Il ruolo dei servizi segreti turchi: una questione politica

Sotto l’egida del Presidente Recep Tayyip Erdoğan, l’agenzia nazionale turca di intelligence, conosciuta con l’acronimo MIT, ha subito una radicale trasformazione. In linea con l’espansione degli interessi geopolitici turchi e con il moltiplicarsi delle crisi internazionali che hanno coinvolto il Paese, negli ultimi anni il MIT si è rivelata l’istituzione di riferimento nel facilitare la realizzazione dei progetti diplomatici dell’AKP, il partito che guida il Paese dal 2002. Recentemente, l’agenzia è stata sostanzialmente rafforzata sotto il profilo operativo, organizzativo, ed in termini di risorse. Nel 2010, l’allora Primo Ministro Erdoğan volle personalmente a capo del MIT Hakan Fidan, ex direttore (2004-2007) della TIKA, l’agenzia turca per la cooperazione e lo sviluppo. All’epoca, il governo turco aveva già avviato, proprio attraverso il MIT e Fidan, una serie di negoziati segreti con i vertici del gruppo separatista curdo PKK (formalmente riconosciuto come organizzazione terroristica dalla Turchia, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti).

Da allora Fidan si è progressivamente affermato come uomo di fiducia di Erdoğan, al punto che questi lo ha più volte pubblicamente descritto come il custode dei segreti politici, tanto della nazione che del Presidente stesso. Ed è proprio l’ambiguità nel ruolo di Fidan ad avere attirato le critiche dell’opposizione, preoccupata che il MIT sia diventato niente più che l’ennesima istituzione dominata esclusivamente da Erdoğan ed utilizzata per consolidare il potere dell’AKP. I sospetti si sono rinvigoriti negli ultimi mesi, visto l’inasprimento dello scontro tra il governo ed i “Gülenisti” (i membri del movimento guidato dall’ex alleato politico di Erdogan Fethullah Gülen) Alcuni di questi personaggi, in virtù della passata alleanza con l’AKP, tuttora occupano posizioni strategiche nelle istituzioni turche, e l’AKP li considera esponenti di uno “Stato parallelo” votato alla destabilizzazione del governo.

I casi che hanno visto protagonista il MIT negli ultimi anni sono numerosi. L’esempio storicamente più significativo risale all’ottobre 2014: dopo che il governo turco si era assunto la responsabilità di gestire il transito di un centinaio di peshmerga dal Kurdistan iracheno al confine turco-siriano, i vertici militari turchi hanno rifiutato di cooperare, a causa delle storiche divergenze ideologiche sulla questione curda. In passato, tale decisione avrebbe probabilmente comportato una revisione della posizione turca, sia per l’impatto politico del veto dei generali, sia per l’impossibilità di procedere senza il supporto logistico dei militari. Nell’era di Erdoğan, invece, il problema è stato aggirato, e la responsabilità è stata affidata appunto all’apparato di intelligence del MIT, che tra l’ottobre 2014 ed il gennaio 2015 ha coordinato e gestito il trasporto di circa 300 soldati curdi iracheni verso il fronte siriano.

L’operazione è stata facilitata dal fatto che, nell’aprile del 2014, un nuovo pacchetto di riforme ha espanso i poteri dell’agenzia, rafforzandone la capacità di condurre operazioni oltre confine ed aumentandone le prerogative decisionali ed operative sul territorio turco. L’AKP, unico promotore della riforma, sostiene che l’espansione dei poteri del MIT rafforzi l’agenzia, portandola ai livelli della CIA e dell’MI6 (i servizi britannici); l’opposizione sostiene invece che la riforma sia stata un ulteriore passo verso l’accentramento di potere nelle mani di Erdoğan, soprattutto alla luce del fatto che il parlamento e le relative commissioni non hanno i poteri necessari a monitorare la trasparenza e l’affidabilità dell’agenzia.

È  sulla duplice questione di trasparenza ed accontabilità che Erdoğan e Fidan (e, per estensione, l’AKP ed il MIT) sembrano essere politicamente accerchiati, complici una serie di incidenti che li hanno visti protagonisti. Nel gennaio del 2014, la Gendarmeria e la magistratura turca fermarono un camion diretto verso la Siria, sulla base del sospetto che stesse trasportando armi attraverso il confine. Il camion era ufficialmente sotto scorta e protezione del MIT, ed i membri dell’agenzia che seguivano il convoglio impedirono la perquisizione sostenendo che la merce trasportata fosse sottoposta a segreto di Stato. Lo stesso incidente si ripetè qualche settimana più tardi, quando altri tre camion scortati dal MIT tentarono di passare il confine. La vicenda ha creato significative tensioni politiche: ai media turchi è stato proibito di riportare notizie sull’incidente, e Erdoğan ha sempre difeso l’operato del MIT sostenendo che i camion non potevano essere fermati nè perquisiti. Nel gennaio del 2015, tuttavia, su Twitter sono comparse le copie di un documento ufficiale dal Comando Generale della Gendarmeria nel quale si sostiene che i camion vennero effettivamente perquisiti dalla Gendarmeria, e che stessero trasportando munizioni, razzi ed esplosivi  destinati, sempre secondo il documento, a gruppi affiliati ad Al-Qaeda operanti in Siria.

Un altro episodio ha portato il MIT nuovamente sotto i riflettori. Nel giugno del 2014, un gruppo di militanti di ISIS ha occupato il consolato turco a Mosul, nel nord dell’Iraq, prendendo in ostaggio 49 cittadini turchi. La crisi si è conclusa nel settembre 2014, con il rilascio di tutti gli ostaggi: Erdoğan ha sempre negato il pagamento di un riscatto, ma ha ammesso che c’è stata una trattativa politica e diplomatica con l’ISIS, e che il MIT è stata l’agenzia che ha gestito la questione. I dubbi sul ruolo del MIT nella vicenda e sulla natura della trattativa con l’ISIS non sono mai stati chiariti, dato che, fin dall’inizio della crisi, la giustizia turca ha anche stavolta imposto il divieto di divulgare notizie sugli eventi di Mosul; un divieto che rimane ancora in vigore nonostante la risoluzione positiva della vicenda.

Il crescente ruolo del MIT ha anche un impatto significativo su questioni di politica interna. È ormai da tempo che opposizione e governo si scontrano sul presunto ruolo politico che l’organizzazione starebbe progressivamente assumendo. Nel novembre del 2014, Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito d’opposizione (CHP), ha apertamente puntato l’indice contro il Presidente Erdoğan, accusandolo di complottare con i servizi di intelligence per creare tensioni all’interno dell’opposizione in vista delle elezioni previste per il giugno del 2015, ed è arrivato a paragonare il MIT alla Gestapo della Germania Nazista. Il Primo Ministro Ahmet Davutoğlu ha naturalmente respinto le accuse, sottolineando l’integrità dell’istituzione e criticando il CHP per avere tentato di trascinare il MIT in una polemica puramente politica.

Ma è in realtà l’“altra” opposizione, quella composta dai Gülenisti, ad avere i maggiori interessi in gioco e a rappresentare la vera preoccupazione di Erdoğan e dell’AKP. A fine gennaio, Erdoğan ha pubblicamente accusato Gülen di essere un collaboratore del Mossad, il servizio segreto israeliano, e di sfruttare la presenza dei suoi seguaci nelle istituzioni per destabilizzare il governo. Nelle scorse settimane, il passaporto turco di Gülen (che è residente negli Stati Uniti dalla fine degli anni Novanta) è stato revocato, mentre rimane in vigore il mandato di cattura emesso dalla magistratura turca nel dicembre 2014 nei suoi confronti. Sarebbe proprio la solida alleanza tra Erdoğan e Fidan ad avere attirato l’interesse dei Gülenisti, che rimangono i principali sospettati per le fughe di notizie e le registrazioni segrete che sono state pubblicate negli ultimi mesi. Le recenti dimissioni di Hakan Fidan dalla direzione del MIT sembrano suggerire che starebbe per candidarsi con l’AKP per le elezioni di giugno – un passo che lo designerebbe come probabile erede politico di Erdoğan ma che confermerebbe i sospetti di un comune progetto politico.

Erdoğan è in sostanza riuscito a trasformare il MIT in un’organizzazione saldamente allineata con la sua visione politica, ma il sostegno all’agenzia e alle sue recenti operazioni hanno comportato la necessità di un diretto coinvolgimento politico con l’AKP; e questo ha intaccato pesantemente la trasparenza e la credibilità dell’agenzia come organo dello Stato. D’altra parte, ciò riflette la più ampia gestione politica di Erdoğan, fortemente sbilanciata sull’accentramento di potere. Per Erdoğan, l’investimento politico fatto su Hakan Fidan e sul MIT ha portato risultati visibilmente positivi: il leader dell’AKP è, probabilmente, riuscito ad individuare il suo delfino, e l’organizzazione è divenuta il factotum operativo del governo.

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