Un incidente della storia?

Per come è esplosa e per come poi si è diffusa, questa pandemia ci si presenta come un classico “incidente” della storia.  Incidenti di questo tipo non sono infrequenti: fra gli incidenti della storia – e in qualche modo simile a questo perché improvviso, perché verificatosi in un luogo remoto – epitome è Sarajevo. Incidente della storia: basterebbe leggere un libro di storia, uno qualsiasi. Oggi come oggi, a vedere come sono andate le cose, è abbastanza evidente che un libro di storia, anche uno solo e scelto a caso, vale più di cento libri di “economia” (questo vale naturalmente solo per quelli contemporanei.).

Ma forse potrebbe essere utile leggere anche un altro tipo di libro: a Davos, nel preparare la prossima edizione, dovrebbero fornire in omaggio ai partecipanti la Montagna Incantata di Thomas Mann, e in aggiunta forse organizzare una sessione di riflessione nel sanatorio dove Thomas Mann è stato per tanti anni, scrivendo sulla crisi della civiltà per lui allora contemporanea.

Prima, quasi per tre lunghi secoli, è stato liberté, égalité, fraternité. Poi, di colpo, nell’ultimo dorato trentennio la triade è mutata in globalité, marché, monnaie. Una triade che è stata generata in un laboratorio nel quale si pensava di avere il potere o il dovere di creare un mondo nuovo, abitato da un uomo nuovo. Come la storia aveva diviso il mondo, così con la “fine della storia” la democrazia lubrificata dal mercato lo avrebbe unito in un’unica geografia mercantile piana. Tanti anni fa sono stato criticato per avere attribuito a questo processo il carattere di una nuova ideologia, l’ultima ideologia del Novecento, il “mercatismo”. Credo che adesso ci sia un non banale consenso su questa ipotesi.

Il meccano globale si è rotto per la prima volta nel 2008, con la “crisi”: prima crisi finanziaria, poi economica, poi sociale ed oggi infine quasi dappertutto politica. Superata la fase più acuta della crisi, alla metà del 2009, all’interno del G-20, si confrontarono due visioni:  quella del “Global Legal standard” (GLS), quella del “Financial Stability Board” (FSB). Il GLS era un’iniziativa italiana, elaborata da politici e giuristi italiani e stranieri (e fu allora partecipe ed attivo in questo processo anche Aspen) e grosso modo si sviluppò nei seguenti termini:

(i)- la crisi non è terminata ma si svilupperà in un tempo anche prossimo in altre forme. Ricordo l’immagine del videogame: arriva un mostro, lo batti, ti rilassi, arriva un secondo mostro più grande del primo. Un’immagine che ebbe fortuna tanto da finire su una copertina dell’Economist. In alternativa, una citazione da Churchill (che ora pare vada di moda): “non due guerre mondiali ma una sola con in mezzo un lungo armistizio”.

(ii) – servono nuove regole non limitate al campo della finanza ma estese alla struttura complessiva dell’economia globale.

(iii)- è in specie necessario il passaggio dal free trade al fair trade. Non è sufficiente che il prezzo di un prodotto sia considerato giusto perché espresso dall’incrocio dell’offerta con la domanda o viceversa, ma è necessario risalire a monte nella catena della sua produzione. Per verificare se questa sia fair, giusta, o no.

(iiii)- GLS prese forma in una bozza di trattato internazionale multilaterale infine votata all’unanimità dall’Assemblea dell’OCSE. Oggi, potrebbe essere interessante ricordare che all’articolo 4 si prevedevano regole per prevenire i “…rischi ambientali ed igienici…”!

La logica del FSB era molto diversa:

(i)- la crisi è solo finanziaria e dunque solo questa è la dimensione di un necessario intervento.

(ii)- servono dunque nuove regole, non sulla dimensione o sulla velocità delle masse finanziarie ma solo regole per potenziarne, se del caso, i freni.

Come forse è noto, a prevalere sul GLS fu l’FSB; e questo ancora per un decennio ha permesso alla finanza di lanciare ed alimentare una globalizzazione che, senza freni, ha infine prodotto e portato i suoi frutti avvelenati.

Forse è arrivato il momento per affiancare all’utopia della globalizzazione – non per caso ma pour cause utopia vuol dire non-luogo e l’idea del non-luogo è la quintessenza della globalizzazione – la diversa utopia del Global Legal Standard. Si usa comunque anche per il GLS la parola utopia perché ben consapevoli del fatto di quanto ne è difficile ma necessaria la realizzazione.

Anche questa crisi avrà un termine, come è sempre nella storia, e questo naturalmente sarà un bene; ma sarebbe meglio se si tentasse di evitarne la ripetizione agendo non solo sugli effetti, rimettendo in piedi le nostre strutture sociali ed economiche, ma anche agendo sulle cause, risalendo a monte, risalendo e finalmente governando, la cascata dei fenomeni che l’hanno generata. L’errore del 2009  non può e non deve essere ripetuto.

In ogni caso, non può essere ignorato il fatto che già oggi i popoli fanno ed in crescendo faranno domande per idee, per visioni che siano capaci di colmare il presente, globale vuoto politico. Durante un nostro seminario ho sentito citato un detto proprio di un popolo primitivo (!?!): “ fermati ed aspetta che la tua anima ti raggiunga”.

 

 

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