L’età dell’incertezza e i nuovi limiti allo sviluppo

Il decennio che verrà sarà caratterizzato da turbolenze e incertezze notevolmente superiori rispetto a quelle del decennio trascorso. Con il contributo di esperti di diverse discipline e materie (tra gli altri, Jeffrey Sachs, Enrico Giovannini, Condoleezza Rice, Bruno Lamborghini e Francesco Starace), abbiamo identificato i principali “macrotrends” che evidenziano i punti critici dello scenario globale nel medio e nel lungo termine.

Il rapporto MacroTrends (pubblicato nella sua terza edizione da Harvard Business Review Italia nel novembre 2018) mette in evidenza dieci rilevanti fattori di cambiamento, raggruppati in quattro driver principali. Pur non intendendo elencarli in ordine di importanza, il driver principale per dimensione e pervasività dell’impatto risulta essere lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie, attese in numerosi campi, dall’Intelligenza Artificiale alla genomica, dai big data all’utilizzo e immagazzinamento delle fonti energetiche, ai nuovi materiali e via elencando. Il secondo driver, rilevante per i suoi potenziali effetti di disruption, si riferisce all’impatto del cambiamento climatico. Il terzo è rappresentato dalle dinamiche in atto e prospettiche del quadro economico globale, dopo un decennio di politiche espansive e a sua volta strettamente intrecciato con il quarto driver, ossia il mutamento dei grandi equilibri geopolitici internazionali.

 

Tecnologia, economia e società

L’impatto della tecnologia su economia e società appare tuttora come il fenomeno più rilevante con cui occorrerà fare i conti. Tra le innumerevoli nuove tecnologie che si stanno affacciando sul mercato con tempi di diffusione da valutare caso per caso e che potranno variare da alcuni anni fino a oltre il decennio prossimo, gli sviluppi più rilevanti per il futuro a medio e lungo termine riguardano l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale (AI), robotica, sensoristica, realtà aumentata e virtuale sull’economia, le imprese, le persone e le competenze.

La novità rispetto ad analisi passate, anche recenti, è che il trend prevalente del prossimo decennio si svilupperà intorno alle opportunità che queste nuove tecnologie offrono di una crescente collaborazione uomo-macchina, invece che sulla temuta ed enfatizzata mediaticamente sostituzione parziale o totale di lavoro e professioni da parte delle intelligenze artificiali. Un mutamento di accento che attenua solo parzialmente, peraltro, l’esigenza di codificare mansioni e professioni più routinarie, determinando la corrispondente esigenza di crescita professionale dei lavoratori interessati da questo fenomeno mediante azioni ad ampio raggio di education e reskilling. La questione della formazione è ampiamente sottovalutata in molti Paesi, in primis l’Italia, e se esiste ampio consenso sulla potenzialità degli effetti virtuosi sul sistema sociale e produttivo che l’avvento dell’AI e delle altre tecnologie potranno avere, altrettanto consenso esiste su quale sia la condizione fondamentale per sfruttare tali potenzialità, ossia che gli individui vengano messi, e concorrano a mettersi, nelle condizioni di accrescere le proprie competenze in un processo che dovrà avere sempre più i caratteri della continuità (continuous learning).

Un altro aspetto di estrema rilevanza riguarda le problematiche poste dalla progressiva introduzione delle nuove tecnologie in termini di scelte etiche nel rapporto uomo-macchina e, più in particolare, tra intelligenze artificiali e società. Se l’esempio più citato riguarda le scelte relative alla programmazione delle auto senza conducente, di futuribile circolazione nelle nostre città, l’ambito delle scelte etiche inizierà ad abbracciare già nel prossimo decennio tutti i settori in cui sceglieremo di dare potere e “personalità” alle macchine, specie se in grado di auto-apprendere.

Già oggi d’altro canto facciamo i conti con molti “lati oscuri del digitale”, in tema di privacy, cyber-sicurezza, utilizzo a fini di disinformazione della rete o uso e abuso dei social media, tra haters e fake news. Nel prossimo decennio l’introduzione progressiva delle nuove tecnologie ci chiamerà ad affrontare in maniera crescente e sempre più pregnante una serie di temi centrali per la convivenza equilibrata tra i vari attori della società, come ad esempio le implicazioni etiche di molte scelte che la genomica imporrà agli specialisti della sanità o alle implicazioni per la stessa democrazia e la definizione dell’architettura istituzionale di un paese.

 

La questione ambientale e il cambiamento climatico

Un altro driver rilevante per la sua potenziale capacità di cambiamento dirompente riguarda il cambiamento climatico, e più in generale la questione ambientale. L’insieme di fattori sottostanti a questo driver si intreccia con l’avvento delle nuove tecnologie, ma ha in realtà una rilevanza autonoma anche rispetto alla tecnologia e nel prossimo decennio rappresenterà una sfida imprescindibile per consumatori, imprese e policy makers, finendo per cambiare radicati modelli di comportamento e processi decisionali.

Il driver della sostenibilità ambientale (un tema molto ampio, di cui il riscaldamento globale è solo un aspetto) finirà per agire su un numero pressoché illimitato di settori e aree, dalla transizione energetica per il contenimento delle emissioni di CO2 (necessario a prescindere dal cambiamento climatico) alla riduzione delle varie forme di inquinamento (dell’aria, dell’acqua, del suolo), dalla deforestazione alla protezione delle specie e alla gestione delle risorse naturali, con un richiamo sempre più cogente a muoversi nella direzione dell’economia circolare. Ne risultano evidenti gli impatti (oggi ancora limitati ma già operativi) sulle scelte politiche ed economiche sia a livello Paese che europeo e globale, e ne diventeranno sempre più evidenti gli effetti sulle opzioni strategiche e operative delle imprese.

Che il cambiamento climatico sia in atto è questione non più controversa, anche se in merito alle responsabilità delle attività umane su effetto serra e riscaldamento globale – con i suoi effetti su scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari e accresciuta frequenza di fenomeni naturali estremi – non vi è unità assoluta di vedute, il consenso sulla correlazione tra attività antropogeniche e riscaldamento globale è ormai molto ampio. La maggior parte dei Paesi sia avanzati che emergenti è avviata ad agire in questa cruciale prospettiva, intensificando la decarbonizzazione, accelerando il passaggio a energie fossili con minor contenuto di carbonio (da petrolio e carbone verso il gas) e più in generale da fonti fossili a energie rinnovabili, sia per il trasporto che per la generazione elettrica; ricorrendo a innovazioni tecnologiche di maggiore efficienza e a misure di limitazione dei consumi di energia e risorse; introducendo limiti alle emissioni di CO2 nel settore trasporti e migliorando l’efficienza del trasporto urbano.

Su questi temi, Enrico Giovannini, Jeffrey Sachs e Mark Esposito pongono l’accento sull’esigenza di perseguire azioni coordinate su scala globale nell’ambito degli obiettivi di sostenibilità definiti dalle Nazioni Unite, ma anche dagli accordi sovranazionali in altre sedi. Una prospettiva incoraggiante è quella presentata da Francesco Starace, Marco Alverà e Vittorio Chiesa sulle transizioni energetiche e il miglior uso delle risorse, unitamente alla necessità di predisporre strategie aziendali attive per la prevenzione e la gestione dei rischi connessi con problematiche ambientali e cambiamenti climatici.

 

Le tendenze dell’economia globale

La terza area dalla quale attendersi cambiamenti di paradigma nel prossimo decennio è il quadro economico globale.

La gestione del ciclo economico che è conseguito alla crisi globale del 2008-09 non ha esaurito la sua funzione di stabilizzazione finanziaria e di rilancio della crescita basata sui paradigmi della sostenibilità economica, finanziaria, sociale e ambientale. La fase espansiva delle politiche monetarie e di bilancio accomodanti del decennio passato ha certamente contribuito a fare uscire dalla crisi le economie di tutto il mondo. Ma questa fase è giunta al termine, generando a sua volta importanti squilibri, come la dimensione, sulla cui sostenibilità nel lungo termine si dibatte aspramente, dei bilanci delle banche centrali o la creazione di bolle di prezzo su alcuni mercati e asset, o l’elevata consistenza del debito, sovrano e privato, anche esso non necessariamente sostenibile, in moltissimi tra i principali Paesi.

Dopo dieci anni, i policy makers si trovano adesso di fronte a un punto di svolta. L’evoluzione in atto indica chiaramente che nel prossimo decennio avremo di fronte un quadro globale decisamente mutato, caratterizzato da politiche di bilancio e monetarie non accomodanti, conflitti commerciali e di posizionamento geopolitico, più che probabili turbolenze in campo finanziario – risultato del combinato disposto di bassi tassi di crescita dell’output potenziale e di politiche espansive post-crisi mirate a sostenere la crescita oltre il suo potenziale.

Tra i fattori su cui i policymaker dovranno misurarsi vanno citati – oltre alla maggiore o minore espansività della conduzione delle politiche monetarie – la sostenibilità del debito, lo stato di salute di lungo termine del settore bancario, il miglioramento della cooperazione tra Stati in campo fiscale nonché le politiche ambientali. A questi punti va aggiunta poi la gestione di alcuni rischi, come l’eventuale ritorno del protezionismo su larga scala e la crescente aggressività nella politica internazionale, soprattutto da parte di alcuni grandi Stati o aspiranti tali. Questi due rischi sono tra loro interconnessi, dato che la maggiore o minore apertura degli scambi commerciali rappresenta oggi uno strumento di pressione politica nella gara per la leadership nel campo delle nuove tecnologie.

 

Evoluzioni geopolitiche

L’evoluzione del quadro geo-politico internazionale è quindi il quarto driver, di lungo termine individuato dal panel di esperti del rapporto, in stretta connessione con i fattori economici. I quasi 30 anni che ci separano dalla caduta del Muro di Berlino non hanno visto affermarsi, se non per un breve periodo successivo, una maggiore integrazione e una minore conflittualità di tipo regionale e di tipo più diffuso. Le ipotesi sinteticamente descritte con l’espressione coniata da Francis Fukuyama di “fine della storia” si sono rivelate illusioni e oggi siamo inseriti in un quadro di crescenti tensioni tra grandi potenze, USA e Cina in testa, con Russia e India desiderose di conquistare un ruolo di potenza globale. Le tendenze alla disintegrazione di vecchi equilibri non colpiscono solo accordi sovranazionali e alleanze, ma anche intere regioni del mondo, tra cui la stessa Unione Europea; e provocano conflitti di complicata soluzione (in primo luogo in Medio Oriente, ma anche in numerose aree dell’Africa e dell’America Latina).

L’analisi svolta per noi da Rony Hamaui connette le dinamiche della crescita economica con l’affermazione e il mantenimento di regimi democratici nei vari Paesi, sia avanzati che emergenti. Una relazione che alcuni danno per scontata, implicando che la prima porterebbe a rafforzare la seconda, ma che la realtà si occupa di smentire, come ci indica tra gli altri l’esempio della Cina. Per comprendere le prospettive che abbiamo di fronte nei prossimi anni è dunque necessario tenere presenti molti fattori: il cambiamento dei rapporti di forza tra le grandi potenze, in primis tra Cina e USA con conflitti ad alto potenziale di scontro, sia sul piano degli scambi che a livello tecnologico e politico; i disequilibri generati da una crescita globale nell’insieme positiva ma certamente diseguale; i flussi migratori massicci e mal governati. Ma non sono da sottovalutare anche gli effetti di un lungo periodo di paure e inquietudini generate da movimenti terroristici, la diffusa percezione di un quadro di minore sicurezza delle persone in numerosi Paesi, la minore protezione sociale in un contesto di invecchiamento della popolazione e ridotto contributo del welfare. Questi cambiamenti stanno spostando la domanda politica da quelle che si sono considerate per molti decenni irreversibili conquiste e garanzie democratiche verso approcci di tipo populistico e nazionalistico, che hanno preso a incidere sulle prospettive politiche in aree diverse, Italia compresa.

Gli eventi geopolitici rappresentano una variabile fuori dal controllo di singole specifiche realtà imprenditoriali. Ma le turbolenze che ne derivano sono in grado di influenzare profondamente, e qualche volta fatalmente, le scelte dei leader d’impresa che, in fasi così perturbate, sono chiamati a operare nel medio e lungo periodo nel modo quanto più consapevole possibile. Ed è questo il senso del richiamo dell’analisi di Condoleezza Rice, in cui ai capi delle aziende multinazionali di grande dimensione viene attribuita una nuova e gravosa responsabilità, oltre a quella di portare al successo le proprie imprese: diventare veri e propri Chief Geopolitical Officer, per non perdere di vista il quadro complessivo in cui si svolge il loro operato.

 

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Il quadro d’insieme di MacroTrends disegna una prospettiva dove alle classiche luci e ombre si aggiungono le sfide epocali, anche in campo etico, della gestione dell’intelligenza artificiale e della genomica, della gestione delle migrazioni e del cambiamento climatico. A uno scenario di sviluppo economico che nei prossimi anni potrebbe tendere a rallentare ma restando comunque su tassi di espansione prevalentemente positivi, fanno da contrappeso numerosi punti interrogativi e alcuni timori diffusi.

Nella valutazione delle prospettive di lungo termine, diviene oggi indispensabile considerare i nuovi limiti che la fine di politiche monetarie espansive e le nuove conflittualità in campo commerciale internazionale iniziano a porre allo sviluppo futuro, esacerbate dalle incognite di tipo finanziario legate all’elevato indebitamento degli Stati e dei privati, dal possibile esaurimento di una lunga fase positiva sui mercati azionari e dalle condizioni generali del sistema bancario e finanziario.

Il dibattito sulla sostenibilità ambientale come nuovo limite allo sviluppo è attualmente molto acceso. Come spesso accade quando si affrontano temi dalle valenze multidisciplinari si tende a sottovalutare la variabile “tempo” e l’impatto della riconversione in funzione “ambientale” del sistema economico/produttivo può divenire un limite o un elemento propulsivo dello sviluppo in funzione del coordinamento tra Stati e delle tempistiche con cui si intende affrontare la sfida. E’ incoraggiante notare le politiche di sostenibilità ambientale che alcuni Stati e imprese hanno già avviato per adottare e rafforzare il raggiungimento degli obiettivi minimi indispensabili, tanto più che è crescente la domanda in questo senso dell’opinione pubblica. Resta il punto interrogativo sulla adeguatezza complessiva della velocità e della dimensione degli sforzi messi in essere.

Le prospettive dello sviluppo tecnologico e della diffusione delle tecnologie della quarta rivoluzione industriale puntano nella direzione di una maggiore efficacia e produttività dei sistemi economici e delle attività d’impresa. Ma anche in quest’area emergono evidenti i limiti che occorre considerare: da un lato quelli relativi a uno sviluppo coerente e controllato del rapporto uomo-macchina e dall’altro quelli riferiti a un uso responsabile degli strumenti digitali, dai device portatili alla rete e ai social media.

Infine, diventerà sempre più cogente la richiesta verso chi opera e agisce in posizioni di responsabilità e leadership nei diversi ambiti di adottare una nuova ottica di maggiore consapevolezza verso le dinamiche politiche e geopolitiche, a livello nazionale e su scala sovranazionale.

 

 

 

Per maggiori informazioni sullo studio MacroTrends contattare uno degli autori agli indirizzi email indicati:

Emilio Rossi, Senior Advisor, Oxford Economics e Presidente EconPartners: erossi@oxfordeconomics.com

Enrico Sassoon, Direttore responsabile di Harvard Business Review Italia e AD di StrategiQs Edizioni: sassoon@hbritalia.it

 

 

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