Alla fine, i Fratelli musulmani in Libia hanno dovuto ammettere il successo elettorale del partito guidato dall’ex premier Mahmud Jibril, l’AFN (Alleanza delle Forze Nazionali). Tuttavia, Giustizia e Costruzione (questo il nome del braccio politico della Fratellanza in Libia) parla per ora di una “vittoria del popolo libico”, e attende con ansia di conoscere il posizionamento politico dei 120 candidati ai seggi riservati agli indipendenti, che faranno da ago della bilancia nel prossimo parlamento. A tal proposito, intervistato da Al-Sharq al-Awsat, Muhammad Sawan, leader di Giustizia e Costruzione, ha rivelato che esistono contatti fra il suo partito e diversi candidati indipendenti in vista di possibili accordi. Alcuni di questi avrebbero già fornito risposte positive, mentre altri avrebbero avanzato spontanee richieste di adesione. Se questa strategia dovesse avere successo, la corrente islamista potrebbe arrivare ad ottenere circa 70 seggi nel nuovo parlamento, secondo quanto riferito alla stampa da alti esponenti della Fratellanza in Libia.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dalla Commissione Suprema Elettorale libica il 17 luglio, l’AFN ha ottenuto (come previsto) la maggioranza dei seggi – 39 in tutto – con una percentuale del 48,8%, seguito dal partito Giustizia e Costruzione – 17 seggi – pari al 21,3%. Il movimento di Jibril è stato il primo partito in tutte i distretti elettorali, compreso quello di Derna, roccaforte del salafismo-jihadista.
Dunque, molto probabilmente sarà proprio Jibril a formare il secondo governo di transizione libico. Intanto, il partito della Fratellanza ha adottato una linea orientata all’unità nazionale: il prossimo governo dovrà essere forte ed efficace per dare vita a uno stato moderno e (islamicamente) democratico e servire gli interessi supremi della nazione prima che quelli di partito o personali. Si tratta di tematiche che possono effettivamente mettere insieme diverse correnti libiche – laiche e religiose – in un governo di tipo consociativo, come suggeriscono anche altri indizi. Il primo è la recente visita a Tripoli dell’erede al trono del Qatar, il principe Tamim Al Thani; il secondo è la forte pressione diplomatica occidentale, in particolare di Stati Uniti e Gran Bretagna (con i quali il viaggio era stato concordato). Secondo un’autorevole fonte del CNT, interpellata dal quotidiano libico Quryna, l’intenzione è appunto quella di dare forma a un governo di unità nazionale in cui siano rappresentate tutte le correnti politiche, sostenendo l’ala moderata per far fronte all’estremismo islamico. Sembra però che il piano non goda dell’appoggio di Emirati Arabi e Francia.
Su questo sfondo, nei prossimi mesi saranno comunque temi come la shari’a nella Costituzione, e l’impianto della politica estera libica, ad accendere il dibattito parlamentare – e il clima politico sarà decisivo nel determinare l’esito delle discussioni.
È presto per poter affermare con certezza che la Libia rappresenta una controtendenza rispetto a paesi come la Tunisia, l’Egitto e il Marocco, dove al potere sono saliti partiti islamisti legati alla Fratellanza musulmana. Il successo dell’AFN di Jibril sta anche nel fatto che l’ex premier libico ha saputo presentarsi come un liberale agli occhi dell’opinione pubblica occidentale e un libico tradizionalista islamico agli occhi del suo popolo, quando ha affermato: “L’Islam è la religione ufficiale della società libica e i principi della shari’a sono una fonte principale del diritto. Chiediamo un Islam moderato per il nostro paese”. Si tratta comunque di un esperimento da seguire con grande attenzione.