Il grande quesito posto da James Mattis

L’amministrazione Trump affronta l’ennesimo avvicendamento al più alto livello con le dimissioni del Segretario alla Difesa, James Mattis. L’ex Generale dei Marines ha lasciato una sorta di testamento politico nella sua lettera al Presidente: si tratta davvero di un testo significativo, nei contenuti e nello stile. Mattis spiega infatti la sua visione delle politiche di sicurezza americane, offrendo di fatto una sintesi lucida della tradizione di politica estera che ha caratterizzato la superpotenza a cavallo tra XX e XXI secolo.

Non mancano riferimenti diretti alle divergenze con il Comandante in Capo, appena velate dal tono formale: una della priorità è mostrare rispetto verso gli alleati, un’altra è avere posizioni non ambigue verso avversari come la Russia. Sarebbe superfluo aggiungere ogni commento.

Il primo “core belief” su cui si basa la visione espressa da Mattis è un sistema complessivo di alleanze e partnership. Un ordine internazionale favorevole agli interessi americani dipende anzitutto dalla coesione con gli alleati. Con la disciplina e la logica lineare di un ex-soldato, l’autore della lettera ricorda così a tutti – e a Donald Trump in primis – che questo è tuttora il fondamento del ruolo globale degli Stati Uniti. L’alternativa non è affatto chiara; l’onere di farla eventualmente emergere, argomentarla e realizzarla spetta ora a ciò che resta dell’Amministrazione di “America First”.

Più ancora che l’affermazione di princìpi e linee strategiche conseguenti, la lettera di dimissioni appare come un grande quesito: al di là delle poche righe di un tweet (compreso quello sui presunti ritiri da Siria e Afghanistan) quale sarà ora la politica di sicurezza degli Stati Uniti?

 

 

Leggi o scarica qui l’originale della lettera:

LETTER-FROM-SECRETARY-JAMES-N-MATTIS

 

Jim Mattis e Donald Trump

 

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