Fusione nucleare: quando a scommettere sono gli investitori privati

L’esperimento annunciato nel dicembre 2022 dal Lawrence Livermore Lab negli Stati Uniti ha riacceso i riflettori sulla fusione nucleare, una tipologia di energia nucleare alternativa rispetto a quella delle attuali centrali nucleari e non caratterizzata dalle tipiche scorie radioattive del processo di fissione su cui queste ultime sono basate. Mentre la tecnologia della fissione nucleare (basata sulla rottura di atomi, tipicamente di uranio) è giunta ormai alla III generazione di centrali e la IV è in programma, la fusione nucleare non ha ancora raggiunto in questi settant’anni la maturità tecnologica necessaria per creare centrali.

Energia laser pre-amplificata mentre viaggia verso la Camera Obbiettivo del Lawrence Livermore Lab in California

 

Nella fusione nucleare la materia, sotto forma di plasma, raggiunge una temperatura talmente alta (milioni di gradi) che i nuclei degli atomi iniziano a fondersi tra di loro liberando energia. Tale energia è potenzialmente sufficiente per innescare ulteriore fusione in modo controllato, come in un circolo virtuoso, così che con pochissima materia si libera una quantità di energia molto superiore rispetto a tutte le altre tecnologie note. Si è stimato che un grammo di deuterio – ottenibile dall’idrogeno presente nell’acqua e trizio – derivante dal litio, producano la stessa quantità di energia di 11 tonnellate di carbone. La teoria di questo meccanismo è nota da molti decenni, ma vi sono numerose sfide di carattere tecnologico da superare. Tra queste, un problema consiste nel fatto che è necessario rallentare il calore e il flusso di particelle affinché la struttura che contiene il plasma a milioni di gradi non fonda. Da qui la necessità di creare dei magneti capaci di confinare il plasma. Tuttavia il plasma è difficile da controllare e fu grazie ai calcoli svolti a partire dagli anni ‘80 dalla collaborazione translatlantica Ignitor tra i laboratori a Frascati, le Università di Bologna e Pisa, ed MIT di Boston che si riuscì per la prima volta a progettare il sistema di magneti in grado di confinare un plasma.

L’esperimento del Laurence Livermore Lab ha portato all’annuncio di aver raggiunto l’accensione, tecnicamente detta ignizione, del plasma – ovvero il processo di fusione dei nuclei del plasma. Questo è stato compiuto mediante l’impiego di potenti laser, che provocano una sorta di esplosione del plasma. Tale esperimento ha dimostrato che è possibile liberare più energia rispetto a quella fornita dai laser, anche se in un regime di funzionamento differente da quello che sarebbe utilizzabile da una centrale. Va precisato però che l’energia liberata da questo processo di fusione non è sufficiente per fornire l’energia complessiva che serve per alimentare i laser impiegati: infatti, per via della loro relativamente bassa efficienza, i laser richiedono molta più energia di quella che effettivamente forniscono per innescare il processo di fusione. Allo stesso tempo, tuttavia, vi sono altri approcci per ottenere la fusione nucleare, potenzialmente industrializzabili.

 

E’ in questo campo che si è aperta una corsa negli ultimi anni tra investitori privati verso la creazione di newco, spinoff e startup accomunate dall’obiettivo di dimostrare la fusione nucleare mediante un processo industrializzabile. Tali aziende promettono di creare un impianto per la distribuzione dell’energia in una rete elettrica. Si tratta di una ventina di startup, la maggior parte delle quali sono basate negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Se si guardano le prime dieci per investimenti raccolti, negli Stati Uniti sono basate le prime tre in assoluto: Commonwealth Fusion Systems ($2.06B), TAE Technologies ($1.2B) e Helion Energy ($577.8M), nonché la quinta denominata Zap Energy che ha raccolto $202.8M e sviluppa un processo di fusione non basata su magneti. Il Regno Unito ha tre progetti sulla fusione tra cui Tokamak Energy, anche relativi all’impiego della fusione per applicazioni avanzate (come la produzione di neutroni per l’ambito medico).

Anche Canada, Australia e Giappone vantano una iniziativa privata ciascuno tra le prime dieci quanto a capitalizzazione. L’italiana ENI, mediante la sua finanziaria ENI Next basata a Boston, nel 2021 ha investito 320 milioni di euro nella maggiore di queste iniziative, lo spinoff dell’MIT denominato Commonwealth Fusion Systems, di cui è fondatore e maggiore azionista dal 2018. Il progetto – che ha raggiunto finanziamenti per 2 miliardi di dollari, propone la realizzazione dell’esperimento SPARC nel 2025 – una versione derivata dai progetti Alcator condotto all’MIT dal 1969 e, sulle due sponde dell’Atlantico, Ignitor e Frascati Torus.

 

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Lo sviluppo di questi progetti industriali è fortemente connesso a diversi settori tecnologici strategici, come quello della scienza dei materiali – infatti, tali campi magnetici si generano grazie a superconduttori ad alta temperatura, cioè materiali molto sofisticati e complessi da ottenere. I progetti sono anche legati al tema dell’approvvigionamento delle materie prime, essendo i materiali necessari basati ad esempio anche su terre rare come l’itterbio, mentre il combustibile, in alternativa al trizio – estraibile dal litio trattato con neutroni – includerebbe un isotopo dell’elio che si può separare dagli idrocarburi, o anche da minerali che includono il litio, o ancora dalla raccolta dell’evaporazione delle testate nucleari basate sul trizio, o che si potrebbe estrarre  dalla superficie lunare. In generale sono privilegiati nello sviluppo di questi programmi complessi quei Paesi che controllano le miniere di litio e di terre rare, che dispongono di tecnologie nucleari a fissione o armamenti nucleari, o che estraggono idrocarburi o ancora che hanno progetti di estrazione mineraria sulla Luna.

In questa corsa dei capitali privati alla fusione non manca la Cina, dove è stata avviata nel 2021 la società Energy Singularity, mediante un finanziamento seed da 60M$ finanziato principalmente da capitali cinesi ma anche da capitali occidentali come il fondo Sequoia Venture China. Il progetto cinese esplora a sua volta la medesima tecnologia che fa uso di campi magnetici generati da superconduttori ad alta temperatura.

La fusione sarà in grado di abbassare il costo dell’energia e la transizione verso questa fonte potrebbe avviare un processo di redistribuzione del peso dei Paesi nel settore energetico dal punto di vista delle relazioni internazionali. Si pensi ad esempio alla crisi generata dalla dipendenza dal gas russo o al ruolo attuale dei Paesi dell’OPEC. L’avvento dei capitali privati nella tecnologia della fusione nucleare ha dato nuovo slancio al campo introducendo competizione tra gli approcci ed è un indicatore di chi saranno gli attori sulla scena dell’energia nei prossimi anni.

 

 

 

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