America 2021 e l’agenda Biden
Con la fine della presidenza Trump e l’inizio del mandato di Joe R. Biden Jr., gli Stati Uniti provano a superare i tragici eventi dell’assalto al Campidoglio del mercoledì nero di Washington. La fase politica che prende forma in queste settimane e che vedremo nei cosiddetti “primi cento giorni” sarà diversa dalla presidenza del tycoon, ma non per questo meno complessa di quella che ha segnato gli ultimi drammatici mesi.
Il susseguirsi di emergenze ha creato una crisi multipla in cui si intrecciano gli effetti sanitari e sociali della pandemia, la caduta del PIL, le proteste innescate dalle discriminazioni razziali, i rischi della violenza politica e del terrorismo domestico. La priorità dell’amministrazione Biden sarà portare gli USA fuori da queste emergenze al più presto. Purtroppo, l’euforia delle celebrazioni del giorno del giuramento sembra quasi stonare con la gravità del momento, dato che nella stessa settimana il numero di morti per il Covid-19 ha superato quello dei caduti americani della Seconda guerra mondiale e questo tragico dato si associa a quelli sull’economia.
Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 14,7% ad aprile 2020, ossia il livello massimo dai tempi della Grande depressione del 1929, ed ora è superiore al 6,5%. Un livello apparentemente confortante se paragonato a quello di alcuni paesi europei, ma allarmante se si considera che è di poco inferiore a quello del 2009, quando Obama entrò alla Casa Bianca nel pieno della crisi finanziaria globale.
A rendere ancora più precario l’equilibrio nel Paese è il clima di tensione che continua dopo i fatti del 6 gennaio. Le statistiche sulla violenza e l’estremismo politico mostrano che l’America potrebbe ritrovarsi presto in un nuovo tornante della storia simile a quello degli anni Sessanta del secolo scorso.
A giugno del 2020 il Center for Strategic and International Studies era stato il primo lanciare l’allarme sui timori di una deriva violenta legata all’esito delle elezioni. I dati di US Crisis Monitor (Princeton University) rivelano che i gruppi dell’assalto al Campidoglio e i simpatizzanti dell’ex-presidente costituiscono il movimento più aggressivo della società americana degli ultimi decenni. La loro caratteristica chiave è la conflittualità. L’incidenza della violenza che contraddistingue i loro incontri è molto più alta di quella delle altre dimostrazioni che avvengono ordinariamente in America. Negli incontri organizzati dai seguaci di Trump ci sono disordini e attacchi armati nel 32% dei casi, mentre il dato medio nazionale è pari al 5%. Ad esempio, l’incidenza del fattore violento nelle proteste di Black Lives Matter è del 6%.
Nelle prime giornate da presidente, Biden ha agito servendosi di una serie di executive orders per cancellare alcune delle politiche più controverse del suo predecessore e rispettare le promesse fatte in campagna elettorale: il ritorno degli USA nell’ambito dell’Accordo di Parigi sul clima, la protezione dei DREAMERS e la fine del Muslim Ban. Altri ordini esecutivi sono dedicati alle misure per fermare la pandemia, come quello per l’obbligo di indossare le mascherine nelle aree dove vige la giurisdizione federale.
Il piano di Biden contro la pandemia si pone l’obiettivo di effettuare 100 milioni di vaccinazioni in 100 giorni, ma non basterà fronteggiare il problema sanitario e porre fine alla recessione. In tal senso, occorreranno delle politiche anticrisi coraggiose. Il presidente ha dalla sua parte l’esperienza maturata durante il primo mandato di Obama e la collaborazione di figure tecniche come Janet Yellen, che ha nominato Segretario del Tesoro. L’ex-numero uno della Federal Reserve ha iniziato la sua scalata ai vertici della banca centrale americana proprio negli anni della crisi finanziaria e ha contribuito alle decisioni della politica monetaria adottate dal suo predecessore, Ben Bernanke. Ora che si appresta a far parte del governo federale, seppur con un incarico molto differente da quello che ricopriva alla FED, Janet Yellen ha dichiarato che intende approfittare dei tassi di interesse vicini allo zero per rilanciare l’economia con una manovra di ampia portata, che secondo recenti stime potrebbe generare una crescita pari a circa il 5-6% nel 2021.
Oltre la strategia contro la pandemia, il presidente ha promesso delle riforme che riguarderanno le telecomunicazioni, la legislazione sui migranti e i diritti degli afro-americani. Questi sono alcuni degli obiettivi politici che animano il dibattito tra i partiti da decenni, ma non si sono ancora tradotti in riforme, lasciando l’ordinamento americano indietro.
Il Telecommunications Act si deve alla presidenza di Bill Clinton, mentre l’ultima grande riforma sui diritti degli immigrati la fece Ronald Reagan. Infine, il Civil Rights Act ed il Voting Rights Act risalgono agli anni Sessanta e le loro garanzie giuridiche sono state progressivamente svuotate. Basti pensare che dopo la sentenza della Corte Suprema conosciuta con il nome “Shelby County vs. Holder” (2013), molti Stati hanno reintrodotto delle norme che rendono più difficile l’accesso alle urne per gli elettori neri e le minoranze, dando origine a nuove discriminazioni. Sia le politiche anticrisi sia le riforme auspicate negli ambiti appena citati, non possono essere conseguite firmando degli ordini esecutivi ed il presidente ha bisogno del Congresso per azionare nuove politiche e interventi legislativi così ambiziosi.
Nonostante l’esito delle elezioni nel ballottaggio della Georgia abbia dato ai Democratici la possibilità di controllare anche il Senato – scongiurando l’ipotesi di un governo diviso – l’agenda della Camera alta del Campidoglio appare sovraccarica dopo l’apertura del secondo processo di impeachment a Trump. Il rischio che il Senato resti bloccato dai dibattiti sul caso della messa in stato d’accusa dell’ex presidente è concreto. In passato, i tre processi di impeachment discussi dal Senato hanno avuto una durata, rispettivamente, di 83, 37 e 21 giorni.
Questo dibattito, imprevisto fino a poche settimane fa, si aggiunge a quello sulle politiche anticrisi e a quelli delle commissioni parlamentari sulle procedure di conferma delle nomine presidenziali. Eccetto la conferma di Avril Haines, Lloyd Austin e di Janet Yellen, nessun’altra nomina dei 23 componenti dell’amministrazione Biden è stata ancora ultimata. Il Senato dovrà quindi correre contro il tempo per concludere il ciclo di audizioni dei nominati da Biden e votare. Solo al termine di questo processo, con la squadra al completo, il presidente potrà contare sulla piena collaborazione di tutta la struttura amministrativa di Washington e delle agenzie federali.
Nelle prossime settimane i Democratici proveranno a stabilire l’agenda del Senato per adattarla ai programmi auspicati dal presidente e completare l’impeachment. Mai come ora, dall’inizio della pandemia e dall’irrompere della violenza nella politica americana, le istituzioni di Washington devono funzionare insieme per curare le ferite inferte agli Stati Uniti.