Negli ultimi due mesi la Tunisia, Paese che ha visto nascere la prima vera democrazia araba, è tornata a votare nelle seconde elezioni libere dalla rivoluzione del 2011. Si è trattato di una doppia tornata, assolutamente significativa per cogliere lo stato della società e del suo rapporto con il sistema politico democratico costruito negli ultimi anni: presidenziali (anticipate per la morte del novantaduenne Presidente Beji Caid Essebsi a fine luglio), e legislative per il rinnovo del parlamento. Il triplo appuntamento si è concluso con l’elezione di Kais Saied alla presidenza del Paese, ma è necessario analizzarlo nella sua continuità per coglierne appieno tutti gli aspetti.
Il primo turno presidenziale e il voto “anti-sistema”
Sin dal primo turno presidenziale del 15 settembre, è emersa una nuova tendenza al voto-sanzione nei confronti dei partiti tradizionali, bocciati perché ritenuti incapaci di dare risposte reali ai problemi della gente. La Tunisia soffre di una crisi economica e sociale che morde: l’economia è ferma, la disoccupazione riguarda circa il 15% della forza lavoro (ma anche chi lavora, in molti casi, lo fa in cattive condizioni), i prezzi aumentano di continuo anche per colpa della svalutazione della moneta nazionale, e i servizi pubblici restano carenti.
Gli elettori tunisini hanno lanciato un messaggio forte e chiaro: “ne abbiamo abbastanza” (“ras-le-bol”) dei partiti e dei politici al potere. A confermare la crescente disaffezione dei cittadini verso la classe dirigente andata al potere dopo la Rivoluzione dei Gelsomini è stata la temuta ridotta affluenza al primo turno presidenziale, pari al 45% circa, rispetto alla precedente di cinque anni fa (64%). L’esito, altamente incerto e difficile data la scelta tra i 26 aspiranti alla carica di presidente, ha premiato due candidati “anti-sistema”: il professore di diritto costituzionale Saied, arrivato primo con il 18,4%, e il magnate TV Nabil Karoui, con 15,6% dei voti, si sono qualificati così al ballottaggio del 13 ottobre.
Non solo il profilo dei vincitori è stato eloquente, ma anche quello degli sconfitti. Tra loro spicca il primo ministro Youssef Chahed, la cui è popolarità era già in netto calo, ritenuto principale responsabile dei problemi economici del Paese. Ma anche nomi forti come il ministro della Difesa Abdelkarim Zebidi e Abdelfattah Mourou, presidente ad interim e candidato del partito islamico Ennahda.
Nel voto di protesta si era già notata una spaccatura generazionale: il 37% degli elettori tra i 18 e i 25 anni, e il 20,3% tra i 26 e i 45 anni hanno votato per Saied, mentre più del 25% di quelli sopra i 60 anni si sono espressi a favore di Karoui. Può sembrare apparentemente inspiegabile che tanti giovani abbiano scelto un 61enne professore conservatore, con un arabo fin troppo formale e dall’atteggiamento rigido – tanto da meritarsi il soprannome di Robocop. Il giurista si è detto favorevole alla pena di morte, e contro la depenalizzazione dell’omosessualità e la pari eredità per uomini e donne.
Tuttavia Saied ha saputo attirare le simpatie di giovani e studenti, nonché di molti intellettuali, grazie agli slogan basati su volontariato e minimalismo, alla capacità di essere uomo istruito ma vicino alla gente, e al suo impegno per la democrazia diretta, e la lotta alla corruzione. Ma Saied è stato apprezzato anche dalle donne, guadagnando il 22% del voto femminile al primo turno, superando il miliardario delle TV, secondo classificato, che ne aveva ricevuto il 20,4%.
Le legislative e un parlamento frammentato
Anche alle legislative del 6 ottobre la partecipazione al voto è stata bassa, un 41,7% che è ben al di sotto del 68% della precedente tornata del 2014. Anche questa è stata una conferma del dissenso verso i governi passati (nove dal 2011) e le loro promesse sociali ed economiche non mantenute. Malgrado l’importanza del voto parlamentare, ’apatia è stata anche dovuta alla maggiore attenzione pubblica rivolta al secondo turno per la presidenza, da svolgersi una settimana dopo.
C’è stata una sola eccezione nella punizione ai partiti tradizionali: il movimento religioso Ennahda, guidato da Rached Ghannouchi, è rimasto il maggiore partito politico, sebbene abbia incassato una pesante perdita di consenso.
I risultati preliminari ufficiali delle elezioni parlamentari mostrano, infatti, il partito musulmano in testa, con 52 seggi sui 217 del parlamento, seguito da Qalb Tounes, il partito di recente formazione del magnate Karoui, con 38 seggi. Dietro ai due partiti vincitori si attestano una serie di forze minori: il partito social-democratico Corrente Democratica che ha ottenuto 22 seggi, la Coalizione islamista e populista Dignità (21), l’anti-islamista Partito Desturiano Libero (PDL) di Abir Moussi (17), il Movimento del Popolo (16), Tahya Tounes del premier Chahed (14), e altri.
Come anticipato da molti analisti, il nuovo parlamento è molto frammentato, composto da una grande quantità di coalizioni, partiti e liste minori indipendenti. Non c’è una chiara maggioranza dal momento che nessun partito ha ottenuto i 109 seggi necessari per governare da solo, ma nemmeno i tre partiti principali, insieme, ci arrivano. Il voto disperso tra formazioni profondamente divergenti ridisegna il panorama politico tunisino, prima dominato da Ennadha e il partito laico ormai sfaldato Nidaa Tounes, e preannuncia difficili negoziati per formare un governo e per legiferare.
Alle legislative è stata massiccia soprattutto l’astensione dei giovani (che in Tunisia sono il principale gruppo demografico). Nel gruppo di età compresa tra i 18 e i 25 anni l’affluenza è stata solo del 9% (e addirittura del 4% tra le elettrici). Le donne hanno partecipato, in generale, molto meno degli uomini. (64% contro 36%). L’affluenza nella fascia tra i 26 e i 45 anni è stata del 33%; a recarsi maggiormente ai seggi sono stati gli over 45 con il 57% – anche in questi casi con una netta prevalenza maschile.
Sebbene modesta nei numeri, l’affluenza dei giovani nelle due tornate elettorali si è rivelata più “mirata” che in passato nella ricerca di una “nuova elite”, a detta di Tarek Kahlaoui, analista politico e assistente universitario in storia presso la Mediterranean School of Business di Tunisi.
“La gioventù tunisina ha certamente influenzato queste elezioni, spingendo per nuove forze in campo”, l’analista afferma alludendo all’esito del primo turno presidenziale così come ai voti di molti giovani andati a Corrente Democratica e alla Coalizione Dignità (in terza e quarta posizione). A differenza delle precedenti elezioni, stavolta i giovani hanno giocato un ruolo importante in direzione di un rinnovamento della classe politica”.
Il trionfo di Kais Saied al ballottaggio
Il ballottaggio del 13 ottobre vsi è svolto dopo un rush finale intensivo di 48, a pochi giorni dalla scarcerazione di Karoui (finito in prigione a fine agosto con l’accusa di riciclaggio ed evasione fiscale). Saied infatti aveva deciso per correttezza di interrompere la sua campagna finché il suo avversario rimaneva in carcere. La partecipazione è cresciuta, toccando il 55%, di nuovo con una prevalenza maschile, anche se più ridotta rispetto alle legislative.
Il giurista indipendente ha conquistato la presidenza con il 72,7% dei voti contro il 27,3% del potente uomo d’affari proprietario di Nessma TV. “Ringrazio i giovani che hanno aperto una nuova pagina” nella storia del Paese, ha detto il nuovo presidente subito dopo l’elezione. Infatti, come al primo turno, sono stati soprattutto gli elettori più giovani (18-25 anni) a premiare Saied con un massiccio 90%, e a seguire il gruppo 26-44 anni con l’83%. Tra gli over 60, invece, ha vinto di stretta misura Karoui, con il 50,8%.
Un altro dato indicativo riguardo i votanti dei due contendenti sta nel livello di istruzione. In entrambi i turni presidenziali, mentre Karoui ha attratto più voti da illetterati (57,3%) e meno istruiti (39,6%), il suo rivale ha goduto del voto dei diplomati (80,8%) e degli studenti universitari (86,1%).
Non sembra incidere il fattore “genere” come nel 2014, quando al secondo turno per la presidenza nel Paese il voto femminile era stato decisivo alla vittoria dell’ex capo di stato defunto Beji Caid Essebsi contro l’allora presidente ad interim Moncef Marzouki, sostenuto dagli islamici.
Come non sembra ci sia più la polarizzazione islamisti-progressisti, tra Ennahda e i suoi oppositori, degli anni post-rivoluzionari. L’attuale politica tunisina, piuttosto, lascia spazio a tendenze indipendenti che si presentano come alternative all’establishment.
Saied ha anche beneficiato di parte dell’elettorato islamista, in particolare Ennahda, ma anche di quello dei partiti dell’ultrasinistra. Il neo presidente ha contato ben 2 milioni e 777mila elettori, cifra nettamente superiore al milione e 700mila di tunisini che avevano votato per l’ex presidente Essebsi. Oltretutto, dato eclatante, il numero dei voti da lui ottenuto al ballottaggio è superiore al numero totale di cittadini che hanno votato per il rinnovo del parlamento.
Una vittoria schiacciante per Saied, una figura indipendente senza precedenti in politica che aveva condotto una campagna con pochi soldi e nessun partito alle spalle, e si è conquistato la popolarità di molti per il suo messaggio anti-corruzione. “Cercheremo di costruire una nuova Tunisia”, ha detto dopo la vincita elettorale, “Conosco l’entità della responsabilità”.