Romano Prodi e l’Iran

La lettura del libro autobiografico di Romano Prodi[1], dove egli scrive della sua particolare attenzione nei confronti dell’Iran, dapprima come Presidente dell’IRI e poi quale Presidente del Consiglio, ha richiamato alla mia memoria un momento importante ed esaltante nelle relazioni tra Italia ed Iran, culminato con la visita del Presidente Prodi a Teheran nel giugno 1998. Ero allora Ambasciatore in Iran e di quel periodo ho conservato un diario che registra tutto il successo di quella visita, avvenuta durante la Presidenza di Mohammad Khatami.

Tale successo è ben testimoniato dalla restituzione della visita in Italia da parte di Khatami nei primi mesi dell’anno successivo.

Romano Prodi e Mohammad Khatami (a Roma nel 2007)

 

Ma serve prima una premessa.

1) Quando arrivai a Teheran quale Ambasciatore nel 1995 l’Italia, come tutti i paesi europei, intratteneva un cosiddetto “dialogo critico” con l’Iran che fu talmente critico da imporre un richiamo in Patria nel 1997, a seguito di una vicenda che riguardava direttamente la Germania ma che coinvolse poi tutti gli Ambasciatori Europei.

A seguito di una sentenza emessa a Berlino nella primavera del 1997 dall’autorità giudiziaria locale per un fatto di sangue accaduto contro alcuni curdi in un bar denominato “Mykonos”, sentenza nella quale venivano rese note responsabilità dei servizi segreti iraniani e in particolare del Leader della Rivoluzione Khamenei, il governo tedesco decise di richiamare per consultazioni il proprio Ambasciatore da Teheran. Per solidarietà europea furono richiamati nei rispettivi paesi tutti gli Ambasciatori dell’UE. La vicenda, che avrebbe dovuto concludersi in due settimane, si trascinò per sette-otto mesi, e questo perché Khamenei, passate le due settimane, proclamò che avrebbe rivisto volentieri rientrare a Teheran gli Ambasciatori europei, con l’eccezione del tedesco che doveva tornare come ultimo. Si aprì così uno sciocco quanto inutile negoziato che vedeva da un lato la Germania fermamente convinta che sarebbe stata una umiliazione far entrare per ultimo il proprio Ambasciatore e dall’altro lato la dirigenza iraniana che non osava contraddire quanto proclamato dal proprio Leader. Nel corso del negoziato condotto dalle Presidenze in esercizio dell’UE da un lato e da alcuni dirigenti iraniani dall’altro – sempre sottoposti al diktat di Khamenei – il negoziato si trascinò per mesi. Si discusse addirittura di come far arrivare insieme tutti gli Ambasciatori UE a Teheran facendo scendere per ultimo il tedesco dalla scaletta!

Fu proprio in quei mesi di assenza degli Ambasciatori europei che ci fu la prima elezione di Khatami alla Presidenza della Repubblica e nonostante l’importanza e il significato di tale elezione, che vedeva giungere all’apice della dirigenza iraniana un riformista di tale spessore, gli Ambasciatori non poterono rientrare neppure per assistere alla cerimonia di investitura.

Fu, in effetti, una vera battuta di arresto tra l’Iran e l’Europa in un momento in cui si sarebbe potuto riaprire il dialogo con Teheran. La situazione si sbloccò finalmente perché da parte francese fu concluso un importante accordo della Total nel Golfo Persico, ciò che consentì a Parigi di premere per il rientro del proprio Ambasciatore che sarebbe ritornato ultimo insieme a quello tedesco.

Una volta rientrati tutti gli Ambasciatori europei a Teheran, iniziò una nuova fase nei rapporti con l’Iran grazie alla presenza del Presidente riformista Khatami che aveva immediatamente fatto capire che era pronto ad aprire un dialogo con i paesi occidentali.

L’Italia ne approfittò subito e l’anno della svolta, il 1998, si aprì con una serie di visite in Iran, coordinate naturalmente con il nostro Ministero degli Esteri, il cui Segretario Generale Umberto Vattani venne già a Teheran alla fine di dicembre 1997. All’inizio di marzo 1998 ebbe luogo la visita a Teheran del Ministro degli Esteri Lamberto Dini,  il quale, forte anche del suo ottimo rapporto con gli Stati Uniti, riuscì a mettere a punto alcune importanti intese tra Italia ed Iran in campo economico (preparazione della Commissione Mista) e culturale (fra cui, il gemellaggio tra Isfahan e Firenze).

Venne poi, in aprile, il Presidente della Camera  Luciano Violante e nel frattempo si cominciava a delineare la possibile visita del Presidente del Consiglio Prodi.

2) Il 12 giugno 1998 annoto nel mio diario che sono a Roma per impegni professionali e personali e che in quel giorno vengo ricevuto dal Presidente Prodi per parlargli di Iran. Entrando nel suo ufficio egli mi dice: “Ambasciatore, mi parli male di quel paese perché io lo amo troppo!” e mi aggiunge che si era sempre ripromesso di compiere una visita in Iran. Un Ambasciatore a Teheran non poteva ricevere una notizia migliore trovando nel Presidente Prodi una persona capace di cogliere il momento favorevole per intensificare finalmente il dialogo fra Italia ed Iran.

Nel mio diario aggiungo che “gli propongo di farsi accompagnare dalla moglie, perché penso che sia utile all’Iran apparire come un paese più vicino alle nostre consuetudini”, ben conoscendo la diversità della presenza femminile tra i nostri paesi. Egli accetta volentieri.

Prodi giunge a Teheran il 30 giugno, accompagnato dal Ministro del Commercio Estero, Augusto Fantozzi, e da una folta delegazione e il 1° luglio annoto: “ La giornata intensissima perché tutto si concentra oggi in quanto Prodi deve ritornare stanotte a Roma per i problemi insorti in seno alla maggioranza. Infatti, sul tema dell’ampliamento della NATO, Rifondazione ha votato contro e Prodi è rimasto in piedi grazie ai voti dell’UDR di Cossiga”. Gli eventi concentrati sono molteplici e si è riusciti ad ottenere due importanti occasioni, un intervento con Laurea Honoris Causa dall’Università di Teheran e in parallelo l’apertura della mostra “Uno sguardo a Oriente” al Museo di Arte Contemporanea

Scrivo ancora “Gli incontri vanno tutti benissimo anche perché Prodi spinge per aprire a tutti i costi: si impegna subito con il Vice Presidente Hassan Habibi – subito dopo gli onori militari – per riaprire la SACE e fissare la data della Commissione mista. Con Fantozzi si decide già per il 25-27 luglio. Non solo, ma promette anche la visita di un folto gruppo di operatori economici in occasione della Fiera di Teheran all’inizio di ottobre. Insomma si riesce a fare tutto ciò che mi ero ripromesso dall’inizio della mia missione in Iran.

Con Habibi e poi con Khatami va benissimo. Prodi invita Khatami a compiere una visita in Italia a fine settembre, di ritorno dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Fanno insieme un incontro stampa in piedi fuori dalla sala degli incontri, cosa veramente eccezionale.

La colazione prosegue con molti ministri economici e poi con grande successo l’Università dove si incontra con centinaia di studenti felici e Prodi mi dice che gli dispiace solo di non poter restare più a lungo con loro. Segue poi l’incontro con Khamenei, un incontro formale intriso dalla solita propaganda ma mi colpisce l’ambiente: una casa modesta e spoglia come si addice ad un ideologo. E mi colpisce il personaggio per la sua fragilità rispetto a Khatami, che mi pare dominare cose e persone.

Siamo poi in residenza con la collettività italiana e Prodi si dilunga con i rappresentanti del Vaticano Panciroli e Bedini.

Con nostra grandissima sorpresa Khatami ci annuncia che il pranzo ufficiale della sera si svolgerà insieme alle mogli. Siamo tutti in una stessa sala anche se in tavole separate. Tutto questo è davvero straordinario per l’Iran e un grande sforzo da parte di Khatami.

La giornata del 1° luglio si conclude con la partenza di Prodi e Delegazione a mezzanotte, con gli onori militari all’aeroporto. Devo dire, un vero successo, non poteva andare meglio.”

Nelle mie note di diario continuo nei giorni e nelle settimane successive ad annotare il grande successo che ebbe la visita di Prodi a Teheran aprendo la strada ad altri paesi e trasformando quello che un tempo si definiva come ho già detto “dialogo critico” in un “dialogo costruttivo”.

Già il 6 luglio scrivo che sono a colazione dall’Ambasciatore svedese per il Segretario di Stato qui in visita. Egli mi dice che noi italiani stiamo facendo un lavoro splendido qui in Iran e mi ringrazia. Scrivo inoltre “faccio un briefing a tutti gli europei sulla visita di Prodi e vedo che tutti muoiono di invidia”. Continuo ad annotare il 7 luglio che mi vengono a trovare gli Ambasciatori di Australia, Nuova Zelanda e Canada per sapere della visita di Prodi. Scrivo con soddisfazione “stiamo facendo storia in questo paese”.

Il 14 luglio continuo annotando: “alla festa nazionale francese non si fa che parlare dei nostri successi con Prodi. Ho davvero l’intero corpo diplomatico che pende dalle nostre labbra. Sono ad un’interessante cena ristretta dall’Ambasciatore del Giappone in onore del Direttore Generale del Medio Oriente di passaggio per Teheran che vuole sentire della visita di Prodi dal momento che sta per recarsi negli Stati Uniti.”

Continuo ad annotare i seguiti della visita di Prodi sulla tenuta della Commissione mista dal 25 al 27 luglio a Teheran con l’arrivo del Ministro Fantozzi. Annoto poi che il 27 si conclude la Commissione mista con la firma dell’accordo dopo un ottimo lavoro svolto da Fantozzi, che, osservo, pare essere un formidabile avvocato.

3) Il 10 agosto scrivo che mi reco in serata dal Capo del Protocollo di Khatami per discutere della possibile visita del Presidente iraniano a Roma.

Agli inizi di ottobre scrivo dell’inaugurazione della Fiera Economica Internazionale a Teheran e del fatto che il presidente Khatami visita il Padiglione Italiano quale unico padiglione straniero per il rispetto e l’amicizia nei confronti dell’Italia.

Osservo che il Presidente è gradevole e simpatico, molto più proiettato verso le persone che non i macchinari, per cui mostra insofferenza!

Il 1998 si conclude con una visita del Ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, a Torino dove egli partecipa a un seminario organizzato dalla Fondazione Agnelli sul dialogo fra Islam e Cristianesimo. Proseguono poi i colloqui a Roma. Il 29 dicembre, sono lieto di apprendere che da parte iraniana ormai si parla di dialogo costruttivo e non più critico: la linea tracciata dal Presidente Prodi, scrivo, è quella indubbiamente vincente e ne sono molto lieto.

Inizia il 1999 con l’organizzazione della visita del Presidente Khatami in Italia. Come Prodi fu il primo Presidente del Consiglio di un paese occidentale a compiere una visita ufficiale in Iran, si stava ora organizzando la prima visita ufficiale di un Presidente iraniano dall’epoca della rivoluzione in un paese occidentale e cioè in Italia.

La visita di Khatami è prevista per il 9 marzo e annoto il giorno precedente che sono a Roma al Ministero degli Esteri per verificare l’organizzazione di tale visita. Inutile nascondere che tra i problemi principali da risolvere, ci fu quello della presenza del vino a tavola e anche della difficoltà che la figlia del Presidente Scalfaro potesse sedere accanto al Presidente iraniano non coperta dal velo. Problemi che si è riusciti a superare con una certa difficoltà grazie anche all’intervento del Ministro Dini sul Presidente Scalfaro.

Gli incontri del Presidente Khatami si svolgono naturalmente prima al Quirinale con il Presidente Scalfaro e successivamente in Parlamento. Il Presidente iraniano è sempre molto sciolto e disponibile, siede accanto a Marianna Scalfaro senza alcun imbarazzo, intrattenendosi con tutti gli ospiti e come osservo nel mio diario “mi sembrano tutti assai colpiti dall’eleganza e dall’eloquio del Presidente iraniano”. Il 10 marzo proseguono le cerimonie e i colloqui anche con il Presidente del Consiglio Massimo D’Alema e Khatami si reca successivamente a Firenze, dove pronuncia un discorso all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. L’11 ottobre dopo altri incontri a Roma, scrivo che accompagno il Presidente iraniano all’aeroporto ed egli mi pare felice anche della sua visita stamane in Vaticano. Mi osserva che “fra religiosi ci si intende”.

Mi piace concludere che prima del mio definitivo rientro a Roma all’inizio del 2000, vi è stata un’ultima visita del Ministro degli Esteri Dini insieme alla moglie. In quell’occasione si è avuto conferma degli ottimi rapporti che si erano ormai stabiliti tra i due paesi. Come evento assolutamente straordinario, si riuscì ad organizzare insieme alla Signora Dini un concerto da camera di musicisti italiani in un teatro di Teheran nonché una visita importante il 6 marzo anche a Shiraz.

Sono passati ormai molti anni da quella forte intuizione e determinazione di Romano Prodi, che riuscì a trasformare, come abbiamo visto, il “dialogo critico” in “dialogo costruttivo” tra l’Italia e i paesi europei con l’Iran.

Inutile dire che molti sono i cambiamenti intervenuti nei nostri paesi e in particolare negli Stati Uniti ed in Iran, e certamente il mondo di oggi è profondamente diverso da quello del 1998. Lo stesso Prodi scrive nel suo libro che tornato in Iran anni dopo, aveva sperato di sbloccare l’isolamento del paese durante la Presidenza di Mahmud Ahmadinejad. Gli aveva anche scherzosamente detto che cercasse di evitare che l’Iran non finisse come Giulia, la bella compagna di scuola di Prodi, che nel corso della vita rimase piena di rimpianti dopo aver rifiutato tutti quando veniva corteggiata! Non solo la situazione non si sbloccò ma gli fu anche vietato un possibile incontro con Khatami.

L’attenzione ora è tutta sulla ripresa da parte di Joe Biden del negoziato di Vienna sul nucleare civile. Gli Stati Uniti intendevano procedere ad alcune esenzioni nelle sanzioni all’Iran per salvare l’accordo ma la recente invasione russa dell’Ucraina ha purtroppo sospeso le trattative, lasciando aperte numerose incognite.

Tutto questo porta a concludere che difficilmente il negoziato tanto voluto da Biden – forse anche per fare dimenticare lo smacco subito di recente in Afghanistan – potrà proseguire se non viene trovato un qualche compromesso sulla guerra in Ucraina.

Anche se l’Italia non partecipa al negoziato l’auspicio è che quel dialogo costruttivo perseguito da Prodi nel 1998 possa in qualche modo riprendere in tempi brevi per evitare che si offra la possibilità ad altri  paesi di approfittare di questa guerra con il rischio di aprire nuove tensioni in altre aree del mondo.

 

 

[1] Romano Prodi, “Strana vita,  la mia”, Ed. Solferino

 

 

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