L’approccio dell’intelligence per affrontare la crisi economica

Per cercare di comprendere gli esiti e di ipotizzare le conseguenze della pandemia, il metodo dell’intelligence è fondamentale non solo per lo Stato ma per ogni cittadino: senza la raccolta, l’analisi e l’utilizzo delle informazioni rilevanti non si percepisce correttamente la realtà. Il metodo dell’intelligence ci aiuta da un lato ad unire i punti e dall’altro a contestualizzare le informazioni in profondità. Questo consente di affinare le abilità cognitive e decisionali applicate alla complessità del contesto globale, per definire delle policy pubbliche efficaci e comportamenti individuali adeguati.

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, l’economia mondiale sarà caratterizzata da una decrescita del PIL del 3% nel 2020. Il “Great Lockdown” è stato definito la recessione peggiore dalla Grande Depressione degli anni ‘30.

Nel 2019 l’economia globale ha subito un rallentamento già rilevante, dovuto principalmente alla “guerra dei dazi”. In questo quadro l’emergenza Covid-19 ha determinato una fase di recessione atipica. Uno shock esterno che ha colpito l’economia come un meteorite, con un effetto congiunto, sul crollo di offerta e domanda, a causa del progressivo blocco di molte attività economiche. Il governo italiano ha cercato di fronteggiare la situazione con il D.L. “liquidità” del 7 aprile 2020. Il meccanismo scelto pare però poco funzionale alle dimensioni del problema. Infatti, è stato delegato al sistema bancario il reperimento della liquidità, in un settore ingessato dalle “regole di Basilea” che impongono soglie di patrimonializzazione, propedeutiche all’erogazione dei prestiti alle imprese.

Secondo l’FMI, l’economia italiana sarà tra le più colpite al mondo. Al netto dei correttivi, nel 2020 il PIL italiano si attesterà intorno al -9,1%. Una cifra mostruosa.

La perdita di produttività implica l’aumento della povertà e delle disuguaglianze. Al Sud l’emergenza economica si inserisce in una situazione di fragilità strutturale. Al Nord, in particolare in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, le regioni maggiormente colpite dall’epidemia, si potrebbe assistere alla perdita di circa il 3,6% del PIL, pari al 40% della perdita prevista su scala nazionale.

La forte recessione economica rischia di generare inevitabili implicazioni negative sull’occupazione e potrebbe rendere travolgenti le spinte secessioniste e all’autonomia differenziata da parte delle regioni del Nord. Tendenza analoga alle spinte per l’uscita dell’Italia dall’UE, secondo recenti sondaggi.

A livello industriale, si profila una serie di minacce ulteriori per la sicurezza nazionale. Destano preoccupazione le attività economiche dei settori strategici: energia, trasporti, acqua, salute, comunicazioni, media, potenziali prede d’interessi economici stranieri e criminali. Paiono a rischio anche
i comparti in cui sono presenti le nostre multinazionali “tascabili”, aziende che rappresentano l’imprenditoria italiana nei settori dell’intelligenza artificiale, della robotica, del packaging, delle macchine utensili, della difesa, delle biotecnologie.

In tali settori, va contrastata con interventi straordinari l’ulteriore infiltrazione della criminalità organizzata, come da più parti responsabilmente previsto.

Vista la particolare struttura produttiva dell’Italia, rischia di essere molto negativo l’impatto sulle piccole e medie imprese, spina dorsale del sistema economico.

Nelle ultime settimane, sono molteplici le stime prodotte, così come le proposte d’intervento. A nostro avviso, i seguenti aspetti meritano particolare attenzione, poiché si ricollegano al tema del disagio sociale:

 

Interventi economici tempestivi. La velocità d’intervento è il fattore critico di successo di qualsiasi azione in condizioni di emergenza, considerando che per garantire la tenuta democratica del Paese, è necessario preservare il tessuto sociale. A tal fine è imprescindibile il mantenimento dei livelli occupazionali pre-crisi, peraltro già problematici.

Estendibilità delle misure. Si deve garantire la possibilità di ampliare le misure in termini di durata e dimensione, estendendole ai settori che avranno bisogno di più tempo per la ripresa, anche dopo la fine del lockdown.

 

In tema di policy si propongono interventi economici anticiclici, con una visione di lungo respiro; investimenti pubblici e privati (project financing) in infrastrutture fisiche e tecnologiche con snellimento delle procedure; immediata cantierizzazione delle opere già finanziate; sostegno tempestivo a famiglie e imprese, con sostegni al reddito, incentivi a fondo perduto per gli investimenti aziendali ed immediato smobilizzo dei crediti verso la Pubblica Amministrazione.

Dovrebbe essere previsto un blocco delle operazioni straordinarie nei settori strategici, migliorando il golden power. In questa fase, sarebbe opportuno vietare la vendita di azioni degli asset strategici ed aumentare gli obblighi informativi sulle operazioni societarie.

Occorre favorire il rientro delle aziende e contrastare il dumping fiscale e finanziario, ad opera delle società di rating, quale fattore competitivo dei Paesi con fiscalità di vantaggio e minor costo del denaro, con la costituzione di numerose “Zone Economiche Speciali” e interventi fiscali volti a impedire maggiori oneri finanziari.

E’ necessario sostenere reshoring e nearshoring, delle aziende che operano in settori strategici che possono determinare effetti positivi sull’indotto e l’occupazione. Per evitare di trasferire i costi di reimpianto sul consumatore, sarebbero necessari crediti d’imposta fino al 100% dei costi ed il cofinanziamento dello start-up.

Politiche industriali ed energetiche dovrebbero essere due facce della stessa medaglia, per massimizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo in partnership con le Università; accelerare la transizione green e lo sviluppo di tecnologie avanzate; rilanciare l’industria 4.0 con l’introduzione massiva dell’ICT e dell’intelligenza artificiale; creare dei Cyber-Physical Systems per aumentare l’efficienza; contrastare la sottocapitalizzazione delle imprese mediante investimenti in conto capitale.

A fronte delle minacce ipotizzate, l’intelligence economica è una parte rilevante delle attività d’intelligence istituzionale, da sviluppare in modo accentuato insieme all’intelligence fiscale, che può svolgere un ruolo determinante per l’adozione di misure anti-dumping fiscale e anti evasione, volte ad agevolare il trasferimento in Italia delle sedi legali delle società capogruppo migrate in Paesi con fiscalità di vantaggio.

 

 

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