Cosa pensano gli ucraini

Secondo quanto dichiarato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il livello di consenso degli ucraini nei confronti di Volodymyr Zelensky si attesterebbe al 4%. Difficile trovare un riferimento concreto che permetta di comprendere dove il neo-eletto presidente statunitense abbia trovato questa informazione, visto che i numeri di tutti i più importanti istituti di sondaggi e statistica ucraini, come confermato anche da Ukrinform, la più antica agenzia di stampa ucraina, raccontano una storia ben differente. Se è vero che rispetto alle rilevazioni del marzo 2022, quando godeva di una popolarità intorno al 90%, l’indice di fiducia nei suoi confronti sia nettamente calato, il consenso per Zelensky nel paese resta infatti, comunque, molto alto.

Zelensky durante una visita al fronte

 

Secondo i dati di una ricerca svolta fra il 4 e il 9 febbraio scorsi dal Kiev International Institute of Sociology (KIIS), una delle più note società ucraine nel campo dei sondaggi di opinione, il 57% della popolazione gli dà ancora fiducia, un numero peraltro in crescita rispetto al dicembre 2024, quando il gradimento del presidente ucraino era al 52%, e che molto probabilmente, alla luce delle tensioni esplose nelle ultime settimane fra Kiev e Washington, con Trump che ha accusato Zelensky, fra le altre cose, di essere un “dittatore”, potrebbe crescere ancora, per reazione.

Anche prendendo in considerazione il polo negativo della ricerca, dunque la percentuale di intervistati che, invece, dichiara di non fidarsi di Zelensky, vale a dire il 37%, resta comunque un saldo positivo del 20%, un numero comunque molto alto per gli standard della politica occidentale. Per fare un paragone,  lo stesso Donald Trump, secondo la media dei sondaggi raccolta da 538, godrebbe in questo momento del favore di meno della metà degli americani.

C’è un denominatore comune che spesso emerge in maniera molto netta quando in Occidente si ragiona di Ucraina e riguarda la scarsa attenzione, la poca considerazione, che viene riservata ai fattori interni al Paese, e cioè a dire a quello che effettivamente pensano gli ucraini. Oltre alle valutazioni su Zelensky, si è ad esempio parlato molto in queste settimane delle elezioni presidenziali ucraine, che si sarebbero dovute svolgere fra marzo e aprile del 2024 e che sono state invece rimandate in seguito alla proclamazione della legge marziale nel Paese, attiva dal 24 febbraio 2022 come conseguenza dell’invasione russa e rinnovata in cicli di novanta giorni, al momento sino al prossimo 9 maggio 2025.

Secondo alcuni commentatori, e recentemente anche secondo Donald Trump (che ha così facendo raccolto un’istanza molto cara a Vladimir Putin), e come confermato dal suo vice JD Vance, che ha addirittura posto le elezioni come vero e proprio punto della policy USA in Ucraina, vi è l’assoluta urgenza di procedere con una tornata elettorale per sostituire Zelensky con un presidente “democraticamente eletto”. Ebbene, la percezione che si respira in Ucraina rispetto alla possibilità di tenere elezioni in tempo di guerra è molto netta: secondo tutti i sondaggi, realizzati da diversi istituti di ricerca, nel corso degli ultimi due anni, la stragrande maggioranza della popolazione è contraria ad andare alle urne mentre il Paese è coinvolto in un conflitto.

Secondo l’ultima indagine in ordine di tempo, realizzata dal centro di sociologia ucraino Socis nel mese di febbraio, il 64% degli ucraini non vuole andare alle urne in questo momento: la percentuale più alta registrata dalle rilevazioni degli ultimi dodici mesi. Già lo scorso ottobre il Centro Razumkov, un’altra società di ricerca ucraina decisamente non allineata ideologicamente alla presidenza Zelensky, aveva pubblicato uno studio secondo il quale mentre più di due terzi degli intervistati si erano espressi a favore di un rinnovamento delle élite al potere, allo stesso tempo solo un terzo del campione si era dichiarato favorevole a tenere nuove elezioni. Il problema di legittimità tanto duramente posto dall’amministrazione statunitense non sembra insomma essere percepito con la medesima urgenza dalla popolazione ucraina.

“Gli ucraini non hanno alcuna fretta di andare a votare, perché prima di tutto vogliono capire quale sarà la situazione sul fronte della sicurezza per il Paese – ha spiegato recentemente Anton Hrushetsky, direttore dell’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev (KIIS), in un’intervista al quotidiano Ukraina Pravda. Gli attacchi a Zelensky su questo fronte, sia interni, come ad esempio quelli di Petro Poroshenko, milionario imprenditore ucraino e presidente dal 2014 al 2019, che esterni, vedi le dichiarazioni in merito di Mosca, avvengono ormai da oltre un anno, eppure non hanno sortito alcun effetto sull’opinione della popolazione. Le persone percepiscono questa guerra come qualcosa di esistenziale, una lotta fra l’essere annientati e il continuare a esistere in quanto nazione: è difficile che avvertano la convocazione di nuove elezioni come un passaggio prioritario in questa fase: anzi al contrario, gran parte degli ucraini ha la sensazione che andare al voto potrebbe portare a grandi rischi sul fronte della sicurezza”.

Il sentimento comune, in Ucraina, privilegia una visione che vede come vera urgenza la definizione di una precisa configurazione di sicurezza. Prima di tutto gli ucraini vogliono avere garanzie affidabili relative all’adesione NATO, ai rapporti con l’Unione Europea, al nuovo contesto geopolitico e militare nel quale l’Ucraina del futuro dovrà muoversi.  D’altronde, tutte le rilevazioni indicano l’esercito e gli appartenenti alle forze militari come l’istituzione nella quale gli ucraini ripongono più fiducia. A una ricerca, anche in questo caso del Razumkov Center, dello scorso autunno, nella quale si chiedeva da quale tipo di ambiente dovrebbe provenire un candidato per avere più probabilità di essere votato, quasi la metà degli intervistati ha risposto citando l’esercito, un indicatore che è peraltro stabile intorno al 50% ormai dall’estate 2023.

Ma ovviamente è impossibile coinvolgere i militari in un processo elettorale nel momento in cui si trovano al fronte o impegnati a vario titolo in operazioni di difesa del territorio. Non solo, appunto, dal lato della rappresentanza, e della scelta degli elettori. Ma anche da quello della possibilità per le centinaia di migliaia di ucraini impegnati nei combattimenti di andare a votare. In questa fase, il rapporto tra la cittadinanza e le istituzioni deputate alla sua sicurezza è molto stretto: la fiducia nelle forze armate è stabilmente oltre il 90% dall’inizio del conflitto, così com’è molto alta la considerazione nei confronti della SBU, i servizi segreti, ben sopra il 50%. Parimenti, nel Paese la fascia di popolazione che vorrebbe vedere l’Ucraina nell’Unione Europea è intorno al 90%, così come è all’84% la percentuale di ucraini che ritiene fondamentale l’adesione alla NATO. Tutto ciò secondo le diverse rilevazioni effettuate periodicamente dal KIIS.

Alla luce di questi dati non è certo una sorpresa sentire circolare in maniera sempre più pressante il nome di Valery Zaluzhny come possibile successore di Zelensky. L’ex Comandante in capo delle forze armate ucraine, oggi ambasciatore per l’Ucraina nel Regno Unito, è una figura amatissima nel Paese: l’unica che in questo momento che sembrerebbe poter mettere in difficoltà Zelensky in un’ipotetica corsa presidenziale, ammesso che Zelensky dovesse decidere, nel caso, di candidarsi a un secondo mandato. Zaluzhny, peraltro, è proprio la figura caldeggiata da Washington per guidare il nuovo corso ucraino e può contare su una fiducia della popolazione nei suoi confronti di oltre l’80% e su sondaggi che lo vedono, in un eventuale testa a testa con Zelensky, leggermente avanti.

L’ex comandante delle forze ucraine Valery Zaluzhny

 

Certo resta difficile immaginare, ammesso che Zaluzhny abbia effettivamente ambizioni presidenziali (elemento su cui ha continuato a rimanere molto vago nelle ultime settimane), in che modo la sua elezione potrebbe velocizzare le trattative con Mosca e Washington, se davvero con la sua presenza al tavolo sarebbe più semplice per l’Ucraina accettare una cessione dei suoi territori, che appare essere l’elemento chiave del confronto per una possibile pace. A parte la nomea di “eroe della patria” costruitasi con la resistenza militare che ha permesso a Kiev di non capitolare nei primissimi giorni di guerra, quando Mosca aveva messo in conto di occupare la capitale ucraina con un’azione fulminea, si sa molto poco delle posizioni politiche di Zaluzhny. Di certo c’è che a più riprese ha dichiarato come dal suo punto di vista l’Ucraina, in futuro, diventerà probabilmente un “avamposto militarizzato del mondo libero”, e ha sostenuto la limitazione delle libertà democratiche nel Paese come necessità inevitabile per sconfiggere l’autoritarismo russo.

Il funerale politico di Zelensky, che nelle ultime settimane, soprattutto a causa delle pressioni americane, pare quasi essere stato già celebrato, potrebbe insomma essere meno scontato di quello che sembra. L’uomo che Trump ha definito “comico mediocre”, continua a essere il politico più rispettato del Paese, al netto di figure esterne, come quella del poco sopra citato generale Zaluzhny, che potrebbero effettivamente metterne in discussione la posizione. Nei sondaggi che considerano le forze politiche oggi in campo, l’attuale presidente può contare su circa il 30% dei voti, mentre il primo degli sfidanti, Petro Poroshenko, l’oligarca già presidente dal 2014 al 2019 e considerato oggi il capo dell’opposizione, non supera il 6%.

Un grande aiuto a Zelensky, peraltro, potrebbe arrivare proprio da Washington. Gli ucraini, com’è facile immaginare, stanno infatti vivendo con grande apprensione gli avvicinamenti diplomatici di Trump a Putin, così come le richieste insistite degli Stati Uniti a Kiev di cedere il controllo su 500 miliardi di dollari di risorse naturali, tra cui petrolio e gas, porti e altre infrastrutture non specificate, considerate da molti, come lo ha definito la European Pravda, un ricatto per la pace. In questo clima gli USA si stanno trasformando molto rapidamente, nel sentimento popolare ucraino, in una vera e propria controparte, e non più in un alleato.

Se Zelensky avrà l’energia di sostenere un confronto diplomatico sulla carta impari, potrebbe trarre linfa vitale in termini di consenso da questa nuova contrapposizione, riqualificandosi agli occhi del Paese, ancora una volta, come il salvatore della patria. Come l’uomo che non svenderà, costi quel che costi, l’Ucraina.

 

 

ZaluzhnypoliticsEuropediplomacyEUsecurityUkraineZelensky