Innovazione sostenibile: il presente delle smart city è arrivato

Vivere dentro la globalizzazione tecnologica non necessariamente coincide con il comprenderla: i cambiamenti sono in evoluzione così rapida che è davvero difficile riuscire a stare al passo con ogni innovazione – che non è solo tecnologica ma, soprattutto, mentale. Viviamo, lavoriamo, instauriamo rapporti interpersonali localmente, ma nello stesso tempo viviamo, lavoriamo e instauriamo rapporti interpersonali con il resto del mondo, attraverso le migliaia di interconnessioni che ogni giorno attiviamo.

Ho avuto il piacere, negli anni, di curare la pubblicazione e la diffusione in Italia di libri fortunati, tra cui “Il dilemma dell’innovatore” di Clayton Christensen (Franco Angeli, 2001). Nella postfazione che scrissi allora facevo emergere come anche nell’era di Internet ci si pone il dilemma descritto da questo autore, riguardante le conseguenze di quelle che lui chiama innovazioni delle tecnologie «di sostegno» e delle tecnologie «di interruzione».

Come dice giustamente Michel Serres (filosofo francese scomparso proprio pochi mesi fa), il quotidiano nella sua struttura routinaria sta finendo e la realtà ci richiede processi di adattamento continui, provocati appunto dalla tecnologia e dalla globalizzazione. Questi processi avvengono al di là e al di fuori delle forme di governance politiche, istituzionali e di quelle tradizionali delle imprese, che oggi faticano ad assolvere compiti del genere. Migliori risultati si stanno registrando così grazie alle tante esperienze organizzative, sociali, di business, di cittadinanza attiva, di social innovation che danno un colore diverso alla globalizzazione attuale e ci aiutano a comprenderla.

Le logiche di mercato e di sviluppo economico prevalenti hanno favorito il consumismo senza alcun riguardo per l’ambiente, ma questo ha spinto la collettività a reagire ricercando la possibilità uno stile di vita innovativo e sostenibile. Le espressioni «ecosostenibilità» e smart cities sono entrate a pieno titolo nel vocabolario dei governi, delle istituzioni e dei cittadini: il fine ultimo è quello di richiamare uno stile di vita urbano intelligente, cioè fare attenzione all’uso delle risorse disponibili nella vita quotidiana e nelle proprie abitudini. La definizione di smart city che fa Carlo Mochi Sismondi è esauriente: “una città smart è uno spazio urbano, ben diretto da una politica lungimirante, che affronta la sfida che la globalizzazione e la crisi economica pongono in termini di competitività e di sviluppo sostenibile con un’attenzione particolare alla coesione sociale, alla diffusione e disponibilità della conoscenza, alla creatività, alla libertà e mobilità effettivamente fruibile, alla qualità dell’ambiente naturale e culturale”.

Città e natura non sono concetti distanti tra loro, così come non lo sono tecnologia e natura: anzi, per sviluppare davvero una crescita sostenibile è necessario iniziare a pensare al mondo come a un composto ibrido fra esseri umani, natura e tecnologia. Questo ci rende più consapevoli della nostra ecological footprint (impronta ecologica), come dice il professor Robert P. Beauregard della Scuola di Architettura e Pianificazione della Columbia University (GSAPP), sottolineando che l’inversione di tendenza è proprio quella di «iniziare a ragionare anche in termini ‘slow’, secondo una logica di vita capace di […] cambiare il nostro modo di vivere e consumare la città».

Le città sostenibili sono città resilienti, che si adeguano ai cambiamenti in corso cercando soluzioni economiche e sociali nuove adatte alle sollecitazioni ambientali e storiche. Ne è un esempio Copenaghen, capitale che sorge sul mare e città di canali, dove è stato progettato un quartiere a prova di riscaldamento globale e inondazioni. Come scrive Beauregard, «Nello speciale quartiere di San Kjeld si può finalmente dire addio all’asfalto e nelle piazze si possono trovare tappeti erbosi e percorsi pedonali, anziché il solito cemento e i classici marciapiedi. Non mancano speciali tubazioni per raccogliere l’acqua piovana dai tetti e convogliarla nella direzione corretta.»

Il sistema di permeabilità del fondo stradale di San Kjeld

 

Che le si definiscano net cities, città aperte, città senzienti, wiki-città, o città creative poco importa; ciò che conta sono l’efficienza energetica e la sostenibilità dello sviluppo che contraddistingue queste città intelligenti e all’avanguardia, in grado di alimentarsi soprattutto da via solare ed eolico, riducendo così anche i costi di trasporto e decentrando la produzione stessa dell’energia.

Facciamo qualche altro esempio. Le cinque città considerate le migliori smart cities del mondo, secondo lo studio approfondito di Juniper Research 58 e pubblicato su Worldwide Smart Cities: Energy, Transport & Lighting 2016-2021, sono Singapore, Barcellona, Londra, San Francisco e Oslo.

Singapore, la città-Stato del Sudest asiatico, è addirittura la prima smart nation al mondo. Si può dire che nella Repubblica di Singapore non vi sia aspetto della vita urbana che non sia monitorato attraverso sensori (forniti da aziende private), in grado di processare una considerevole mole di dati: dai parcheggi alla sanità, passando per lo smaltimento dei rifiuti al sistema di illuminazione pubblica a basso consumo. La crescita e la competitività di Singapore sono fortemente sostenute dal Governo, che sta catalizzando l’innovazione in tutti i settori, compreso  quello pubblico. Sforzi fondamentali per garantire che tutti i segmenti della società siano in grado di sfruttare le tecnologie digitali e trarne vantaggio.

La seconda smart city al mondo e la prima in Europa è il capoluogo della Catalogna, Barcellona, che vanta efficienti sistemi di parcheggio e di monitoraggio del traffico, oltre a un livello di efficienza energetica eccellente. La flotta di autobus ibridi è una delle punte di diamante di questo grande centro urbano, così come la promozione di una mobilità sostenibile. Negli ultimi anni è fortemente migliorata la connettività cittadina grazie all’utilizzo dell’Internet of Things (IoT) urbano, e sfruttando gli open data, si sono creati oltre 47.000 posti di lavoro. In più l’amministrazione pubblica ha risparmiato circa 42 milioni di euro sui consumi di acqua ed energia elettrica. Barcellona percorsa da più di 500 km di fibra ottica e più di 100 km di piste ciclabili (da citare l’iniziativa Bicing, con le sue oltre quattrocento stazioni di biciclette noleggiabili anche via smartphone). Inoltre pullula di laboratori creativi e interconnessioni di professionisti provenienti da tutto il mondo.

Sale sul podio delle smart cities globali anche Londra. In una delle metropoli più caotiche, l’uso di nuove tecnologie in ottica smart sta aiutando a migliorare sensibilmente la vita dei quasi nove milioni di abitanti (che, secondo le previsioni, diventeranno dieci milioni entro il 2030). La mobilità è forse il fiore all’occhiello della Londra smart: sistemi di bike sharing elettrico e un progetto di monitoraggio dei parcheggi rappresentano di certo un valido aiuto in una città che fa del movimento il suo carattere distintivo. Un’iniziativa degna di nota è il London Datastore: un portale di libero accesso in cui è possibile conoscere in tempo reale lo sviluppo delle soluzioni che si stanno attuando per migliorare la vivibilità della città.

La quarta classificata per la Juniper Research è San Francisco, considerata d’altronde una delle capitali tecnologiche del mondo. Il sistema di trasporto pubblico, anche da questa parte dell’oceano, è uno dei settori in cui l’approccio smart risulta più sviluppato: sistemi intelligenti per il pagamento delle tariffe via smartphone e contactless hanno sensibilmente migliorato la fruizione dei mezzi pubblici da parte della popolazione. Da sottolineare che nella zona a sud-ovest di San Francisco, sul sito di un ex laboratorio segreto di test nucleari, sta nascendo Shipyard, un nuovo quartiere autonomo, realizzato da Lennar Urban, Bosch e l’amministrazione cittadina, che copre una superficie di 300 ettari. «Welcome visionaries» è il cartello che lo anticipa, aprendo la strada a oltre 12.000 abitazioni ecologiche, contraddistinte da wi-fi residenziali, impianti domotici che spaziano dalle app per controllare gli elettrodomestici, localizzare i trasporti – improntati al green – fino a un servizio che renderà gli abitanti in grado di monitorare la qualità dell’aria in tempo reale.

Per il quinto posto si torna in Europa ed è Oslo a essere considerata virtuosa, soprattutto per un eccellente sistema di illuminazione intelligente a led, un sistema di rilevazione del traffico ed efficienti politiche di riduzione delle emissioni. Oslo Airport City, uno sviluppo edilizio legato alla creazione di un parco industriale di nuova generazione, è sicuramente motivo di menzione, perché sarà un insediamento senza auto e totalmente decarbonizzato. Il progetto prevede infatti la creazione di una vera e propria città, alimentata da fonti rinnovabili, capace di produrre energia e di vendere quella in eccesso agli edifici e ai centri abitati vicini. Sarà un banco di prova anche per le auto elettriche e senza conducente, oltre che per sistemi  per l’illuminazione pubblica, la sicurezza e la lotta agli sprechi.

Anche in Italia esistono buone pratiche in ambito di smart cities. I risultati di ICity Rate 2018 – il rapporto annuale realizzato da Forum Pubblica Amministrazione per fotografare la trasformazione delle città italiane in luoghi  più vicini ai bisogni dei cittadini, più inclusivi, più vivibili – ci dicono che Milano è al primo posto per il quinto anno consecutivo, con un distacco di quasi venti punti dalla seconda classificata, Firenze. Milano registra ottimi risultati soprattutto negli ambiti di solidità economica, ricerca e innovazione, lavoro, attrattività turistico-culturale, anche se è ancora in ritardo nelle dimensioni ambientali, come il consumo di suolo e territorio (appena 76ª) e qualità dell’aria e dell’acqua (solo 96ª). Il capoluogo toscano, invece, per un soffio toglie la seconda posizione a Bologna, registrando risultati eccellenti sui fronti dell’attrattività turistico-culturale e della trasformazione digitale (prima posizione) e si colloca fra le prime città per mobilità sostenibile, stabilità economica, istruzione, lavoro, partecipazione civile ed energia. Bologna, invece, conferma la sua leadership negli ambiti di lavoro, energia e governance e partecipazione civile, e guadagna un ottimo posizionamento per trasformazione digitale, istruzione, ricerca e innovazione e inclusione sociale. Trento, Bergamo, Torino, Venezia, Parma, Pisa e Reggio Emilia completano la classifica delle prime dieci smart cities italiane.

Anche Roma migliora seppur lentamente in questi ambiti, recuperando due posizioni rispetto al 2017 (sale dal 17° al 15° posto), grazie soprattutto alle buone performance in trasformazione digitale, turismo e cultura, innovazione e istruzione. Ma il cammino da fare per la capitale d’Italia è ancora tutto in salita.

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