La sfida a Erdogan che viene da Istanbul

Il primo commento, fin troppo facile, dopo la nottata del 23 giugno, sarebbe ‘Inizia una nuova era per la Turchia’. Una nuova figura si affaccia sulla scena politica, decretando, nello stesso tempo, l’inizio della crisi per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e per il suo partito AKP – che però, fino a questo momento, volendo dirla tutta, raramente si erano trovati una opposizione degna di questo nome da dover battere.

La notizia, comunque, c’è ed è che Ekrem Imamoglu, 49 anni ed esponente del CHP, il Partito Repubblicano del Popolo, di orientamento laico e repubblicano e principale forza dell’opposizione, è il nuovo sindaco dei 16 milioni di cittadini di Istanbul, con il 54% dei consensi. Un risultato che è andato al di là delle più rosee aspettative, e con il quale ha battuto, per la seconda volta in pochi mesi, il candidato della maggioranza, Binali Yildirim, ex primo ministro e uomo di fiducia proprio del presidente Erdogan. La differenza è che questa volta lo ha fatto per 9 punti percentuali e non per 13mila voti, come avvenuto il 31 marzo scorso.

Con il risultato del 23 giugno, per la megalopoli sul Bosforo, finiscono mesi di tensioni e di polemiche nate quel giorno, e culminate il 6 maggio con la decisione dell’Alta Corte Elettorale di fare ripetere il voto, nonostante, seppure per pochi voti, il risultato fosse acquisito. La versione ufficiale è che erano state registrate irregolarità nelle operazioni di spoglio, soprattutto nel conteggio delle schede nulle. Ma in molti concordano nel ritenere che a incidere sulla decisione sia stato il presidente Erdogan in persona, che dopo un risultato amministrativo molto deludente in tutto il Paese, abbia voluto tentare il tutto e per tutto per non perdere la città simbolo della Turchia moderna, della quale è stato anche sindaco dal 1994 al ’98, e che rappresenta il vero motore economico del Paese. Il risultato è che l’ha persa in modo ancora più netto e inequivocabile rispetto alla volta scorsa: l’insuccesso per un pugno di voti a marzo si è trasformato in una sconfitta politica: i voti di scarto stavolta sono stati 700.000, autorizzando tutti a pensare che Erdogan non è più invincibile come una volta.

L’analisi dei dati elettorali parla chiaro. L’AKP non perde solo la poltrona del primo cittadino. Su 39 distretti che compongono la Istanbul Büyükşehir Belediyesi, ossia la città metropolitana di Istanbul, gliene restano appena 11. Fra le circoscrizioni perse ci sono quelle più conservatrici, come Fatih ed Eyupsultan, e quelle dove risiedono le attività produttive, come Zeytinburnu: segno che il malcontento nei confronti dell’AKP trova le sue radici nella crisi economica, che ha cominciato a farsi sentire nel Paese nell’ultimo anno, ma anche nella gestione scellerata della crisi siriana e della conseguente emergenza immigrazione, che proprio a Istanbul si è fatta sentire di più. Le conseguenze, dal punto di vista politico, sono teoricamente devastanti. Il CHP al momento è in grado di amministrare in una condizione di relativa tranquillità una città che è la vetrina del Paese, che ha una capacità di produzione economica impressionante e che è il trampolino per eccellenza per imporsi sulla scena nazionale.

Il risultato finale dell’elezione, e il voto dei distretti della città: in rosso quelli dove ha vinto Imamoglu. Fonte: hurriyetdailynews.com

 

Proprio per questo motivo, c’è da scommettere che il presidente Erdogan farà del suo meglio per rendergli la vita il più difficile possibile, soprattutto su quei capitoli come mobilità, immigrazione e aiuto ai più disagiati, dove gli abitanti della megalopoli sul Bosforo aspettano le risposte più urgenti. Per farlo, potrebbe appoggiarsi sulla crisi economica che in effetti sta attanagliando il Paese e che potrebbe portare al taglio dei progetti urbanistici previsti nelle prime due città della Turchia, la capitale Ankara e Istanbul appunto – entrambe, guarda caso, passate nelle mani dell’opposizione.

Istanbul, dunque, cambia colore, passando dal giallo degli islamici-moderati, passa al rosso dei repubblicani. Il grande seguito, fino all’idolatria, di cui è stato circondato Imamoglu, è una reazione di quegli elettori che per anni non hanno visto una alternativa concreta allo strapotere e all’abilità di Erdogan. Davanti a un candidato giovane, colto e finalmente determinato e carismatico, non hanno esitato a riversare su di lui tutto il loro appoggio. Lo hanno seguito, piazza per piazza, anche nei quartieri dove il CHP fino a pochi mesi fa non avrebbe nemmeno fatto campagna elettorale.

Ekrem Imamoglu durante un evento di campagna

 

Un vero e proprio miracolo politico, venuto quasi fuori per caso. Il quasi e d’obbligo, perché questo imprenditore con la faccia e i modi da bravo ragazzo, in realtà scalpita da anni per arrivare alla ribalta della scena politica nazionale. Nel 2009, quando si vide negare la candidatura per diventare sindaco del distretto periferico di Beylikduzu, impresa che gli riuscì nel 2014, minacciò di lasciare la vita politica. Stakanovista, sta in ufficio anche 14 ore al giorno, e decisionista, per cominciare dovrà vincere la battaglia all’interno del suo partito.

Il CHP, a questo punto, deve capire da che parte andare. Il nuovo sindaco di Istanbul è un astro nascente, con una squadra personale che lo segue da anni. Particolare che, all’interno di una formazione dove i vecchi apparati contano, non è destinato a destare troppe simpatie. Inoltre, non è un segreto per nessuno che Imamoglu sia un musulmano osservante e che provenga dall’area più conservatrice e nazionalista della formazione politica repubblicana. Questo lo rende un candidato perfetto per contendere la base elettorale a Erdogan o per contrapporsi agli islamici-moderati.

Molte più difficoltà potrebbe incontrarle nel dialogo con i curdi, che a Istanbul gli hanno garantito un potenziale di oltre un milione di voti e che. Pur non avendo chiesto niente in cambio, da Imamoglu e dall’opposizione si aspettano comunque passi sostanziali nel segno di una maggiore apertura nei loro confronti. Gli interlocutori stranieri, invece, già pronti a consacrarlo come referente politico e simbolo anti-Erdogan (e di riflesso anti-Putin), potrebbero poi scoprire che le sue priorità al momento sono ben altre.

L’ambizione è tanta, le aspettative ancora di più. Alla guida del distretto di Beylykduzu ha dimostrato di essere un amministratore esemplare e un modello per tutti gli altri. Da oggi Ekrem Imamoglu deve mostrarsi capace non solo marketing e nello storytelling, ma anche nell’arte concreta del governare una megalopoli di 16 milioni di persone.

Beylykduzu e la sua possente espansione edilizia

 

Per l’arena nazionale, intanto, c’è tempo. La futura sfida a Erdogan parte proprio dal confronto tra i due come sindaci. Il presidente potrà anche aver imboccato la parabola discendente, ma può rivendicare di aver portato prima Istanbul da sindaco e poi la Turchia da premier e da capo di Stato a indici di crescita e peso internazionale mai visti nella sua storia. Un’eredità con cui non sarà facile competere.

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