in grado di fare. Così, abbiamo scartabellato la Treccani, per vedere se il termine fosse effettivamente quello più efficace da usare in questo contesto. Dopo poco, però, abbiamo abbandonato la carta e ceduto alla tentazione: usare nuovamente ChatGPT4.
Sono emerse così due cose. La prima è che, sì, “repertorio” funziona meglio di altri termini similari per identificare il senso che l’IA sembra esprimere per le attività umane. Dice ChatGPT4: “in generale un repertorio rappresenta l’insieme delle capacità, delle opere o delle risorse che possono essere usate o esibite in un dato contesto”. Ci sembra che, per quanto è dato finora di capire e sapere dell’IA, questa definizione calzi a pennello. Se ne riprendono i pilastri nella figura.
La seconda cosa è che ChatGPT4 ha restituito un’interpretazione estensiva della parola repertorio, che completa in modo eccellente quanto sopra: “[…] un insieme spesso implicato nel mostrare la versatilità, la competenza o la ricchezza delle opzioni disponibili”. IA possiede infatti una serie di capacità – ad esempio creare contenuti testuali originali – e possibili applicazioni – come raccomandare un acquisto personalizzato – che formano un universo di opzioni disponibili già vasto e in continua, rapida espansione. Il repertorio, in sostanza, non solo si sta occupando di innovare interi settori, mercati, eccetera, ma promette di estendersi ulteriormente, idealmente fino a interessare ogni attività umana.
L’attributo della versatilità, che denota fortemente l’IA e la distingue da altre tecnologie più rigide, la connota ai nostri occhi come una “famiglia tecnologica”, più che come una tecnologia.
Il mondo animale offre una calzante analogia per meglio intendere questo attributo: dire “IA” vale a dire “animali quadrupedi”. Questi, infatti, sono una varietà animale accomunata soltanto dal fatto di avere quattro zampe. Poi, lì dentro, c’è varietà: carnivori e vegetariani, predatori e prede, domestici e non addomesticabili; c’è il leone come il topo, e così via. Le quattro zampe – cioè, la cosa in comune a tutte le declinazioni della tecnologia IA – sono i dati e gli algoritmi: esistono dati strutturati e destrutturati, esistono algoritmi di apprendimento e di ottimizzazione, e via dicendo. Dopo di che, la medesima varietà della qualità “quadrupede” si ritrova nell’IA: generativa, conversazionale e predittiva; applicazioni per l’automazione e la creatività, eccetera.
Dunque, il “Repertorio IA” è formato da una miscela varia e variabile, versatile e ricca, che ha:
- grande varietà tecnica intrinseca (le risorse) – ad esempio algoritmi di apprendimento supervisionato e per rinforzo, dati e database, modelli e linguaggi;
- ancora maggiore ricchezza di applicazione (le opere) – ad esempio business, ricerca scientifica, salute;
- diversi benefici per l’utilizzatore (le capacità) – ad esempio ottimizzazione, analisi, esplorazione.
I riferimenti in parentesi sono alla definizione di “repertorio” data da ChatGPT4.
Last but not least – come elemento che da colore al paesaggio e quindi ne muta sostanzialmente la potenza comunicativa – va sottolineato che l’IA è anche capace di elaborare e comprendere il linguaggio naturale. Permette alle macchine di comunicare in modo diretto con gli umani: si vedano le tecnologie di assistenza vocale e i chatbot. Questo ci pare un attributo speciale assolutamente straordinario, che conferisce all’IA una potenzialità di diffusione e uso di molto superiore alle precedenti strumentazioni, limitate da sistemi d’interfaccia utente arcaici (la tastiera del laptop) e comunque non naturali (il dito sullo schermo).
Non sembra eccessivo riconoscere nell’interfaccia naturale il carattere di killer application che ne accompagnerà molte applicazioni future.
MARKETING & MARTECH. “Marketing” è una parola che supera il secolo di vita e che, nel corso del tempo, ha assunto senso e spessore diversi, adeguandosi al susseguirsi delle rivoluzioni industriali. Oggi, il termine va inteso come “fare mercato” – un’attività complementare a quella della produzione. In altri termini, ogni organizzazione va vista come un’entità che pensa e realizza dei prodotti (attività di natura tecnico-scientifica) e contemporaneamente pensa e realizza i mercati per quei prodotti (attività di natura tecnico-relazionale). Questa seconda attività, per l’appunto, va sotto il nome di marketing.
La sua funzione è solo parzialmente sovrapposta a quella dell’area vendite, il cui focus è il raggiungimento dei target di vendita sul catalogo d’offerta. Il marketing, infatti, assume una prospettiva di focalizzazione differente: il cliente. La domanda gestionale essenziale cui oggi il marketing risponde, pertanto, è: come conquistare la scelta di acquisto dei clienti, ora e in futuro?
Con tale prospettiva teleologica, la disciplina è sempre stata attentissima a cogliere ogni segnale di novità, da qualunque parte provenisse: dalla psicanalisi alla demoscopia, dalla statistica alle neuroscienze, ogni campo della conoscenza, in qualche modo suscettibile di sfruttamento ai fini della conquista della scelta, è stato sempre esplorato, studiato e fatto proprio.
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Lo stesso vale per la tecnologia, dalla quale il marketing è sempre stato permeato, esattamente come la produzione. Fra tutte le tecnologie assorbite, oggi nessun dubbio sussiste sul fatto che la digitalizzazione abbia iniziato a imprimere, sin dai suoi primordi, una progressiva e radicale metamorfosi al modo di fare mercato. Il tutto con grande e crescente varietà di soluzioni e applicativi. Tali e tante sono state, sin dal principio della digital transformation, le proposte tecnologiche di matrice digitale che si sono prefisse lo scopo di supportare i marketers nel loro lavoro, che è emerso il bisogno di mettere ordine nel paesaggio. All’inizio del decennio scorso, così, arriva un neologismo a disegnare il perimetro delle tecnologie digitali applicate al marketing: la “martech” (marketing + technology).
Possiamo oggi assumere l’IA come soggetto appartenente, da protagonista sempre più rilevante, al campo ampio della “martech” ed esplorare, così, il suo contributo distintivo e le criticità connesse.
LA TRASFORMAZIONE DEL MARKETING. La trasformazione epocale che l’IA porta al marketing è esplorabile secondo le due prospettive classiche della gestione aziendale:
- il contributo all’efficienza dei processi di mercato;
- il contributo all’efficacia delle scelte di mercato.
Qui si sono volutamente utilizzati i due termini “trasformazione epocale” e “prospettive classiche”, in qualche misura stridenti fra loro, per esprimere il senso di quella che ci pare essere attualmente la qualità dell’applicazione dell’IA nelle aziende: modificare, in alcuni casi anche radicalmente, i processi attuali, nel senso di un miglioramento generale della capacità competitiva e della redditività delle organizzazioni, as they are.
Restiamo perciò, almeno per ora, sempre nel campo largo dell’esistente e del suo efficientamento tecnico ed economico, più che nell’innovazione dei modelli di business. Questo non vuole sminuire la portata dell’impatto attuale dell’IA sui processi di mercato, ma solo qualificarne con precisione il perimetro – anche perché la sensazione è che, fra non molto, quanto appena sostenuto non varrà più.
IA PER L’EFFICIENZA. L’efficienza, come noto, è considerata nell’ottica del miglioramento continuo nell’impiego delle risorse nei processi: tempo, denari, conoscenze, materiali, e così via. In parole povere: fare di più e meglio con minore sforzo e impiego di risorse. Su questo terreno, parole chiave come produttività, prontezza di risposta, rapidità, eccetera, assurgono al ruolo di guida nella gestione dei processi aziendali.
In termini generali, a noi sembra che il contributo dell’IA su questo terreno si possa riassumere nel termine “automazione”. L’individuazione di attività elementari che si svolgono in modo ricorrente, la loro traduzione in procedure gestibili dai software così da liberare il tempo umano dalla loro gestione, è da tempo alla base dei processi di informatizzazione dei processi aziendali. Qui, grazie alle risorse su cui l’IA può contare (vedi la figura), lo spettro delle attività automatizzabili si amplia a comprenderne anche alcune dove finora l’intervento e il contributo umano era ritenuto imprescindibile: la redazione di rapporti descrittivi e interpretativi, oppure l’analisi descrittiva e interpretativa di dati primari o ancora la costruzione di modelli analitico-predittivi dei fenomeni misurabili, come le vendite, i flussi logistici, e così via.
Un altro beneficio, al confine fra efficienza ed efficacia, è legato alla produzione automatizzata di contenuti scritti e materiali visivi, che riduce significativamente il tempo e le risorse necessari per il loro sviluppo e ne accresce il grado di personalizzazione. La promessa di valore distintiva di quest’ultimo criterio d’uso dell’IA nel marketing si basa sulla liberazione di porzioni di tempo umano a favore della loro applicazione ad altri contesti, idealmente più pregiati e strategici (come generazione di idee di nuovi prodotti o sviluppo delle competenze di team).
IA PER L’EFFICACIA. L’efficacia sposta il focus a valle dello stretto perimetro aziendale, concentrandosi sulla qualità della realizzazione degli obiettivi di mercato – comunque tutti da ricondurre, alla fin fine, alla conquista della libera scelta da parte del cliente. In altre parole, l’efficacia va a vedere se e in che misura le scelte di mercato aumentino la potenza di mercato dell’azienda e/o del brand.
Non vi sono dubbi intorno al fatto che la risorsa chiave dell’IA, qui, siano i dati dei e sui clienti: i primi sono generati direttamente da loro stessi, in conseguenza dell’ibridizzazione della vita quotidiana (ad esempio il tracciamento della navigazione di un sito); i secondi sono frutto di rilevazioni ad hoc – sondaggi, compilazione di moduli – e di misure di azioni passate, come lo storico degli acquisti. ChatGPT4 sostiene al proposito (di se stessa) che: “IA starebbe offrendo una precisione senza precedenti nella comprensione e nella previsione del comportamento dei consumatori. Attraverso algoritmi di apprendimento automatico e analisi complesse dei dati, le aziende sono ora attrezzate per analizzare vaste serie di dati sui consumatori, trasformandoli in informazioni fruibili”. Ciò dimostra “la potenza dell’intelligenza artificiale nel discernere i modelli all’interno dei dati dei consumatori, consentendo alle aziende di anticipare bisogni e preferenze e personalizzare le proprie offerte”. È, come si dice a Roma, il famoso oste cui chiediamo se il suo vino è buono? Forse no.
In buona sostanza, concludendo, possiamo riportare le applicazioni attualmente in uso ad alcuni benefici tipici per l’azienda impegnata nella competizione di mercato:
- personalizzazione del profilo di offerta del prodotto (bene o servizio che sia);
- performance del customer service;
- personalizzazione delle raccomandazioni d’acquisto;
- personalizzazione dell’ambiente di relazione col cliente;
- ottimizzazione della leva pubblicitaria per identificare i canali, i tempi e i contenuti più efficaci per gli annunci pubblicitari.
UNA TRASFORMAZIONE INELUTTABILE? La trasformazione epocale del marketing operata dall’IA è già un dato di fatto, sebbene in fase iniziale. È impensabile, oggi, per un’azienda di servizi non ricorrere a chatbot relazionali per gestire in tempo reale le esigenze espresse dalla clientela; è irrazionale, per i retailer digitali, non avvalersi di motori di raccomandazione in grado di innescare economie di clientela (come il cross-selling); ed è ai limiti dell’autolesionismo, infine, non accrescere il patrimonio di conoscenza del cliente raccogliendo dati e informazioni. Potremmo continuare, ma ci fermiamo, sottolineando solo come, già oggi, i costi di accesso (ad esempio ChatGPT4), integrazione (ad esempio Microsoft Copilot) e uso (ad esempio Samsung S24) dell’IA nella vita lavorativa quotidiana siano al limite dell’irrisorio.
Guardando al periodo lungo – ossia di qui a, più o meno, cinque anni – sembra piuttosto ragionevole immaginare un modo di fare mercato (cioè, marketing) che in un numero crescente di industrie veda ribaltato il paradigma di funzionamento: da un modello classico, fondato su offerte di prodotto sostanzialmente omogenee e un meccanismo di conquista della scelta di tipo push (ad esempio i beni di largo consumo oggi), a uno rovesciato, che utilizza i dati – per connettere, senza mediazioni, il momento produttivo ai profili individuali di consumo – e gli algoritmi per agevolare i flussi pull.
Nel mezzo, alcuni nodi (ancora) irrisolti:
- significative questioni etiche, legate sia alle logiche algoritmiche che all’uso dei dati;
- altrettanto significative questioni ambientali, legate al consumo energetico;
- il tema tecnico della rappresentatività e qualità dei dati;
- profonde questioni di cultura e potere all’interno delle organizzazioni e delle filiere;
- il potente impatto, anche filosofico, sulle relazioni capitale-lavoro.
Ma oggi, a nostro avviso, il nodo maggiore si chiama paura. La paura che impera nel dibattito pubblico, sui social, nei timidi passi del legislatore, e poi nelle aziende, nelle case, nelle menti di tutti. Un’emozione negativa che viene da lontano, che l’uomo ha sempre vissuto di fronte ai frutti della sua conoscenza.
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Prometeo, Frankenstein e Hal9000 (2001: Odissea nello Spazio) sono esempi narrativi di un caveat molto preciso: attento, uomo, alla tua intelligenza e ai suoi frutti perché può condurti alla rovina, farti generare mostri o addirittura scegliere di ucciderti. È assolutamente da umani, quindi, chiedersi se quella nube all’orizzonte – cioè, l’integrazione orizzontale dell’IA con tutte le altre tecnologie – porterà una pioggia benefica per i raccolti, o una tempesta devastante.
*Questo articolo è pubblicato sul numero 1-2024 di Aspenia