Francia e Germania hanno presentato in febbraio un manifesto per una politica industriale europea adatta al XXI secolo, stimolando un vivace dibattito sul tema in tutto il continente. Il manifesto si basa su una semplice idea: in un contesto di crescente concorrenza globale, l’Europa deve unire le sue forze per rimanere una potenza manifatturiera a livello globale. A tal fine, il manifesto propone una nuova politica industriale, basata su più finanziamenti pubblici all’innovazione, nonché su una revisione delle regole di concorrenza dell’Unione, e su misure di protezione per le tecnologie e le imprese europee.
L’idea fondante del manifesto è buona: La UE ha bisogno di una politica industriale per garantire che le sue imprese rimangano altamente competitive a livello internazionale, nonostante la forte concorrenza della Cina e degli altri grandi attori. Vi è una reale necessità di coordinamento delle politiche industriali nazionali dei vari paesi europei, per evitare distorsioni del mercato e per consentire sinergie ed economie di scala. Tuttavia, gli strumenti indicati dal manifesto franco-tedesco non paiono ancora sufficienti al raggiungimento dell’obiettivo.
In primo luogo, va notato che il tema dei finanziamenti pubblici all’innovazione riecheggia una lunga storia di politica industriale sia in Francia che in Germania. Una storia influenzata dall’esperienza statunitense della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), un’agenzia del Dipartimento della Difesa statunitense responsabile per lo sviluppo di tecnologie emergenti. Ad esempio, DARPA ha contribuito in modo significativo allo sviluppo di molte delle tecnologie integrate nei nostri computer e smartphone, dai microchip al GPS, dalle tecnologie di riconoscimento vocale allo stesso internet.
Ma una semplice trasposizione dell’esperienza americana nel contesto europeo potrebbe non dare gli effetti desiderati. Il successo di DARPA è, infatti, strettamente legato al più ampio sistema economico degli Stati Uniti, fortemente orientato alla promozione dell’innovazione e capace di tradurla subito in prodotti commerciabili, anche attraverso la creazione di un primo mercato tramite gli appalti pubblici.
In altre parole, i finanziamenti pubblici per l’innovazione non possono garantire, da soli, lo sviluppo industriale. Le limitate risorse economiche di DARPA, pari a circa 3 miliardi di dollari all’anno, dimostrano che rendere commercializzabili i prodotti innovativi non dipende tanto dai sussidi alle imprese, quanto nel coinvolgimento delle imprese in un sistema di appalti legati a quei prodotti. Non a caso, sia negli Stati Uniti che in Cina la maggior parte degli investimenti per l’innovazione proviene in effetti dal settore privato.
D’altra parte, l’attrazione europea per DARPA non è nuova. Nel 2005, il governo francese istituì un’agenzia analoga a DARPA per investire in nanotecnologie e biotecnologie. Nonostante la dotazione iniziale di 2 miliardi di euro, l’iniziativa venne presto dismessa. Nel 2018, il governo tedesco ha anch’esso creato un’agenzia modellata esattamente su DARPA, la Agentur zur Förderung von Sprunginnovationen, al fine di promuovere l’innovazione su tecnologie di frontiera.
A nostro avviso, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di imprese innovative in Europa, una nuova politica industriale dovrebbe innanzitutto concentrarsi su due elementi: il completamento del mercato unico europeo e l’uso strategico degli appalti pubblici.
Il mercato unico europeo continua ad essere frammentato nel settore dei servizi, impedendo di fatto alle imprese europee più innovative di accedere facilmente ad un vasto mercato primario, da cui poi scalare a livello globale, come avviene invece per le controparti americane e cinesi nei rispettivi mercati nazionali. A questo proposito, è fondamentale sviluppare un solido quadro normativo europeo, incentrato sulla garanzia della concorrenza e sull’accesso ad un vero mercato unico vero con norme comuni. Per fare questo è necessario coordinare le politiche industriali nazionali, che attualmente incrementano le distorsioni interne al mercato comune europeo, influenzando ad esempio le decisioni di (de)localizzazione delle imprese.
In secondo luogo, è necessario fare un uso più strategico degli appalti pubblici, al fine di promuovere le imprese europee più innovative. Nell’UE, il valore degli acquisti pubblici di beni e servizi è stimato al 16 percento del prodotto interno lordo. In buona sostanza, gli appalti pubblici rappresentano una fetta importantissima dell’economia europea. Date queste dimensioni, gli appalti pubblici possono davvero essere cruciali per promuovere l’innovazione. Ad esempio, ambiziose norme europee su requisiti minimi di mobilità pulita negli appalti pubblici potrebbero dare un forte impulso alla domanda di auto e bus elettrici, favorendo la trasformazione dell’industria automobilistica europea. Per diventare leader globale nel settore delle auto elettriche, la Cina non si è concentrata sui finanziamenti pubblici per l’innovazione, ma appunto sulla creazione di una vasta domanda interna attraverso forti politiche di sostegno, compresi appunto gli appalti pubblici.
Il completamento del mercato unico europeo dei servizi e l’uso strategico degli appalti pubblici per creare un mercato per i prodotti più innovativi rappresentano i passi fondamentali per creare il giusto ecosistema affinché le imprese innovative europee possano crescere in un mercato ricettivo. A nostro avviso, questo dovrebbe essere il nucleo di una nuova politica industriale europea adatta al XXI secolo.