“E dopo tutto, sei solo un altro mattone nel muro”. Così cantavano i Pink Floyd in The Wall, album che ha compiuto quarant’anni lo scorso 30 Novembre. Un messaggio universale: anche i muri più spessi possono cadere. Insegnamento sul quale i Laburisti avranno modo di riflettere nei prossimi – gli ennesimi – anni di opposizione. Oltre a Brexit, infatti, l’eredità più importante del voto è lo sgretolamento del Red Wall, la roccaforte laburista che parte dal Nord del Galles e, attraverso le Midlands, arriva fino al Nord-Est dell’Inghilterra. Regioni che fino a qualche anno fa erano il cuore pulsante dell’industria pesante britannica.
Anche le analisi del Financial Times[1] certificano che il singolo fattore statisticamente più rilevante della vittoria di Johnson sia stata proprio l’oscillazione della working-class dal Labour ai Tories: in circoscrizioni con alte proporzioni di lavoratori poco qualificati, i voti dei Conservatori sono aumentati in media di sei punti percentuali e quelli dei Laburisti sono diminuiti di quattordici punti. In circoscrizioni con la più ridotta proporzione di lavori a bassa qualificazione, i voti dei Tories sono scesi di quattro punti, mentre quelli dei Laburisti sono diminuiti di sette – secondo il giornale della City.
Davanti a questi risultati il politologo Matthew Goodwin[2] pone un quesito su cui riflettere: “Come è possibile che un ricco laureato di Eton e Oxford, un liberal-conservatore dal punto di vista economico, sia riuscito ad arrivare a queste elezioni con un solido vantaggio tra i lavoratori?” Si tratta di una domanda fondamentale del nostro tempo che non riguarda solo il Regno Unito ma accomuna tante democrazie. In effetti, con le dovute proporzioni, la caduta del Red Wall inglese richiama alla memoria l’oscillazione della Rust Belt statunitense a favore di Donald Trump nel 2016. Forse, un indizio lo fornisce proprio questa coppia dalla capigliatura fuori dal comune, accomunata da un linguaggio politico diretto, lontano dal politicamente corretto e talvolta rivolto contro immigrati e minoranze etniche.
Parte della risposta al quesito sopra si riassume, allora, nella parola che più di tutte definisce questa epoca, “identità”. Oggi, infatti, non è più possibile parlare di soluzioni che riguardano la sola sfera economica, a maggior ragione quando queste guardano al passato e risultano inefficaci davanti alle sfide del presente. Secondo Goodwin, la formula vincente è dare la stessa importanza all’insicurezza economica e a quella culturale. Questo perché oggi, aggiungiamo noi, le questioni che stanno a cuore alle persone si esprimono attraverso una combinazione dei due piani: un esempio ricorrente sono gli immigrati che diventano il capro espiatorio delle difficoltà economiche.
Ne consegue che quando la competizione politica si gioca su un terreno che tocca – a torto o a ragione, poco importa – le fondamenta stesse di una comunità che si sente addirittura minacciata[3], indurire le proprie posizioni in materia di sicurezza paga in termini di consenso immediato. Un indurimento più naturale per quei partiti che già si trovano nell’alveo conservatore – i Tories, i Repubblicani in America e alcuni dei partiti che appartengono alla famiglia dei popolari al Parlamento europeo – e tanto più efficace quanto più le forze progressiste continuano a non trovare risposte convincenti alle questioni identitarie o, peggio ancora, provano a farlo utilizzando esclusivamente formule anacronistiche del cosmopolitismo e della globalizzazione. Se a questo spostamento a destra sulla sicurezza si aggiunge un pizzico di sinistra sulle questioni economiche, il mix diventa difficile da battere.
Ed è esattamente quanto Johnson ha promesso di fare. Da un lato, completamento di Brexit in tempi rapidissimi per poter subito dopo implementare un sistema di immigrazione sul modello australiano (tra i più restrittivi al mondo), rafforzamento delle forze di polizia di 20.000 unità e inasprimento delle pene per favorire la lotta alla criminalità e terrorismo, soprattutto dopo il recente attacco di London Bridge. Dall’altro, espansione dei finanziamenti all’amatissimo sistema sanitario nazionale (NHS), assunzione di 50.000 infermieri in più ogni anno, aumento degli appuntamenti medici e poi, ancora, investimenti in scuole, infrastrutture e servizi alla persona[4].
Sicuro della bontà di questa formula, Johnson non sta perdendo tempo per fidelizzare i suoi nuovi elettori. All’indomani della vittoria elettorale, infatti, il Primo Ministro ha promesso di investire miliardi di sterline nelle Midlands e nel Nord dell’Inghilterra[5]. Basterà? La risposta è tutt’altro che scontata. Soprattutto, per quanto riguarda i piani dei Tories per l’NHS, l’incertezza è alta e non mancano le perplessità. Secondo alcune indiscrezioni, prontamente smentite, Johnson avrebbe intenzione di inserire l’accesso al sistema sanitario britannico nelle trattative dell’accordo commerciale con gli Stati Uniti – che ufficialmente non potrebbero comunque cominciare prima della completa uscita dall’Unione Europea. Senza contare l’effetto negativo che l’avvento di Brexit potrebbe avere sulla capacità di spesa pubblica di Downing Street.
La scommessa di Johnson si giocherà sulla capacità del suo governo di realizzare questo nuovo mix politico, soprattutto in Inghilterra. Anche perché, per il resto, la strada è piena di ostacoli: Brexit, l’Irlanda del Nord, la Scozia, un nuovo leader laburista meno inviso all’opinione pubblica rispetto allo sconfitto Jeremy Corbyn. E di questi tempi, si sa, basta poco per far cambiare idea ad un elettorato sempre più volatile.
Note:
[1] https://www.ft.com/content/bc09b70a-1d7e-11ea-97df-cc63de1d73f4
[2] https://mailchi.mp/ade5ad53f4a6/brexit-election-tracker-the-result
[3] Ricordiamo che la campagna ufficiale del Leave nel 2016 lasciava intendere che restare in Europa avrebbe creato un corridoio di libera circolazione dall’Iraq al Regno Unito ( http://d3n8a8pro7vhmx.cloudfront.net/themes/55fd82d8ebad646cec000001/attachments/original/1463496002/Why_Vote_Leave.pdf?1463496002 )
[4] https://assets-global.website-files.com/5da42e2cae7ebd3f8bde353c/5dda924905da587992a064ba_Conservative%202019%20Manifesto.pdf
[5] https://www.ft.com/content/0acabafa-1f4c-11ea-b8a1-584213ee7b2b?desktop=true&segmentId=d8d3e364-5197-20eb-17cf-2437841d178a#myft:notification:instant-email:content