Notizie dal New Hampshire

Non c’è dubbio, stavolta, su chi sia il vincitore del secondo round delle lunghe primarie del Partito Democratico americano. Il New Hampshire regala la vittoria a Bernie Sanders – dopo quella, larga, del 2016 contro Hillary Clinton. Il senatore del Vermont può essere ormai considerato il capofila della competizione, soprattutto perché i suoi avversari diretti non possono contare sulla sua stessa popolarità in tutte le zone del paese e in tutte le categorie sociali ed etniche degli Stati Uniti. L’affluenza è stata molto alta, diversamente che in Iowa (qui per sapere com’è andata). Ma la vittoria di Sanders, in un certo modo, è meno entusiasmante di quanto i suoi sostenitori sperassero.

I risultati delle primarie Democratiche in New Hampshire (87% dei seggi). Fonte: New York Times

 

Il New Hampshire è uno stato del nord est degli USA, nel New England settentrionale, stretto tra l’Oceano Atlantico e il confine con il Canada. I “bianchi” sono più del 90% di una popolazione di poco meno di un milione e mezzo di abitanti, sparsa in piccole città: la più grande, Manchester, conta 190mila persone. Lo stato è benestante: il settimo di tutti gli Stati Uniti per reddito mediano delle famiglie, e quello con il più basso tasso di povertà. Economicamente è legato all’area metropolitana di Boston, grazie a cui ha sviluppato un florido mercato immobiliare (anche a causa del turismo) e una rete di servizi alle imprese (anche a causa della bassa tassazione). Vicinissimo a Harvard, il New Hampshire è punteggiato da una grande rete di college e di scuole preparatorie per le università, e da una serie di istituzioni sanitarie e ospedaliere, che tutte insieme ne costituiscono il più grande datore di lavoro.

Dal 1992, il New Hampshire ha abbandonato la sua tradizione Repubblicana, votando sempre i candidati Democratici alla Casa Bianca (con l’esclusione di George W. Bush nel 2000). Donald Trump tuttavia perse qui contro Hillary Clinton nel 2016 solo di 2.700 voti, ossia lo 0,3%. Negli ultimi anni, in effetti, i Repubblicani sono tornati a vincere nello Stato, di cui oggi esprimono il Governatore (e la maggior parte degli elettori affiliati a un partito è Repubblicana), mentre la maggioranza parlamentare è Democratica.

Qualcuno poteva pensare che il 78enne Bernie Sanders, senatore eletto nel vicino Vermont, giocasse quasi in casa in New Hampshire. Il precedente del 2016, la vittoria alle primarie contro Hillary Clinton per 60,1% contro 37,7%, poteva far sperare in un risultato altrettanto largo. Ma il voto di quattro anni fa è stato probabilmente più una ribellione contro una candidatura impopolare e una richiesta di cambiamento, piuttosto che l’espressione di un vero sostegno al programma social-democratico di Sanders. Il New Hampshire ha una tradizione “libertaria” che si esprime nella sfiducia generalizzata per la regolamentazione pubblica, in favore del giudizio e della scelta individuale: un orientamento che si è visto addirittura nella resistenza all’obbligo delle cinture di sicurezza in auto e del casco in moto (tanto che l’assicurazione auto è ancora opzionale), ma anche nella decisione di legalizzare nel 2010, primo stato degli USA, il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Lo stato che ha come motto Live free or die! (Vivi libero o muori) ha dunque mostrato un favore molto relativo a Sanders (favore emerso specialmente nelle zone urbane), dato che le sue proposte presuppongono un incremento della spesa pubblica e della regolamentazione: copertura sanitaria universale, investimenti nella scuola a partire da quella per l’infanzia, aumento dello stipendio degli insegnanti, condono del debito studentesco e abolizione delle (altissime) rette universitarie. Sanders nei suoi comizi ha specificato che i fondi per queste spese arriverebbero da tasse sulle operazioni finanziarie e sulle ricchezze dei miliardari, e dalla lotta all’evasione fiscale soprattutto dei grandi gruppi digitali come Amazon, ma non è un caso che i suoi voti si siano fermati al 25,7%.

Certo, è una vittoria. Ma Sanders è tallonato proprio dai due candidati che più si oppongono alla sua visione di deciso intervento pubblico nell’economia e nella società, davvero “rivoluzionario” rispetto all’America degli ultimi quarant’anni. Uno è Pete Buttigieg, 38enne ex sindaco di una cittadina dell’Indiana, che gli aveva conteso la vittoria anche in Iowa (dove ha conquistato più delegati, anche se meno voti). L’altra è Amy Klobuchar, 59enne senatrice per il Minnesota, sconosciuta al grande pubblico fino a poche settimane fa, quando ha ricevuto il prestigioso endorsement del New York Times che l’ha lanciata nella corsa.

Il risultato di Klobuchar (19,8%) è il più sorprendente, anche perché non pronosticato dai sondaggi. Ma la senatrice del Minnesota può contare su una notevole carica empatica, che le consente di accrescere consenso e identificazione con gli elettori. In più, durante la campagna e nel faccia a faccia prima del voto, non è stata attaccata direttamente, perché gli altri candidati non la consideravano un pericolo: soprattutto Buttigieg e Sanders si sono rinfacciati da un lato il sostegno delle lobby e dei miliardari, e dall’altro l’anzianità e l’estremismo. Klobuchar ha potuto presentare le sue proposte con una certa tranquillità. Buttigieg (24,4% e 9 delegati come Sanders) incassa da parte sua un risultato brillante che lo conferma come capofila degli anti-Bernie; prima del voto, ha sfoderato l’endorsement di Michael J. Fox e Kevin Costner, a riprova della dimensione nazionale che sta assumendo la sua campagna.

Dal punto di vista strategico, il New Hampshire è un bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno per il senatore del Vermont. Consideriamo lui il punto di riferimento, nonostante al momento abbia meno delegati di Buttigieg, perché i sondaggi condotti sull’intero territorio degli Stati Uniti lo vedono in testa, e perché Buttigieg e Klobuchar saranno quasi certamente meno competitivi negli stati meno bianchi, di cui i prossimi in cui si vota, Nevada e South Carolina, saranno un buon campione

Il bicchiere mezzo vuoto è rappresentato dall’apparire di un “soffitto di vetro” che non si è ancora rotto: Sanders in Iowa e New Hampshire, anche grazie a una grande partecipazione giovanile, ha ottenuto un quarto dei voti, e gli sono arrivati tutti da supporter entusiasti, che certamente continueranno a sostenerlo. Ma non va oltre quella cifra, il che significa che sarà complicato per lui, in caso di vittoria alle primarie, conquistare poi il sostegno di tutto il partito e di tutti gli elettori alle presidenziali.

Il bicchiere mezzo pieno è rappresentato dall’affollamento tra i centristi: se gli elettori di Buttigieg, Klobuchar e Biden, che politicamente sono abbastanza vicini, si concentrassero su un solo candidato, le vittorie di Sanders sparirebbero. Invece, Buttigieg non ha approfittato pienamente del declino di Joe Biden (quinto in New Hampshire, quarto in Iowa) perché parte dei voti dell’ex vice presidente sono andati ad alimentare l’ascesa di Klobuchar. E secondo i dati, Buttigieg e Klobuchar si stanno dividendo quello che era l’elettorato di Hillary Clinton esattamente a metà. Infine, il campo moderato aspetta ancora lo sbarco nella contesa di Michael Bloomberg, il multimiliardario ex sindaco di New York che si presenterà soltanto da marzo in poi, negli stati che contano.

Lo spostamento dell’elettorato delle primarie tra il 2016 e il 2020. Fonte: FiveThirtyEight

 

Sanders approfitta del passo falso di Elizabeth Warren, la senatrice del Massachussets con un programma simile al suo, ma meno radicale, che può contendergli i voti della sinistra. Warren era andata discretamente in Iowa, ma il 9,3% ottenuto in New Hampshire la mostra indebolita davanti alla poderosa macchina organizzativa della campagna Sanders – che solo durante le tre ore del comizio di chiusura è riuscita a raccogliere 75.000 dollari in piccole donazioni.

Ancora nessuno dei big 5 – Sanders, Buttigieg, Klobuchar, Warren, Biden – sembra deciso a ritirarsi. Il 22 febbraio si vota in Nevada.

 

 

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