Per Ursula von der Leyen, la nuova Commissione Europea dovrà essere una Commissione “geopolitica”. Vedremo in che modo il nuovo Alto Rappresentante per gli Affari esteri, lo spagnolo Josep Borrell, interpreterà questo mandato.
Non sarà semplice fare scelte coerenti. Da una parte, la rivalità fra grandi potenze mondiali si sta largamente scaricando sull’Europa. Dall’altra, i cittadini europei rivendicano un’Europa più forte sul piano globale ma non pare che abbiano un’idea così chiara della posta in gioco.
Guardiamo ad esempio al risultato di un sondaggio appena pubblicato dallo European Council on Foreign Relations, da cui emerge – in generale – l’aspettativa che l’UE diventi un attore internazionale autonomo e influente. Alla domanda su “da che parte si dovrebbe collocare il vostro paese in un conflitto fra gli Stati Uniti e la Russia?”, una vasta maggioranza degli intervistati, con l’eccezione vistosa dei polacchi, sceglie la neutralità: da nessuna delle due parti rispondono il 65% degli italiani, il 70% dei tedeschi, il 63% dei francesi, l’85% degli austriaci. Chi sceglie una parte sceglie prevalentemente gli Stati Uniti, ma si tratta comunque di minoranze. L’Europa più forte e più indipendente sul piano internazionale assomiglia, per vocazione istintiva dei suoi cittadini, a una Grande Svizzera.
In un numero di Aspenia di qualche mese fa, l’ambasciatore Sergio Romano argomentava che una posizione del genere – l’Europa come Grande Svizzera – sarebbe in effetti la scelta geopolitica migliore per l’UE. Non ne sono convinta: il punto è che questo eventuale conflitto USA-Russia non si svolgerebbe altrove ma coinvolgerebbe inevitabilmente l’Europa. La neutralità, nel Vecchio Continente, è una tentazione ricorrente; la storia tuttavia ne ha dimostrato la precarietà.
L’Europa può davvero mettere sullo stesso piano gli Stati Uniti e la Russia? Siamo ormai abituati ad attribuire al presidente americano il ruolo di “guastatore” del vecchio ordine liberale internazionale (abbiamo definito così, convenzionalmente, regole e istituzioni create dopo la Seconda guerra mondiale), inclusa la crisi di identità della NATO. Ed è vero che la presidenza Trump ha generato seri dubbi iniziali in Europa (dubbi riflessi nel sondaggio che citavo prima) sulla garanzia di sicurezza offerta dagli Stati Uniti; ma l’opinione media europea è a questo punto ugualmente responsabile per l’incertezza esistente sulla credibilità dell’Alleanza atlantica.
Il compito di Borrell non sarà quindi facile. E l’Alto Rappresentante spagnolo ne è consapevole: i governi nazionali porranno difficoltà ulteriori. In un incontro del maggio scorso allo European Council on Foreign Relations, il successore di Federica Mogherini ha paragonato il Consiglio Affari esteri dell’UE a una “valle di lacrime”: i vari Ministri degli esteri degli Stati membri lamentano crisi multiple in giro per il mondo ma restano incapaci di azioni collettive. Nel frattempo, i loro cittadini ritengono che l’UE debba diventare un attore geopolitico indipendente; ma come si è appena visto, indipendente significa, per una maggioranza di loro, capace di non schierarsi di fronte a un conflitto fra USA e Russia.
Con percentuali non molto diverse, la neutralità, come opzione geopolitica preferenziale, prevale anche nelle risposte alla domanda su “da che parte dovrebbe schierarsi il vostro paese in un conflitto fra gli Stati Uniti e la Cina?”, dove contano motivazioni economico-commerciali e non solo di sicurezza.
Se la sovranità strategica europea finirà per equivalere non solo alla più che legittima difesa degli interessi economici globali del Vecchio Continente ma anche a un atteggiamento neutrale di fronte ai potenziali conflitti fra le grandi potenze internazionali, le conseguenze geopolitiche saranno molto rilevanti: la fine dell’alleanza occidentale sarà solo una questione di tempo – mentre sfuma, nelle percezioni europee, la rilevanza della contrapposizione fra democrazie liberali e potenze autoritarie.
Ma a quel punto l’UE-Grande Svizzera dovrà essersi dotata di una capacità di difesa autonoma, anche in campo nucleare. Difficile prevedere che ciò avvenga in tempi rapidi, mentre Brexit disorienta una delle due principali potenze militari del Vecchio Continente e quando la difesa (punto centrale, peraltro, della lettera di incarico a Josep Borrell e oggetto di una nuova Direzione generale di politica industriale, affidata a Sylvie Goulard, commissaria francese al Mercato interno) non è esattamente in cima alla lista delle priorità di investimento.
La Commissione geopolitica di Ursula von der Leyen, nel tentativo di riportare l’UE più vicina alle preferenze dei suoi cittadini, dovrà spiegare con molta chiarezza i costi e i rischi di un’Europa “potenza” soltanto in teoria ma priva degli strumenti per esserlo.
La presidente tedesca, del resto, è conscia del problema. Ha infatti già dichiarato che “la NATO resterà la difesa collettiva” dell’Europa e che non è nelle carte la prospettiva che l’UE diventi un’Alleanza militare a se stante. Qualunque valutazione realistica delle capacità di difesa europee va in questo senso, come notavo prima. Il dilemma tenderà a spostarsi, piuttosto, sulla competizione industriale: la nuova Commissione di Bruxelles dovrà riuscire a combinare il potenziamento della base industriale e tecnologica europea nel campo della sicurezza e difesa – con il Fondo ad hoc appena creato e i programmi congiunti che si stanno definendo – con l’evoluzione di una NATO più bilanciata fra USA ed Europa.
Ma non sarà un obiettivo scontato, anche perché la Casa Bianca ha già espresso forti preoccupazioni per l’eventuale esclusione delle imprese americane dall’accesso al mercato europeo della difesa. Un Presidente come Donald Trump, che tende comunque a condizionare le alleanze ai rapporti economici e commerciali, non resterà a guardare. Un fattore ulteriore sarà l’evoluzione di Brexit: vista l’importanza delle capacità della Gran Bretagna, l’Europa dovrà negoziare con Londra, in un assetto post-Brexit, rapporti preferenziali nei settori della sicurezza e difesa.
Fra sfide esterne, divisioni dei governi nazionali e preferenze illusorie di buona parte dei suoi cittadini su costi e benefici della collocazione internazionale dell’Europa, la Commissione geopolitica di Ursula von der Leyen avrà insomma grossi ostacoli da superare per diventare geopoliticamente credibile.