É arrivata di recente, nonostante la fine della legislatura, l’ultima spallata da parte dell’amministrazione Trump all’Affordable Care Act del 2010, meglio conosciuto come Obamacare, il piano sanitario della presidenza Obama: una richiesta di invalidazione della legge alla Corte Suprema. Un tentativo di spallata più che una demolizione vera e propria, anche perché bisognerà attendere la pronuncia della Corte, ma che rappresenta l’ultima carta elettorale da giocare per Trump in questi ultimi mesi di amministrazione, in vista del voto di novembre.
Già la Corte, nelle scorse settimane, ha respinto il tentativo di abolire il DACA, ovvero il programma di protezione per i giovani stranieri arrivati su suolo americano da bambini che rischiano di essere espulsi. Il DACA, Deffered Action for Childhood Arrivals, sempre dell’era Obama, ha permesso a 700mila ragazzi minorenni, i cosidetti “dreamers”, di inserirsi in un percorso che potrà condurli alla cittadinanza, evitando la deportazione che invece avrebbero subito: una sorta di amnistia in attesa di una legge sull’immigrazione che ancora non vede la luce e che è ferma al Congresso (ci sono varie risoluzioni) da diversi anni. Peraltro la pronuncia della Corte blocca l’amministrazione repubblicana ma non risolve il problema, tanto che i “dreamers” sono in una sorta di limbo.
In questo senso l’attacco finale all’Obamacare rappresenta la extrema ratio per il Presidente: se fallisce anche questo tentativo, dopo il tentativo di abolire il DACA e quello (praticamente fallito) di costruire il muro al confine con il Messico per bloccare i migranti – anche se ha sospeso in questi mesi gli ingressi per asilo a causa della pandemia da Covid – tutto ciò che Trump aveva promesso nel 2016 verrà giù come un castello di carta. Ma andiamo per ordine.
Il 25 giugno il Presidente ha chiesto alla Suprema Corte di invalidare la legge sanitaria poiché lo stesso Congresso, guidato dai Repubblicani nella precedente legislatura, ne aveva abolito alcune parti.
Un ricorso a cui si è aggiunta l’Avvocatura di Stato, dopo che già gli stati della California, Texas, Illinois, Delaware, Hawaii, Connecticut, Minnesota, New Jersey, New York, North Carolina, Oregon, Rhode Island, Vermont, Massachusetts, District of Columbia e Andy Beshear, il governatore del Kentucky, avevano fatto appello alla corte federale.
L’ACA ha consentito a milioni di americani di usufruire della copertura sanitaria: qualora fosse ritenuto abrogabile dalla Corte, 130 milioni di cittadini americani perderebbero le protezioni salvavita e circa 22 milioni dovrebbero rinunciare alla totale copertura. Obamacare ha cambiato il modo in cui le assicurazioni sanitarie hanno operato per anni, non consentendo più il rifiuto dalle assicurazioni in base alle preesistenti condizioni di salute, uno dei nodi del sistema che lasciava senza polizza milioni di persone, e sempre grazie al provvedimento è stata possibile la copertura sanitaria dei giovani adulti sotto i 26 anni sotto l’ombrello dell’assicurazione dei genitori. Questo si è aggiunto ai programmi di Medicare e Medicaid, per anziani e indigenti rispettivamente.
Ma ciò che è stato più determinante è che l’ACA si è rivelato essenziale durante l’emergenza coronavirus, emergenza tutt’altro che conclusa in molte parti degli Stati Uniti. Espandendo il programma “Medicaid”, più persone infatti hanno avuto accesso alle cure mediche negli ospedali, che diversamente non avrebbero potuto pagare: la legge prevede che la perdita del lavoro (e dunque dell’assicurazione sanitaria) nei 60 giorni successivi dà diritto a rientrare nel programma Medicaid. E’ stata la prima volta che la copertura assicurativa si è applicata anche ai disoccupati.
Se non fosse stato per l’ACA, per colpa dei mancati introiti dovuti alla soppressione degli interventi chirurgici di ordinaria amministrazione a causa del Covid, alcuni anche molto costosi, gli ospedali avrebbero avuto persino difficoltà economiche, e avrebbero potuto offrire ancora meno assistenza all’insieme della cittadinanza, col risultato di aggravare ancor più la diffusione della pandemia, oltre che di negare cure agli infermi.
Prima dell’autunno, momento in cui molti scienziati contemplano un riacutizzarsi della pandemia, dovrebbero partire i nuovi termini di iscrizione ai programmi di copertura dell’ACA: in alcuni casi sono già ripartiti , mentre in altri, sono agganciati a quelli del governo centrale per accedere al mercato federale assicurativo dei centri per Medicare e Medicaid. A fronte anche della perdita dell’impiego lavorativo, che per tanti americani è stato dirimente rispetto alla possibilità di pagare un’assicurazione, l’accesso ai termini di iscrizione per l’ACA è fondamentale.
Sulla possibilità di “sign-up”, ovvero di aderire ad un programma sanitario (Medicaid), garantito dall’Affordable Care Act, c’è da dire che Trump, a inizio pandemia, ha sostenuto che gli americani potevano fare ricorso allo strumento dell’ACA a maggior ragione se avevano perso il lavoro. Ma le sue dichiarazioni si scontrano con la sua strategia politica: chiedere alla Corte Suprema di abrogare una legge a cui inviti i cittadini a fare ricorso è un nonsense.
Benché la situazione a livello nazionale sia tutt’altro che risolta, l’Obamacare ancora sotto attacco da parte della Presidenza potrebbe essere considerato dunque una risorsa contro il Covid.
Nonostante ciò, Trump ha deciso di perseguire una politica della gestione della pandemia contra legem: al di là delle polemiche con il suo consigliere scienziato, Anthony Fauci, e il negazionismo soprattutto dell’inizio, con il tentativo di abolire l’ACA il Presidente ha deciso di procedere solo sul fronte farmaceutico: il governo si è accaparrato la produzione dell’antivirale Remdevisir fino all’autunno, operazione che si affianca al tentativo di prenotare tutte le dosi di vaccino della tedesca CureVac, in aprile, che ha destato una risposta diplomatica molto forte da parte del governo di Berlino.
A tre mesi dalle elezioni presidenziali di novembre, manca ancora un piano sanitario che possa complessivamente sostituire Obamacare, qualora la legge fosse davvero abolita. L’alternativa all’ACA è infatti ancorata al disegno di legge presentato e passato alla Camera a maggioranza repubblicana, nella scorsa legislatura. Un provvedimento che l’ufficio del Congresso sul budget ha calcolato, nel luglio 2017, in un risparmio di 1,3 miliardi di dollari in dieci anni, rispetto al Medicaid soprattutto: tagli che lascerebbero però 9 milioni di americani senza copertura nel 2020, a cui dovremmo aggiungere o integrare almeno altri 30-40 milioni di persone che hanno perso il lavoro durante la pandemia. Sempre secondo i calcoli dell’ufficio del Congresso del 2017, le persone che perderebbero il Medicaid entro il 2026, se l’ACA fosse sostituito dalla legge repubblicana, sarebbero 14 milioni. Al tempo stesso, tutto il sistema congegnato con la misura del 2017, costringerebbe ad una riduzione di altri milioni di coperture sanitarie per mancati sussidi consentiti dall’Obamacare. In sostanza aumenterebbe il numero di persone che dovrebbero ricorrere a un’assicurazione sanitaria al di fuori del marketplace sussidiato grazie all’Obamacare.
Cadrebbe probabilmente anche la possibilità di assicurare le persone con patologie preesistenti.
Il Pew Research Center ha stimato che il Covid ha colpito, con la perdita dell’impiego, soprattutto gli immigrati ma anche le donne, i giovani adulti e in genere le persone con un livello di istruzione inferiore, mettendo ancora una volta in risalto quanto sia centrale il tema occupazionale per ogni campagna elettorale, quest’anno forse con altrettanta forza delle elezioni del 2008, in piena crisi economica. L’Obamacare, in questo senso, ha svolto una funzione di vera protezione sociale, non solo sanitaria, perché durante il Covid ha consentito di accedere all’assistenza pubblica, cosa che con le alternative proposte dai Repubblicani sarebbe stata impossibile.