Artico – l’inverno dello scontento

Navigare l’Artico, oceano gelato coi suoi tanti mari, è innanzitutto un viaggio nella storia che ci conduce da tempi lontanissimi al nostro complicato presente, quando d’improvviso queste acque impossibili diventano probabili. Navigare l’Artico inizia a produrre statistiche, sollevare interessi, ipotizzare scenari. Ciò che prima era un disegno su una mappa diventa un calcolo economico.

Ed è così che questa terra di nessuno, o che almeno sembrava tale, diventa improvviso interesse di molti, a cominciare da chi con quelle sponde confina e con le quali ha una lunga frequentazione. Una storia, appunto.

E la storia spesso è una fonte d’ispirazione. Intorno alla metà di giugno del 2022, racconta la Tass, Vyacheslav Ruksha, alto dirigente della società russa per l’energia atomica Rosatom, annunciò al St. Petersburg International Economic Forum che la compagnia avrebbe ospitato il nuovo Chief Directorate of the Northern Sea Route (NSR), che poi nuovo non era.

Glavsevmorput, questo il nome traslitterato dal russo, era anche come, nel 1932, i bolscevichi chiamavano l’ufficio che anche a quei tempi era stato incaricato di sovrintendere la mitica rotta marittima del nord, che allora come oggi veniva scrutata per gli straordinari guadagni di tempo, e quindi di denaro, che teoricamente consentiva per consegnare le merci che vi sarebbero transitate, a Ovest come Est.

 

I bolscevichi avevano puntato lo sguardo sull’Artico già all’indomani della rivoluzione del 1917, iniziando a svolgere rilievi idrografici lungo i principali snodi della lunga costa che affaccia sull’oceano, che condussero, nel 1930 a formulare dei piani per la navigazione del Mar di Kara. Era un piano rivoluzionario, intonato coi tempi insomma.

E fu con questo spirito che fu istituita il Glavsevmorput, cui fu dato l’incarico di gestire la NSR che i sovietici sostanzialmente sovrapposero al vecchio percorso del mitico Passaggio a Nord Est (NEP) di fatto instaurando sulla rotta la loro sovranità. In sostanza la NSR collegava Novaya Zemlja allo Stretto di Bering, all’incirca, si stima, l’80% del NEP.

La cosa fu presa molto sul serio. Cinque anni dopo, nel 1937, il Direttorato aveva già investito oltre un miliardo di dollari dell’epoca sulla rotta, impiegando circa 40 mila persone. Nel ventennio successivo furono organizzate centinaia di spedizioni scientifiche lungo il tracciato, che consentirono ai sovietici di costruirsi una solida reputazione, anche in Occidente, di profondi conoscitori della regione. Ma fra il dire e il navigare c’è di mezzo molto mare, si potrebbe dire parafrasando il proverbio, e nel caso della NSR si aggiunge la complicazione che questo mare è pieno di ghiaccio.

Perciò nel conto delle spese i sovietici dovettero mettere quelle necessarie per costruire navi rompighiaccio chiamate a scortare i cargo. Non badarono a spese: prima della caduta del Muro di Berlino nel 1989 la flotta sovietica artica contava una quarantina di navi rompighiaccio, alcune delle quali alimentate dal nucleare e centinaia di vascelli rinforzati per i carichi. La rivoluzione, però, si faceva ancora attendere. Si sviluppò un certo commercio regionale e nulla di più. L’URSS era comunque fuori dalle grandi rotte della globalizzazione occidentale. Solo nel 1991 la NSR si aprì alla navigazione internazionale, seppure con diverse difficoltà.

Oggi però, a differenza di allora, le possibilità teoriche sembrano improvvisamente divenute molto concrete. O almeno i russi sembrano convinti che lo scioglimento dei ghiacci consentirà sempre più e sempre più facilmente l’utilizzo della “loro” rotta artica.

La contabilità delle loro spedizioni, per lo più di gas liquefatto, popola il web e ormai alimenta una fiorente letteratura giornalistica che a sua volta ha riacceso l’interesse globale verso le cosiddette rotte artiche, delle quali la NSR è un tassello fondamentale.

 

La riesumazione del vecchio nome sovietico ci suggerisce qualcosa dello spirito con il quale il governo russo sta preparando la sua avventura artica, qualcosa che sta a metà fra la nostalgia e la mania di grandezza, che intervengono nel momento in cui nel paese serpeggia un crescente scontento. E avere affidato a Rosatom, ossia a uno dei luoghi strategici della politica russa, il compito di gestire la NSR ci dice il resto. Ossia che la Russia alla possibilità di gestire una rotta alternativa a quelle consuete ci crede davvero. Al punto di farne un tassello per la penetrazione nell’Indo-Pacifico. Le cronache di queste settimane hanno raccontato della corrispondenza di amorosi sensi fra Russia e India per la realizzazione dell’Eastern Maritime Corridor, che dovrebbe collegare Vladivostok, porto centrale dell’economia russa, con il porto indiano di Chennai. Ne parleremo più avanti.

L’argomento principale a favore della rotta russa, lasciando da parte le complessità logistiche e politiche, è che rotte artiche libere dal ghiaccio farebbero risparmiare fra il 30 e il 50% di tempo rispetto ai passaggi da Suez e Panama: significa fino due settimane di navigazione in meno. Se poi si considera che senza ghiacci non sarebbero neanche necessarie le costose attrezzature e i mezzi ora indispensabili – per esempio i rompighiaccio – per arrivare a destinazione, si capisce perché l’intenzione del governo russo diventi rilevante. In pratica è uno dei pochi governi al mondo che auspica che lo scioglimento dei ghiacci arrivi prima possibile.

Se dalle speranze passiamo alla realtà, i numeri diffusi nel giugno scorso dal Centre For High North Logistics, che ha raccolto i dati sulla navigazione lungo la NSR russa nel 2022, ci raccontano una storia molto diversa.

 

Secondo questi osservatori lungo la NSR sono transitati 314 vascelli in totale nel 2022. A Suez lo stesso anno sono stati 23.000. Quanto ai luoghi di destinazione, la mappa mostra che si trovano sia a Est, soprattutto in Cina, che a Ovest, in Europa.

 

Le rilevazioni del CHNL sottolineano inoltre “una totale assenza di viaggi di transito internazionale”. In pratica sono state osservate solo “navi russe parzialmente vuote”. Secondo il CEO dell’organizzazione, Kjell Stokvik, “la Russia utilizza la Rotta del Mare del Nord principalmente per esportare petrolio e gas e come via di transito per riposizionare le navi da un porto russo all’altro e tra la Russia e l’Asia. Alcune delle navi in transito viaggiavano vuote e altre avevano poco carico”.

Un anno non fa la storia ovviamente. E una nuova rotta non è certo una cosa che si improvvisi, specie quando coinvolge un paese che ha visto una notevole frattura in molte delle sue relazioni internazionali a causa della guerra scatenata contro l’Ucraina.

Vale la pena sottolineare che secondo il rapporto del Centro, il contributo principale all’utilizzo della NSR, nel 2022, è stato fornito dal trasporto di GNL. Dal porto di Sabetta, situato sulla penisola di Yamal, dove sono attivi importanti centri di produzione di gas liquefatto, sono state effettuate 280 spedizioni di navi cariche di GNL. Le destinazioni si possono individuare nella mappa sotto.

 

Interessante osservare che la gran parte di queste spedizioni sono state inviate in Europa, dove peraltro le spedizioni di gas sono aumentate nel 2022 rispetto al 2021. Al contrario le spedizioni verso l’Asia sono diminuite e quelle verso la Cina, in particolare, sono rimaste le stesse. La narrativa del patto di ferro fra Cina e Russia, con le risorse energetiche a far da cerimoniere, non trova un’apparente conferma dai dati diffusi dal Centro, che ovviamente vanno presi con dovuto beneficio d’inventario. Fra le altre cose sembra che la cinese COSCO non abbia fatto neanche un viaggio l’anno scorso sulla NSR, pure se le cronache hanno scritto di recente del lancio di un primo servizio di spedizione di container organizzato da un operatore cinese che dovrebbe collegare con regolarità San Pietroburgo a Shanghai.

Aldilà del contesto internazionale avverso, che certo ha raffreddato l’interesse di molti operatori di logistica occidentali, anche a causa delle sanzioni, è il caso di ricordare che le difficoltà delle NSR non dipendono solo dal freddo e dalla politica internazionale. Una rotta non è soltanto una linea disegnata su una mappa che bisogna trovare il modo di attraversare con un mezzo di trasporto, superando le difficoltà naturali che si possono incontrare sul proprio cammino. Una rotta è soprattutto un insieme di infrastrutture che consentono non solo la navigazione, ma anche il carico e lo scarico delle merci che provengono da altri luoghi e devono arrivare in altri ancora. Servono quindi strade, ferrovie e ovviamente porti, un tassello fondamentale di una qualunque rotta di navigazione marittima. Servono, insomma, un sistema logistico e di trasporto attorno a una rotta commerciale.

La NSR si inserisce in un sistema di trasporto interconnesso con il nord della Russia. Le infrastrutture affluenti sono costituite dai grandi fiumi siberiani e dalle ferrovie che corrono da est a ovest nel sud, collegandosi con i fiumi a migliaia di chilometri dalla costa. Le navi oceaniche salpano dal porto di Igarka, a 670 chilometri a sud dell’estuario dello Yenisei e dal porto di Yakutsk che si trova a oltre 1.100 chilometri a sud di Igarka. I fiumi Ob, Yenisei, Lena e Kolyma sono navigabili fino alla ferrovia transiberiana che è lunga 2.270 chilometri a sud della costa siberiana. Il fiume Lena si collega con la ferrovia Baikal-Amur. Questo sistema consente di muovere le merci verso la NSR.

 

A sua volta lungo la rotta artica ci sono diversi porti (vedi mappa sopra), i cui principali sono Murmansk, Arkhangelsk, Dikson, Sabetta (che abbiamo già incontrato parlando di Yamal), Dudinka, Khatanga, Pevek e Tiksi. Quest’ultimo di recente è stato aperto alle partnership internazionali, per lo più asiatiche, per potenziarne la capacità di carico, con l’obiettivo di farne un luogo di eccellenza della NSR del futuro.

I russi pensano già al 2035, e sono convinti che per allora la rotta artica sarà diventata una realtà più solida. La previsione russa è di arrivare a un volume di merci sulla NSR di 80 milioni di tonnellate l’anno prossimo, malgrado non si arrivi ancora alla metà, e a 135 milioni nel 2035, arco di tempo entro il quale le autorità russe pensano di investire 1,8 trilioni di rubli sulla rotta, circa 18 miliardi di dollari. Ma per fare cosa?

Gli osservatori internazionali sono assai meno ottimisti rispetto alle reali possibilità di far crescere un traffico merci significativo lungo le rotte artiche, malgrado non neghino la possibilità di sviluppi futuri di un qualche interesse. Ecco cosa scrive l’OCSE nel suo rapporto Future Maritime Trade Flow, pubblicato nel 2020: “Anche in scenari con rapidi aumenti della temperatura, ci saranno periodi considerevoli dell’anno in cui la rotta del Mare del Nord non sarà navigabile perché non sarà priva di ghiacci”. Il rapporto aggiunge che “il transito di navi di meno di 50.000 tonnellate attraverso la rotta del Mare del Nord diventerebbe redditizio dopo il 2035”. Ciò malgrado, l’impatto sulle rotte tradizionali sarebbe solo marginale. Persino in uno scenario di cambiamento climatico estremo “grandi volumi di navigazione decollerebbero solo intorno al 2070”. Anche secondo questo scenario, “entro il 2200 la quota del commercio globale che utilizzerebbe la rotta del Mare del Nord sarebbe ancora inferiore al 5%”. Tanto rumore per nulla, insomma?

Dipende dagli obiettivi che si vogliono perseguire. Una rotta commerciale non è solo un disegno sulla mappa, e neppure l’insieme del sistema di logistica e trasporto che esprime, è anche, e soprattutto, un pretesto. Uno strumento per sviluppare le relazioni internazionali e le partnership. Per mettere a sedere attorno allo stesso tavolo persone che magari prima non avrebbero avuto motivi concreti per farlo.

L’idea della Belt and Road Initiative, lanciata proprio dieci anni fa dalla Cina, è il miglior esempio possibile di questo modo di utilizzare le idee sulle rotte commerciali. E la Russia, a modo suo, sta provando a fare la stessa cosa. Usa il desiderio come strumento politico e il proprio scontento come propellente.

Proprio nei giorni in cui i russi tornavano a promuovere la loro rotta artica, diversi notiziari indiani raccontavano dell’infittirsi delle relazioni diplomatiche fra Russia e India motivato dal desiderio comune di sviluppare i collegamenti fra il Nord russo e il Sud Indiano attraverso l’unione della NSR con l’Eastern Maritime Corridor, al quale abbiamo accennato. Ed ecco il tratto sulla mappa.

 

Vladivostok, che è già il più grande porto russo nell’estremo oriente con grandi capacità di movimentazione di container, di recente messo anche a disposizione della Cina, diventerebbe non solo il punto naturale di destinazione delle risorse che viaggiano lungo la NSR (innanzitutto gas) delle quali l’India ha molto bisogno, ma anche il punto di partenza di un ampio corridoio indopacifico per Mosca.

Si può anche credere che questo scenario diventi realtà. Di sicuro però è un ottimo pretesto per farsi una bella chiacchierata. Diversi media indiani hanno riportato la notizia che nel mese di ottobre esponenti del governo russo e indiano si incontreranno a Chennai per discutere proprio di questo corridoio. I russi sono stati invitati anche al Global Maritime India Summit (GMIS), il 17 e il 19 ottobre a Nuova Delhi. E mentre discorrono di un futuro probabile, intanto questi funzionari politici si accordano per gli scambi presenti. Una rotta rappresenta tante cose, perciò. Molte neanche si vedono, ma si possono indovinare.

 

 

Dalla stessa rubrica:
Il litio – la pietra angolare
Back to Africa – La frontiera, quella nuova e quella vecchia

 


Link utili

https://arctic-lio.com/nsr-2022-short-report/

Chief Directorate of the Northern Sea Route to be established in Rosatom

http://www.nsra.ru

Geopolitica delle rotte Nord

A new report on the Northern Sea Route shipping activities in 2022 has been released

Canale di Suez, traffico record nel 2022 con oltre 23mila navi

https://www.itf-oecd.org/future-maritime-trade-flows-1

https://arctic-russia.ru/en/northsearoute/

https://msi.nga.mil/Publications/WPI

https://nordregio.org/maps/sea-routes-and-ports-in-the-arctic/

http://www.arctis-search.com

https://www.russia-briefing.com/news/russia-issues-northern-sea-route-development-plan-to-2035.html/

https://www.highnorthnews.com/en/arctic-port-tiksi-opens-foreign-vessels-spur-investments-along-nsr

https://infra.economictimes.indiatimes.com/news/ports-shipping/india-russia-explore-use-of-northern-sea-route-as-maritime-corridor/103644586?redirect=1

First Arctic liner link with China started by New New Shipping

https://en.portnews.ru/news/353673/

https://unctad.org/rmt2022

La Russia paga il conto alla Cina: dopo 163 anni concesso il porto di Vladivostok

https://vajiramias.com/current-affairs/what-is-the-eastern-maritime-corridor-emc/6501d4a56d9f2605a8700402/

https://www.indianarrative.com/world-news/india-and-russia-gear-up-for-full-scale-launch-of-eastern-maritime-corridor-between-chennai-and-vladivostok-151990.html

 

 

tradeenergyoilgasRussiaglobalizationNorth Polegeoeconomica