I sei Paesi rivieraschi del Mar Adriatico – Montenegro, Albania, Slovenia, Italia, Croazia e Bosnia ed Erzegovina – hanno subito in modo differente le conseguenze della crisi energetica, derivata dalle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina e dagli squilibri nella domanda mondiale dovuti alla pandemia. Il gas naturale è la risorsa nevralgica in tale contesto.
Il Montenegro è il Paese che ha sofferto meno, in quanto il mercato di riferimento non è sviluppato a livello nazionale: anche il mix energetico albanese si trova in una situazione simile, dato che dipende in minima parte da questa risorsa. La Slovenia, pur basando solo il 10% della produzione di energia sul gas, è uno dei Paesi dell’area che ha avuto più problemi, dato che più della metà della sua disponibilità proviene dalla Russia. Italia e Croazia (membri della UE, come la Slovenia, al contrario degli altri Paesi della regione) hanno sviluppato un mercato gas molto strutturato. In base ai dati del 2021, si può notare come di questa risorsa, che produce buona parte dell’energia nazionale, il 43% per la prima ed il 30% per la seconda, rispettivamente il 38% e il 16% dei volumi sia importato dalla Russia. La Bosnia ed Erzegovina (che ha fatto domanda di adesione alla UE) importa tutto il suo gas naturale da Mosca, ma questo ammonta ad appena l’8% dell’energia elettrica prodotta nel Paese.
Consci di questa dipendenza complessivamente alta, è da qualche anno che i singoli mercati nazionali, grazie anche al sostegno dell’UE, cercano sia di trovare nuove rotte di approvvigionamento energetico, sia di diversificare il più possibile i fornitori d’energia.
Come noto, il gas naturale può essere commerciato allo stato gassoso tramite gasdotto oppure se sottoposto al processo di liquefazione, che permette di diminuire il volume della risorsa fino a 600 volte, via nave. Per il commercio del GNL – Gas Naturale Liquefatto – è necessario che siano presenti nel territorio del Paese esportatore impianti specializzati nel processo di liquefazione, e nel punto di arrivo infrastrutture adibite alla rigassificazione. Ciò è dovuto al fatto che una volta giunto nel Paese di destinazione, il gas naturale deve tornare allo stato gassoso, al fine di essere inserito nei gasdotti per essere dunque convertito in energia, o indirizzato a Paesi terzi.
È proprio in base a questa esigenza che sono stati sviluppati i lavori utili alla diversificazione delle rotte d’approvvigionamento e dei fornitori d’energia. A livello di gasdotti, alla fine del 2020 è stata inaugurata una delle più importanti rotte energetiche a livello europeo, il Trans-Adriatic Pipeline (TAP). É l’ultima parte del “Corridoio meridionale del gas”, che trasporta la risorsa naturale proveniente dal Caspio attraverso Turchia, Grecia, Albania, fino in Italia.
In sintonia con questo progetto, è stata promossa la costruzione di un nuovo gasdotto regionale, lo Ionian Adriatic Pipeline (IAP), che dal 2025 consentirà di collegare il TAP, via Bosnia-Erzegovina e Montenegro, alla rete di distribuzione croata. Ciò permetterà di sviluppare un’arteria gas che parte dall’Azerbaigian, passa in Turchia e poi si biforca in Albania, dove da un lato con il Trans Adriatic Pipeline giunge in territorio italiano e dall’altro tramite lo IAP arriva in Croazia. La Bosnia ed Erzegovina, invece, ha avviato i lavori per la costruzione di tre gasdotti, che permetteranno di migliorare sia la rete gas nazionale, sia le interconnessioni regionali, grazie al nuovo collegamento con la Croazia: l’ultimo progetto dovrebbe concludersi nel 2027.
Per ciò che concerne le infrastrutture GNL, l’Italia tra i Paesi in questione è stata la prima a muoversi dotandosi di tre punti di rigassificazione, di cui solo uno sviluppato all’interno del Mar Adriatico: l’isola artificiale offshore – in mare – vicino a Rovigo. Anche la Croazia si è attivata in questo senso, e l’anno scorso è stato inaugurato sull’isola di Krk il primo impianto specializzato per il gas naturale liquefatto: una struttura che assumerà ancor più un valore strategico con l’inaugurazione dello IAP. In Albania e Montenegro, come già accennato, il mercato gas non è, o solo in minima parte, sviluppato. Tuttavia, questi due Paesi vorrebbero inserire la risorsa tra le fonti di produzione, in quanto essa è vista, come altrove, come un’utile “fonte di transizione” per il raggiungimento della neutralità climatica.
Il dato che sistematicamente emerge nel definire le politiche energetiche è infatti che in confronto agli altri combustibili fossili, il gas naturale produce meno emissioni di anidride carbonica e al contempo presenta un maggior livello di sicurezza energetica rispetto alle rinnovabili grazie alla sua disponibilità costante e modulabile rispetto alla domanda – a fronte del carattere intermittente delle attuali fonti verdi.
Nell’intera regione adriatica, gli sforzi intrapresi per cercare nuove rotte e fornitori sono aumentati a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica, che ha reso improrogabile la necessità di non dipendere più dal gas russo. Il sostegno finanziario arriva a maggio con il RePowerEU, il piano presentato dall’Unione Europea che punta ad aiutare sia i paesi membri sia i paesi-partner più vulnerabili, come quelli dei Balcani occidentali, ad affrancarsi dai combustibili fossili russi.
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In linea dunque con la strategia europea, i singoli Stati si sono mossi in primis sia per cercare nuovi fornitori, come Egitto ed Israele, sia per aumentare gli interscambi commerciali con “vecchi” partner: Stati Uniti, Azerbaigian, Qatar.
Successivamente si è cercato di capire quali rotte d’approvvigionamento energetico fossero più economiche e sostenibili, tenendo ben presente che uno sviluppo sinergico delle infrastrutture gas è la soluzione più praticabile. Ragion per cui, negli ultimi mesi, i governi dei Paesi rivieraschi hanno iniziato ad approvare l’avvio di tutta una serie di progetti specifici sia per l’ampliamento di infrastrutture già esistenti, sia per la costruzione di importanti elementi dal punto di vista strategico.
Il governo italiano sta procedendo con l’ampliamento dell’impianto GNL di Rovigo, ma anche all’installazione di due nuove infrastrutture adibite alla rigassificazione del gas naturale liquefatto, di cui una al largo di Ravenna, che potrebbe entrare in funzione già nel 2024. Nello stesso modo si sta muovendo la Croazia, che ha in programma l’ampliamento dell’impianto GNL di Krk, per aumentarne la capacità da 2,6 a 6,1 miliardi di miliardi di metri cubi.
Anche la Slovenia beneficerebbe di questi lavori, essendo altamente interconnessa a livello di infrastrutture gas con la Croazia: l’ampliamento di Krk potrebbe riuscire a soddisfare fino ad un terzo della domanda interna di gas. Altri sforzi intrapresi dalla Slovenia, utili a diminuire la sua dipendenza dal gas russo, l’hanno portata a dare anche maggior importanza strategica alle interconnessioni con l’Italia, sia a livello di GNL sia di gasdotti. Ciò traspare dall’accordo di metà novembre tra Geoplin e Sonatrach firmato con l’Algeria, secondo cui dal 1° gennaio del 2023, 300 milioni di metri cubi di gas algerino verranno fatti confluire attraverso il territorio italiano utilizzando o il TransMed Pipeline oppure le infrastrutture GNL, riuscendo così a soddisfare un terzo della domanda slovena.
A livello europeo, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, si è accordata con il governo azero per cercare di rinforzare anche l’approvvigionamento proveniente dal Corridoio meridionale del gas. Motivo per il quale è stato avviato un progetto per ampliare, fin quasi a raddoppiare, la quantità di gas trasportabile attraverso questo gasdotto che, in vista dell’inaugurazione dello Ionian Adriatic Pipeline, crea una valida alternativa alle infrastrutture e risorse russe.
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Una volta messo in funzione, lo IAP permetterà anche a Bosnia ed Erzegovina e Montenegro di assumere una posizione rilevante nel mercato gas regionale, ma soprattutto di dipendere meno dalla Russia. Vi è un’ulteriore strada percorribile in questa direzione: condurre attività di ricerca ed esplorazione della risorsa naturale all’interno dei singoli territori nazionali.
Consapevole ne è l’Italia che con l’ultima legge di bilancio mira, tramite il rilascio di cinque permessi esplorativi e di due concessioni esplorative, a ricavare ulteriori 15 miliardi di metri cubi in 10 anni dalle proprie riserve di gas. In questo senso la Croazia si è mossa già da tempo, utilizzando le proprie riserve: entro il 2024 mira ad incrementare del 20% la quantità di energia proveniente dai suoi giacimenti, sia limitando le esportazioni sia sfruttando a pieno il potenziale dei pozzi attivi.
Il governo croato ha dichiarato che non ha intenzione di avviare nuovi progetti inerenti all’esplorazione gas, forse anche alla luce dei recenti scandali di corruzione di una delle maggiori società di servizi pubblici in Croazia, la compagnia petrolifera e del gas INA.
Nel complesso, dalle iniziative in corso, almeno in parte coordinate tra loro, emerge che alcuni piccoli Paesi dei Balcani occidentali potrebbero beneficiare soprattutto della loro funzione di punti di transito in vista di un’espansione e razionalizzazione delle reti gasifere europee. La UE fornirà ovviamente un impulso decisivo in tal senso, ma anche i rapporti bilaterali e regionali avranno notevole importanza – con l’Italia nella posizione di cogliere una naturale opportunità.