Nel suo discorso di insediamento come 47° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha promesso un’Età dell’Oro per gli Stati Uniti, con la riconquista della sovranità e della sicurezza nazionali. In quest’ottica, come in parte durante il primo mandato (2017-2021), il Presidente repubblicano ha ribadito le sue mire che possiamo soltanto definire espansionistiche su alcuni territori sovrani, tra cui il Canada, la Groenlandia e il Canale di Panama.
Le pretese della Casa Bianca
Nel caso specifico della strategica via marittima dell’America centrale, Trump ha biasimato l’Amministrazione americana allora guidata dal Presidente Carter per aver ceduto con un trattato nel settembre 1977 il Canale di Panama all’omonimo stato dell’America Centrale per 1 dollaro, nonostante l’intera costruzione dell’opera infrastrutturale fosse stata gestita dagli USA e per essa fossero morti “migliaia di cittadini americani”.
Trump ha inoltre accusato l’attuale governo panamense, guidato dal Presidente José Raúl Mulino, in carica dal 2024, di non aver rispettato le promesse fatte agli USA quando Panama entrò effettivamente in possesso del Canale nel 1999 (proprio in base al già ricordato trattato), in quanto il costo dei pedaggi per le navi americane sarebbe diventato “esorbitante”. Infine, il Presidente ha dichiarato che la Cina “sta assumendo sempre più il controllo del Canale” e che “potrebbe decidere di chiuderne le due entrate quando vuole”.
Tali accuse – come era largamente prevedibile – hanno suscitato lo sdegno di Mulino, che ha subito smentito le parole di Trump. Panama ha proposto un audit per dimostrare la legittimità delle compagnie cinesi operanti nei porti dell’istmo, e ha assicurato che Pechino non gode di trattamenti di favore.
Su quali elementi si basano le affermazioni di Trump? Quali sono le attività di Pechino nella zona del Canale di Panama? E come potrebbero gli Stati Uniti “riguadagnare il controllo”, per usare il vocabolario trumpiano, della via commerciale marittima? Per rispondere a queste domande e comprendere il valore delle affermazioni del Presidente americano è utile esaminare la storia del Canale di Panama e considerare il suo straordinario valore strategico per il commercio globale.
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Il Canale di Panama è una delle più grandi opere di ingegneria idraulica, tanto da essere stata definita da alcuni studiosi l’ottava meraviglia del mondo moderno. Lungo 8,1 km, profondo al massimo 12 metri e con una larghezza massima di 300 metri, il Canale attraversa l’istmo di Panama – collegando l’Oceano Atlantico con l’Oceano Pacifico – e permette così alle navi di evitare la circumnavigazione dell’America meridionale. Il tempo di percorrenza e il pedaggio dipendono dalla stazza della nave, in media sono rispettivamente di 10 ore e di 30mila dollari. Ad oggi, circa il 6% del volume del commercio marittimo mondiale attraversa il Canale, per un valore totale di circa 270miliardi di dollari all’anno. L’opera è dunque considerata un collo di bottiglia, ovvero uno passaggio di mare dalle dimensioni ridotte praticamente obbligato per le navi che vogliono attraversare gli oceani.
Una storia travagliata
Già poco dopo la scoperta del Nuovo Mondo, numerosi esploratori cercarono una via marittima che collegasse l’Oceano Atlantico con i mari dell’Asia orientale. Nel 1513, Vasco Núñez de Balboa scoprì il Mare del Sud (l’Oceano Pacifico), mentre nel 1520 Ferdinando Magellano scoprì il passaggio dall’Atlantico al Pacifico nell’estremo sud del continente americano, lo Stretto che oggi porta il suo nome. Tuttavia, si continuò a cercare un passaggio più veloce. Nel corso del XVII e XVIII secolo vennero presi in considerazione alcuni progetti nell’istmo di Tehuantepec e nel Lago di Nicaragua, presto però abbandonati.
Fu solo nel corso del XIX secolo che l’attenzione delle potenze coloniali si concentrò nella zona del Panama Colòn, territorio allora appartenente al vicereame della Nuova Granada, una giurisdizione coloniale che comprendeva gli odierni stati di Panama, Colombia, Ecuador e Venezuela. Nel 1834, il Vicereame pubblicò un bando con un premio di 100mila acri di terreno a chi fosse riuscito a costruire un canale sull’Istmo di Panama. Nel 1836 il colonnello inglese Charles Biddle si aggiudicò il progetto, ma questo primo tentativo di costruzione fallì. La stessa sorte subirono anche altri successivi piani, tra cui quelli ideati dai rinomati imprenditori francesi Ferdinand Lesseps, celebre per aver progettato il Canale di Suez, e Gustave Eiffel, a cui si deve la famosissima attrazione parigina. Le principali cause dell’insuccesso furono le difficoltà logistiche della costruzione delle dighe, errori di calcolo sui dislivelli dell’istmo, i problemi dovuti alla presenza della giungla, e il dissesto finanziario causato da una serie di episodi di corruzione ricordati come Scandalo di Panama, che costarono a Lesseps in Francia la bancarotta e quasi il carcere.
Gli Stati Uniti ottennero la riapertura del progetto nel 1902, sotto la spinta dell’Amministrazione di Theodore Roosevelt, sostenitore della cosiddetta “dottrina di Mahan” (dall’ammiraglio statunitense Alfred Thayer Mahan), secondo la quale la supremazia in mare è decisiva per il successo commerciale e militare di una potenza. La Colombia (all’epoca l’istmo faceva parte di questo Paese) autorizzò nel 1900 il governo americano a costruire il canale e a usufruirne per cento anni. Ma nel 1903 l’istmo di Panama dichiarò l’indipendenza, sostenuto dagli Stati Uniti, perché la Colombia riteneva vessatorie le condizioni imposte da Washington e voleva rinegoziarle. Nacque così un nuovo Stato.
In seguito a questi ritardi, i lavori iniziarono nel 1907 e si conclusero nel 1914, con l’inaugurazione del canale nel 1920. Durante i lavori gestiti dal governo americano, circa 6000 persone morirono, di cui circa 300 americani: la maggior parte degli operai erano immigrati afro-caraibici o spagnoli. Il numero di morti americani dunque è elevato, ma lontano dalla cifra sparata da Trump nelle sue recenti dichiarazioni in proposito. In tutto, invece, furono circa 25mila le persone che persero la vita partecipando alle diverse opere di scavo nei decenni: molte di loro morirono a causa di malattie tropicali portate dalle zanzare che infestavano la regione.
La giurisdizione del Canale venne regolata da numerosi trattati, tra cui il trattato di Hay-Pauncefote (1901), di Hay-Bunau Varilla (1903) e il sopra ricordato trattato di Torrijos-Carter (1977). Il primo sancì il diritto permanente degli Stati Uniti di difendere il Canale da ogni minaccia che potesse interferire con la sua accessibilità. Il trattato di Hay-Bunau Varilla invece garantì il diritto di accesso agli americani nell’intera Zona del Canale, larga 16 km da oceano a oceano, rendendola una colonia straniera che divideva Panama – condizione che la Colombia non aveva accettato. Nella Zona, i panamensi potevano entrare solo se autorizzati. Lo stretto controllo statunitense sul canale destò comunque proteste nella popolazione locale, che chiese a lungo nuovi negoziati per ottenere la sovranità sul Canale. Negli anni ’70 salì al potere a Panama l’ufficiale nazionalista Omar Torrijos, che minacciò la rivolta se ciò non fosse accaduto, cosa che avrebbe obbligato Washington a inviare decine di migliaia di soldati.
Panama a Panama
E così, nel 1977, il trattato Torrijos-Carter annullò i precedenti trattati, abolì la Zona del Canale e riconobbe lo Stato di Panama come sovrano territoriale, pur concedendo agli Stati Uniti il diritto di continuare a gestire il Canale per un periodo di transizione di 20 anni. Quest’ultimo accordo fu simultaneamente integrato da un ulteriore trattato privo di scadenza, il quale sancì la neutralità permanente del Canale e pedaggi non discriminatori per tutte le nazioni, anche se le navi battenti bandiera panamense e americana ottennero il diritto a un passaggio più veloce. La Zona fu abbandonata dagli americani e divorata dalle piante infestanti. Sono proprio gli accordi del 1977 che Trump ritiene non siano stati rispettati.
I due trattati, recepiti nel diritto interno degli Stati Uniti con il Panama Canal Act nel 1979, avviarono il procedimento di passaggio di autorità del Canale dagli Stati Uniti a Panama. Fu istituita una Commissione del Canale, inizialmente guidata da un Consiglio a maggioranza americana, ma poi passata sotto il controllo della leadership panamense dal 1990. Con il passaggio di proprietà del canale nel dicembre 1999, la Commissione fu sostituita dall’attuale Autorità del Canale di Panama, che detiene la responsabilità per quanto riguarda le operazioni, l’amministrazione, la gestione e la manutenzione del canale. Negli Stati Uniti “il regalo” di Carter non piacque a molti, incluso il successivo presidente Ronald Reagan; perfino John Wayne scrisse una lettera a Reagan perché bloccasse il processo, ma non accadde.
Oggi l’Autorità è governata da un consiglio di amministrazione composto da 11 membri. Il presidente, che ha il rango di Ministro di Stato per gli Affari del Canale, è scelto dal Presidente della Repubblica di Panama. Il ramo legislativo del governo panamense nomina un direttore, mentre gli altri nove membri sono nominati dal Presidente con il consenso del consiglio di gabinetto. Le nomine devono essere ratificate dalla maggioranza assoluta dell’assemblea legislativa. Per legge il Canale di Panama è considerato un bene inalienabile del patrimonio pubblico quindi non può essere venduto, assegnato, dato in pegno e in nessun modo la proprietà pubblica può essere trasferita o limitata.
Un nuovo canale e le navi New-panamax
Il Canale di Panama è da subito diventato un barometro del commercio mondiale. I transiti annui sono aumentati da 807 nel 1916 a 11240 nel 2024, pari a 210 milioni di tonnellate di merci. Oggi il Canale di Panama è parte di 180 rotte marittime per 170 paesi, e garantisce lo scambio di prodotti di ogni genere, tra cui cereali, gas e petrolio, veicoli.
Considerato il continuo aumento del volume del commercio e l’evoluzione delle navi da trasporto, negli anni sono stati necessari nuovi lavori per la ristrutturazione delle chiuse del Canale. Nel 2009 iniziarono i lavori per il suo ampliamento e nel 2016 venne inaugurato il terzo sistema di chiuse. Il raddoppio del Canale ha permesso il passaggio di navi più grandi, soprannominate new-panamax, lunghe fino a 366 metri e larghe 49 metri contro i 294 metri di lunghezza per 32 di larghezza delle precedenti. Le modifiche hanno consentito un aumento del traffico nel Canale di circa il 40% rispetto agli anni precedenti. Tra i benefici della nuova opera rientra anche quello della sostenibilità ambientale. Infatti, il sistema delle nuove chiuse non consuma energia, ma si basa sulla forza di gravità e sulla pressione dell’acqua. Infine, la quantità di acqua potabile necessaria per far muovere le chiuse è inferiore del 60% rispetto a quella che movimentava le chiuse del vecchio Canale.
A seguito di persistenti problemi legati alla siccità nella zona del Canale, nel 2024 l’Autorità competente ha annunciato una nuova aggiunta infrastrutturale per garantire la sicurezza idrica della via fluviale e un numero fisso di transiti giornalieri pari a 36. Il progetto consiste nella costruzione di un nuovo serbatoio lungo il fiume Indio. L’Autorità del Canale di Panama ha fissato un budget di 1,6 miliardi e una tempistica di sei anni per la realizzazione dell’opera.
Gli interessi cinesi
“I meravigliosi soldati della Cina stanno amorevolmente, ma illegalmente, operando nel Canale di Panama” ha dichiarato Trump a Natale 2024. Tale affermazione è inesatta, ed è servita ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, e ad offrire maggiore legittimità alle pretese americane. Il Presidente panamense Josè Raùl Mulino ha subito negato qualsiasi interferenza cinese, e al momento non sono state trovate prove che indichino “un controllo” del Canale da parte delle forze armate cinesi, né trattamenti di favore. Ciò che invece si verifica è un significativo aumento degli investimenti di Pechino nella zona del Canale, e in generale della sua influenza in America Centrale.
E’lontano il 1979, quando i cinesi andavano ancora in bicicletta, e ricevevano i diplomatici americani con rose e fiori. Fin dal 1997, due dei cinque porti adiacenti al canale – Balboa sul lato Pacifico e Cristòbal sull’Atlantico – sono gestiti da filiale della CK Hutchison Holdings, un conglomerato multinazionale con sede a Hong Kong che ha attività in oltre 50 Paesi. Dall’ottobre 2023 al settembre 2024, la Cina è diventata il secondo utente del Canale dopo gli Stati Uniti, con un volume di merci pari al 21,4% del totale transitato. A fianco delle iniziative economiche e infrastrutturali, Pechino ha anche ampliato il suo soft power, aprendo un Istituto Confucio, fornendo finanziamenti per la costruzione di infrastrutture e sponsorizzando programmi di formazione per i media del Paese.
Il principale motivo di interesse da parte di Pechino per Panama e il Canale è naturalmente la sua posizione geografica strategica, oltre che il suo possibile utilizzo come porta d’ingresso politico-economica per i Paesi della regione. A cavallo tra l’America Centrale e quella Meridionale, considerate tradizionalmente il “cortile di casa” degli Stati Uniti, Panama garantisce un accesso rapido a una vasta zona di mercato a cui la Cina di Xi arriva sempre più velocemente tramite prestiti, investimenti, rapporti commerciali e promesse di finanziamenti per lo sviluppo.
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Nel 2017, il Panama ha rotto i legami diplomatici con Taiwan, come la “politica di una sola Cina” pretende, dimostrando di voler intensificare le relazioni con Pechino e aggiungendo un motivo di diatriba con Washington. Panama è anche stato il primo Paese della regione ad aderire alla Belt and Road Initiative, l’ambiziosa iniziativa cinese per lo sviluppo di infrastrutture globali.
Un altro motivo di discordia è il potenziale doppio ruolo di alcune tecnologie che le aziende cinesi stanno implementando a Panama. Huawei, ad esempio, fornisce al paese telecamere di sorveglianza che potrebbero essere utilizzate per raccogliere informazioni. Al momento non sussistono prove concrete di sorveglianza da parte delle autorità cinesi, ma la preoccupazione per il futuro è condivisa da diversi Paesi.
Infine, il controllo della Cina su due porti adiacenti al Canale – Balboa sul lato Pacifico e Cristóbal su quello Atlantico – e su alcuni suoi terminali, una condizione accettata dal governo panamense per aderire alla BRI, solleva preoccupazioni circa l’aumento di tensioni geopolitiche ed economiche tra Pechino e Washington. La violazione della neutralità del Canale da parte cinese potrebbe giustificare un’azione preventiva degli Stati Uniti e il Presidente Trump non ha escluso la possibilità di ricorrere alle armi. Tali preoccupazioni sono in effetti un argomento bipartisan nella politica americana, perché considerate una minaccia all’interesse nazionale e alla sicurezza degli Stati Uniti.
Gli orientamenti della nuova amministrazione americana
La marcata attenzione di Trump per Panama potrebbe rientrare nella strategia della nuova Amministrazione per diminuire i costi del commercio per gli Stati Uniti e per contrastare l’espansione economica cinese, come hanno notato molti analisti.
È un dato di fatto che i pedaggi siano aumentati negli ultimi anni. Tuttavia, non c’è alcun trattamento di favore per le navi cinesi. Gli aumenti sono presentati in risposta alla siccità del 2023, che ha limitato il numero di navi che possono transitare nel canale, decisi dall’Autorità del Canale di Panama per compensare la perdita delle entrate ed è stato calcolato in base a una formula universalmente applicata.
All’inizio di febbraio, il Segretario di Stato americano Marco Rubio si è recato in visita diplomatica a Panama, proseguendo per El Salvador, Costa Rica, Guatemala e Repubblica Domenicana, per promuovere la cooperazione regionale su alcuni temi condivisi, tra cui la lotta al traffico di droga, e accordi economici. A Panama, Rubio ha rassicurato il Presidente Mulino circa la sovranità sul Canale, pur sottolineando le preoccupazioni di Washington per l’influenza di Pechino su Panama e la via marittima. In risposta, Mulino ha affermato che Panama non rinnoverà il memorandum d’intesa del 2017 per aderire alla Belt and Road Initiative, a favore di una maggiore apertura per futuri progetti di partnership economica con gli USA.
La tensione tra i due Stati sembrava così essersi placata, tuttavia le relazioni si sono ulteriormente inclinate quando il Dipartimento di Stato americano ha affermato in un post su X che “le navi del governo statunitense possono ora attraversare il Canale di Panama senza pagare tasse, facendo risparmiare al governo degli Stati Uniti milioni di dollari all’anno”. Il Presidente panamense Mulino ha subito risposto criticando tali affermazioni e definendole una “falsità intollerabile”. Ha inoltre espresso il rifiuto assoluto di Panama di mantenere relazioni bilaterali con gli Stati Uniti sulla base di bugie e falsità. Anche l’Autorità del Canale di Panama è intervenuta, affermando che non è stata apportata alcuna modifica ai pedaggi e alle tariffe per le imbarcazioni che transitano lungo la via marittima.
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Washington è il principale fruitore del canale, su cui investe circa 3,8 miliardi di dollari all’anno, e ha dunque il potere di influenzare il processo decisionale dell’Autorità. Tuttavia, Pechino ha aumentato esponenzialmente i suoi investimenti nella regione e in particolare nell’economia panamense, a fronte di uno scarso interesse nel settore da parte degli USA e dei loro alleati. L’attuale governo panamense è peraltro più filo-americano dei precedenti, e Mulino infatti sta compiendo numerosi sforzi per ottenere maggiori investimenti americani, soprattutto nel settore tecnologico e marittimo. Allo stesso tempo, ha da subito difeso la sovranità di Panama sul Canale in risposta alle dichiarazioni di Trump.
La Casa Bianca potrà perseguire due approcci distinti per proteggere i propri interessi nel Canale: aumentare gli investimenti e rafforzare l’alleanza con il governo di Panama. Oppure applicare ritorsioni economiche, aumentando le tensioni fino eventualmente, in linea almeno teorica, ad un intervento militare. Allo stesso tempo, Panama dovrà decidere se dare maggior spazio agli investimenti cinesi o aprire nuove possibilità per i partner americani.
Il Canale di Panama è e rimarrà, almeno nel prossimo futuro, una via commerciale di valore unico e insostituibile a livello internazionale, in quanto offre un’efficienza ineguagliabile in confronto ad alternative come le vie marittime attraverso il Nicaragua o Capo Horn. Per questi motivi, il monitoraggio dell’evoluzione della disputa per il suo controllo sarà un punto rilevante nell’agenda di politica estera di moltissimi Paesi.