“Se abbiamo sbagliato qualcosa, non saranno i francesi a pagarne il prezzo”. Con queste parole, Emmanuel Macron si è rifiutato durante l’ultimo “consiglio di difesa sanitario”, nome dal suono guerresco ma forse appropriato, venerdì 11 settembre, di prendere nuove misure per arginare la pandemia in Francia. Niente chiusura di bar e ristoranti in città come Bordeaux o Marsiglia, dove la recrudescenza del Covid è ancora più forte che altrove, e dove la vita sociale all’aperto è molto diffusa, benché lo chiedessero il ministro della Salute Olivier Véran, e il direttore generale della sanità Jérôme Salomon. Per non “farne pagare il prezzo ai francesi”, certo, ma soprattutto per non essere il primo grande Paese occidentale a tornare nell’incubo del lockdown, e il primo grande leader europeo a riportare le lancette della pandemia a marzo, cosa che costituirebbe una débâcle non solo politica ma anche d’immagine di proporzioni globali.
D’altronde, da marzo a oggi, molto è cambiato in Francia. Per cominciare è cambiato il governo: dopo la sconfitta alle amministrative di marzo-giugno (il secondo turno è stato ritardato a fine lockdown), il capo del governo Édouard Philippe è stato sostituito da Macron con Jean Castex. Alle amministrative, tutti i bei nomi della “macronìa”, così è ormai chiamata la cerchia di potere presidenziale, sono stati sconfitti. Tutti? No: proprio Philippe era stato l’unico ad essere rieletto nella sua Le Havre, in Normandia, di cui era sindaco, a riprova definitiva della sua colpa principale, la popolarità troppo maggiore di quella del Presidente della Repubblica, una popolarità troppo pericolosa in vista delle Presidenziali del 2022. Meglio rimuoverlo, e sostituirlo con Jean Castex, fino a quel momento uomo-ombra di Nicolas Sarkozy nell’amministrazione pubblica, sindaco di un paese di 7.000 abitanti ai piedi dei Pirenei, insomma uno sconosciuto destinato a non disturbare mai le ambizioni di un presidente a caccia di rielezione, che di Philippe e delle trame del suo entourage, rottamato anch’esso, non si fidava più.
Vivere con il virus, dunque, ha detto Macron. Vivere con il virus, ha ribadito Castex alla Camera – Castex era commissario all’uscita dal lockdown prima di essere chiamato a guidare il governo di Francia. Cosa significa esattamente nessuno lo sa: intanto però lo stato di emergenza sanitaria sta per essere prolungato fino al 31 marzo 2021, anche se per paradosso si è deciso di ammorbidire il protocollo sanitario delle scuole per bambini sotto i dieci anni, davanti al numero eccessivo di classi chiuse e alunni rinviati a casa per semplici raffreddori e mal di testa. La strategia per l’autunno è quella dei test di massa per garantire la tenuta dell’economia (la Banca di Francia ostenta ottimismo per i prossimi mesi) e quella appunto delle scuole. In realtà, la Francia in primavera si era distinta in negativo per i pochi test effettuati, che ancora oggi ammontano a meno di quanto fatto in Italia, Spagna, Regno Unito o Germania, e per il momento la nuova strategia fatica a dispiegarsi.
Non si sa se a preoccupare di più siano i numeri della pandemia o dell’economia. I casi di Covid individuati nelle ultime tre settimane sono più del doppio dei picchi di marzo – di certo anche perché oggi si fanno molti più test. Il numero delle vittime giornaliere non raggiunge quei livelli, ma ha toccato comunque i 350 morti settimanali tra il 12 e il 18 settembre (in Italia negli stessi 7 giorni sono stati 71, in Germania 37). Dal 28 agosto, nelle strade di Parigi e di molti comuni dell’hinterland, e anche a Marsiglia e Tolosa, portare la mascherina è obbligatorio ovunque (corridori, ciclisti e automobilisti sono gli unici esentati). In altre città, solo in centro – e si tratta di una svolta importante per la Francia, paese in cui l’uso della mascherina ha sollevato molte polemiche, ed è stato reso obbligatorio nei luoghi pubblici chiusi solo dal 20 luglio. Ora, lo stato sta cercando di costruire uno stock di 2 miliardi di dispositivi di protezione facciale, quantità che si dovrebbe raggiungere alla fine di settembre.
La frenata di un sistema produttivo che già non se la passava bene, inoltre, va enumerata tra le cause della prudenza di fronte all’ipotesi di inasprire di nuovo le misure di contenimento della pandemia. Tra i pochi indicatori disponibili, il calo del PIL francese nel primo trimestre 2020 sul trimestre precedente era stato il peggiore di tutta l’Unione Europea (-5,9%), mentre nel secondo trimestre la diminuzione era di un ulteriore 13,8%, cifra superata solo da Spagna, Portogallo, Grecia e Ungheria nella UE, oltre che dal Regno Unito. Per gestire il piano di rilancio France Relance da 100 miliardi, a cui si aggiungeranno quelli del Recovery Plan, è stato resuscitato un organismo creato nel 1946, l’Alto Commissariato al Piano, poi accantonato ai tempi dell’efficientismo liberale degli anni Novanta. A alla sua testa (altro caso di resurrezione) è stato posto il pluricandidato alla Presidenza, presidente del partito centrista MoDem, squalo tra i più navigati della politica nazionale (è stato ministro sotto Mitterrand e sotto Chirac), e infine dall’anno scorso anche indagato per malversazione, François Bayrou.
L’Alto Commissariato dipenderà direttamente dall’Eliseo. Ma se c’è un Alto Commissario a decidere e pianificare tutta la spesa, che cosa ci sta a fare allora il governo? – ha chiesto qualcuno. Il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, il cui titolo solo un mese prima era stato modificato in “Economia e Rilancio”, non ha commentato. Ma Jean Castex, il nuovo primo ministro, è stato nominato anche per “ingoiare” decisioni simili senza protestare: la nave di Macron deve andare all’assalto del 2022 con il maggior numero di alleati possibili – e Bayrou nei puzzle presidenziali non è insignificante – dunque il governo, più che a fare politica, deve servire a polarizzare l’opinione pubblica e a ingaggiare guerre culturali capaci di coagulare attorno a Macron un numero congruo di sostenitori.
Ecco spiegate le presenze nel nuovo esecutivo di figure polarizzanti, divisive, mediatiche, esuberanti, come al Ministero della Giustizia l’avvocato penalista Éric Dupond-Moretti, assurto alla celebrità grazie a casi scabrosi di cronaca, a one-man-show televisivi, e alla difesa del bel mondo parigino negli affari di alta finanza. O Gérald Darmanin, nuovo Ministro dell’Interno che promette pugno di ferro e tolleranza zero contro il crimine, le sommosse e l’immigrazione clandestina “che inselvatichiscono la Francia” – ensauvagement, termine caro all’estrema destra, è la parola chiave, in una strategia che punta a rubare voti al partito della Le Pen – nominato nonostante accuse e indagini di traffico di influenze e addirittura di stupro a suo carico.
La nave di Macron dunque è carica, ma il rischio è che lo sia troppo. Troppe teste, troppi fronti. Sostenere le famiglie, le imprese, gli inquilini, i consumatori, i lavoratori a rischio disoccupazione. Dove e come spendere? La commissione d’inchiesta parlamentare sulla gestione della pandemia partita a luglio, ripresa a settembre dopo la pausa agostana, denuncia che i responsabili, gli operatori intermedi, tutto il personale medico, si sono sentiti abbandonati a se stessi, senza avere l’impressione che lo Stato sapesse in quale direzione agire. E ora lo sa?
Non c’è dubbio che il grande rivolgimento politico-governativo operato negli ultimi mesi servisse anche a lasciarsi alle spalle una gestione sfociata appunto in una commissione d’inchiesta (con corredo di stillicidio di accuse e controaccuse sulle decisioni prese), ma anche in decine di denunce portate da cittadini e medici contro i ministri e responsabili pubblici, e dure polemiche sull’impreparazione mostrata dal paese e sulla dipendenza dalle forniture sanitarie estere, che alcuni hanno definito prova del globalismo irresponsabile incarnato proprio da Macron. Tanto più che una ricerca demoscopica approfondita, uscita nei giorni scorsi, certifica che tra gli stessi simpatizzanti del Presidente, tra gli elettori de La République en marche, solo poco più del 50% pensa che la Francia debba aprirsi di più al mondo, mentre il 68% chiede che lo Stato intervenga di più in economia, e il 45% stima giusto che lo faccia “prendendo ai ricchi per dare ai poveri”.
Dunque, quale direzione avrà il piano di rilancio? Si parla di riportare le strutture produttive sul suolo francese, dopo decenni di delocalizzazioni. Si parla di implementare il 5G (“non facciamo come gli Amish” – ha detto Macron, che vuole assegnare subito le frequenze, mentre molti sindaci e deputati verdi e di sinistra chiedevano un dibattito più ampio e una moratoria di un anno). Si parla di tagliare le tasse alle imprese, e 20 miliardi saranno destinati a questo; ma a chi venderanno le imprese se la domanda nazionale e internazionale continuerà a languire? Si parla di rinnovare tutta l’infrastruttura ferroviaria (5 miliardi). Ma le misure previste in France Relance sono così tante e minuziose, si va dai sussidi ai venditori di souvenir alla ristrutturazione delle cattedrali gotiche, che la possibilità di perderle in mille rivoli di spese poco efficaci nel loro complesso esiste.
Anche perché una gran parte delle risorse dovrà essere usata per sistematizzare le protezioni sociali, allo scopo di impedire l’esplosione di diseguaglianze, disoccupazione (sono già 700.000 i posti di lavoro persi) ed emarginazione economica. Scelte difficili dovranno essere fatte, il liberale Le Maire ha già detto che la riforma delle pensioni che aveva provocato proteste ingenti prima del lockdown “è assolutamente indispensabile”, e da esse dipenderà il futuro della Francia e la carriera politica di non pochi dei suoi leader.