Perché Trump è ancora in corsa, nonostante lo svantaggio

Con le elezioni del 3 novembre ormai alle porte, ci si interroga non poco sulla coalizione elettorale che appoggerà Donald Trump. E, a prima vista, per il presidente sembrerebbero preannunciarsi cattive notizie, visto che avrebbe delle difficoltà con uno dei suoi principali zoccoli duri elettorali: i bianchi senza istruzione universitaria. Come recentemente notato dal New York Times, questo gruppo sociale ha rappresentato uno dei capisaldi della vittoria di Trump nel 2016. Ma stavolta qualcosa sembra essere cambiato.

L’elettorato bianco con livelli di istruzione medio-bassi tende negli ultimi decenni verso i Repubblicani

 

Innanzitutto, negli ultimi quattro anni, questo segmento si è drasticamente ridotto, di circa cinque milioni di unità, a fronte di una progressiva crescita delle minoranze etniche, anche perché gli appartenenti a minoranze senza istruzione universitaria, al contrario della loro controparte bianca, tendono ad essere fedelissimi elettori Dem. Si capisce dunque come un simile dato già di per sé possa costituire un campanello d’allarme per la campagna elettorale del presidente. In secondo luogo, secondo Five Thirty Eight, il candidato democratico, Joe Biden, starebbe registrando nel voto bianco in generale una performance migliore rispetto a quella di Hillary Clinton nel 2016. E, nella fattispecie, il sito cita tre segmenti specifici: dai bianchi privi di istruzione universitaria alle le donne bianche, passando per gli anziani bianchi.

Un grande punto interrogativo in vista del voto pare proprio quello degli elettori over 65 che – soprattutto in alcuni Stati chiave, come la Florida – si starebbero allontanando dal presidente per avvicinarsi a Biden: uno spostamento in buona sostanza dovuto a un disaccordo con la Casa Bianca in materia di gestione della pandemia.

Insomma, la panoramica generale sembra dare il presidente in forte difficoltà. Ciò detto, va tuttavia anche ricordato che questo quadro debba essere controbilanciato con altri dati. Lo stesso Five Thirty Eight registra infatti che, nonostante queste problematiche, Trump – rispetto a quattro anni fa – stia guadagnando parzialmente terreno in due importanti aree elettorali: gli elettori bianchi laureati e – in particolare – le minoranze etniche.

Un fattore, quest’ultimo, che non deve stupire troppo. Nel 2016, Trump registrò una performance leggermente migliore tra afroamericani e ispanici rispetto al candidato repubblicano di quattro anni prima, Mitt Romney. E, in tal senso, l’attuale presidente ha sempre considerato fondamentale estendere la propria forza elettorale tra le minoranze etniche. Se con gli afroamericani ha prevalentemente puntato sul basso tasso di disoccupazione registratosi prima dello scoppio pandemico, con i latinos sta giocando – oltre all’economia – anche le carte della libertà religiosa e dell’anticastrismo (soprattutto in Florida).

I Latinos di origine cubana in Florida, un segmento elettorale chiave nelle elezioni americane

 

Sbaglia quindi chi ritiene che Trump abbia intenzione di fare affidamento esclusivamente sull’elettorato bianco per essere riconfermato: l’inquilino della Casa Bianca sa perfettamente che è per lui essenziale guadagnare terreno tra le minoranze.

Obiettivo del presidente è infatti cercare di danneggiare Biden su questo fronte, succhiandogli voti preziosi e riducendo i suoi margini di vantaggio nelle quote afroamericana e ispanica. Un obiettivo che, stando alle rilevazioni di UCLA Nationscape, parrebbe essere alla portata di Trump. Quest’ultimo avrebbe infatti incrementato il sostegno da parte dei giovani neri dal 10% di quattro anni fa al 21% di oggi. Un discorso simile vale per i latinos della stessa fascia di età: se nel 2016 Trump era al 22%, oggi si attesterebbe intorno al 35%. Quest’ultimo dato, in particolare, è molto significativo, perché teoricamente potrebbe consentire a Trump di controbilanciare l’abbandono degli anziani bianchi in Florida: Stato di cui il presidente ha assoluto bisogno se vuole essere riconfermato a novembre.

Resta invece al momento fondamentalmente contesa la working class bianca della Rust Belt: una classe sociale che, quattro anni fa, Trump riuscì a strappare al Partito democratico. La situazione su questo fronte risulta per ora incerta. E, d’altronde, le rilevazioni stanno lì a dimostrarlo. Secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics, il vantaggio di Biden in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin è inferiore a quello che, a metà ottobre del 2016, deteneva in loco Hillary Clinton. Il punto è che non è al momento chiaro che cosa guiderà le scelte elettorali dei colletti blu bianchi di questi Stati. Reuters ha giustamente di recente notato che tale quota non abbia troppo gradito la gestione della pandemia, condotta dall’amministrazione Trump. Tutto questo, mentre Biden ha vinto con ampi margini su Bernie Sanders le primarie democratiche di quest’anno in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, mostrandosi così potenzialmente competitivo nel segmento operaio.

Dal canto suo, il presidente ha comunque qualche carta da giocarsi per corteggiare la locale working class. Da una parte, troviamo il commercio internazionale: tema sensibilissimo per i colletti blu della Rust Belt. In tal senso, non è chiaro come costoro considereranno la dura critica rivolta, durante il dibattito tra i vicepresidenti, dalla candidata democratica, Kamala Harris, nei confronti della guerra tariffaria, promossa da Trump contro Pechino.

In secondo luogo, si scorge la questione climatica: fattore che potrebbe pesare soprattutto in Pennsylvania. Biden sconta qui una certa ambiguità sul tema della fratturazione idraulica: controversa tecnica di estrazione del gas naturale, su cui buona parte dell’economia del cosiddetto Keystone State si basa. L’ex vicepresidente non è mai stato troppo chiaro su questo punto, dovendosi costantemente barcamenare tra l’ala più ambientalista del Partito democratico e le esigenze degli operai della Pennsylvania, che temono per i propri posti di lavoro. E’ del resto in tal senso che il presidente sta cercando di far leva sulle preoccupazioni che i colletti blu locali nutrono su questo fronte.

Infine, non trascuriamo che il fattore etnico si intersechi con quello religioso. Secondo quanto riportato di recente dal Pew Research Center, il presidente continua ad essere avanti nel voto degli evangelici e dei cattolici bianchi, per quanto – rispetto ad agosto – il suo vantaggio si sarebbe ridotto. In particolare, il voto dei cattolici bianchi (che vede attualmente Trump al 52% e Biden al 44%) è fortemente conteso dai due candidati, proprio per il suo considerevole peso in Michigan, Wisconsin e Pennsylvania.

Donald Trump prega con i pastori delle chiese e delle accademie cristiane di Las Vegas durante una visita in Nevada

 

Su questo fronte, l’ex vicepresidente sta molto puntando sulla propria storia personale di cattolico, mentre Trump mira a far leva sulla battaglia antiabortista, la difesa della libertà religiosa e la nomina della cattolica Amy Coney Barrett alla Corte Suprema. Potenzialmente problematico quest’anno per il ticket democratico è il forte sbilanciamento pro-choice: un fattore che potrebbe alienare a Biden significative frange di elettorato cattolico.

 

 

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